Fondato a Racalmuto nel 1980

Non sono in cerca di uomini veri. Lasciate in pace il mio profilo

Vi racconto cosa mi sta succedendo

Valeria Iannuzzo

Che con l’arrivo del Covid 19 potessero cambiare tante cose in molti lo avevamo capito. Ma senza ombra di dubbio, nessuno, per quanto lucido e razionale, avrebbe mai potuto pensare a delle trasformazioni tanto radicali. Succede, per esempio, che tutti, volenti o dolenti, ci siamo dovuti digitalizzare, affrontando un percorso selvaggio paragonabile ad una vera e propria corrida, dove il torero deve dare prova di destrezza, coraggio e agilità per abbattere il toro. Questo paragone non è assolutamente spropositato, perché sino a ieri tutti ci sentivamo tecnologici, sapendo chattare su WhatsApp, sparandoci selfie estremi da postare su Instagram, o partecipando a challenge su Tick Tock.

Peccato però che molti si erano dimenticati di avere un indirizzo e-mail, requisito indispensabile per iscriversi su Facebook, o di essere titolari di un account su Google, utilizzandone tutti i giorni diversi servizi. Comunque, al tempo del Covid molti hanno dovuto riattivare caselle di posta elettronica bloccate, liberare da spam spazi di archiviazione, formattare smartphone e altro ancora. Il tutto per rispondere alla necessità di intessere nuove ed inedite relazioni a distanza.

Detto questo, vi confido che da qualche giorno il mio account su Facebook è letteralmente impazzito. Cosa succede? Continuo a ricevere decine e decine di richieste di amicizia. Conti alla mano, circa un centinaio al giorno. Un fenomeno del tutto anomalo per una che ha un account da oltre dieci anni e che nel tempo ha collezionato mediamente, dopo attenta selezione, una ventina di richieste d’amicizia al mese.

Tutto è cambiato lo scorso marzo, dopo la condivisione di un articolo in cui chiedevo “Ma dove sono finiti i veri uomini?”. È evidente, che ad una prima lettura, limitata quasi sicuramente al titolo, qualcuno abbia dedotto che io fossi, in qualche modo, in cerca di uomini veri. A partire da quel momento ho iniziato a ricevere richieste di amicizia da emeriti sconosciuti, amici di amici, dalle caratteristiche fisiche ampiamente descritte nel mio pezzo. Dalle immagini dei loro profili si rilevavano “… peli in ogni dove, le sopracciglia incolte, la trippetta sull’addome, i capelli radi o inesistenti, le mani callose e una serie infinita di camicie o dolcevita dello stesso identico colore come guardaroba”.

Insomma, dai primi di marzo ho iniziato a collezionare richieste di “veri uomini”. La cosa mi ha fatto parecchio  sorridere e divertire e a tratti mi ha anche lusingata. Lusingata? Sì proprio così. La lusinga, tuttavia, non nasceva dalle improvvise attenzioni di questi “veri uomini”, ma dal fatto che avessero letto il mio articolo, certamente non sino in fondo, anzi credo che molti si siano fermati alle prime cinque righe e da quelle poche righe abbiano comunque tratto delle personalissime considerazioni.

Con un trend piuttosto regolare queste richieste hanno continuato a bussare al mio account sino a quando lo scorso sabato qualcosa di veramente eccezionale compare sul mio display: accanto all’icona delle richieste, in un solo giorno, si erano sommati oltre cento papabili amici. Sgrano gli occhi, magari la mancanza di ossigeno mi fa vedere doppio, e controllo la lista delle richieste. Ad uno ad uno li passo in rassegna. Tutti uomini. Età media 50-60 anni. Tanti amici di amici, altri nessun amico in comune. Continuo il mio studio e vedo profili con nazionalità spagnola, belga, statunitense, marocchina, tedesca.

Comunque, incredula, faccio una selezione abbastanza stretta e rapida. Peccato che solo dopo poche ore le richieste continuano a sommarsi sino a superare dopo le 24 ore ancora una volta quota cento. Stavolta chiedo a mio marito se anche sul suo profilo ci fosse stato un incremento di richieste. La risposta è negativa.

Spaventata e preoccupata tiro fuori la mia parte razionale e mi dico che con ogni probabilità il mio profilo sia finito in quella sezione sulla pagina di Facebook che ti suggerisce “Persone che potresti conoscere”. Vado su Google, mi documento e confermo la mia tesi. Mi tranquillizzo e continuo a fare pulizia. Insomma, le mie pulizie virtuali a fine giornata iniziano ad essere una costante e mi chiedo perché tanti uomini possano essere mossi da un click tanto istintivo senza sapere nulla di una persona? Sottolineo subito che ho scelto di non condividere nulla di privato sul mio profilo. La mia famiglia, le mie relazioni, i fatti miei insomma, non li ho mai condivisi. Ho scelto di condividere la mia vita professionale, che comunque sarebbe stata pubblica. E in ogni caso il mio profilo è visibile solo ai miei amici. Tante attenzioni, seppure virtuali, avrebbero potuto lusingarmi. Invece no. Ci sono rimasta malissimo. Nello scorrere la lista delle richieste ho desiderato con tutta me stessa che ci fossero delle donne. Niente, di donne nemmeno l’ombra, almeno che non si trattasse di profili condivisi.

Un’amara sconfitta per una donna che lotta per i diritti delle donne ritrovare sul proprio profilo centinaia e centinaia di richieste maschili. Sono stata travolta, abbattuta, atterrata da uno stupido algoritmo che mi mette in mostra come fossi merce in offerta. Mortificante. Capisco che in tutto questo non ci sia nulla di personale, ma non è così che l’ho percepita.

Sarei stata veramente lusingata se tutte queste richieste fossero arrivate da donne, donne che come me credono nella vera emancipazione, lottano contro ogni forma di abuso e di violenza, educano alla differenza e al rispetto. Ne sarei stata veramente lusingata. E invece non è stato così.

In momenti come questo, sento che secoli di storia in materia di emancipazione femminile siano stati come cancellati. Sento forte il tradimento della tecnologia, che nonostante le mie idee, le mie passioni, i miei vissuti, le mie esperienze, continua a propormi come un corpo senz’anima. Grazie, grazie veramente a certi algoritmi che governano la rete.

Ad ogni modo, sappiate che la prossima volta che mi verrà chiesto“A cosa stai pensando?”, io risponderò: “La mia ricerca di veri uomini si è conclusa già da tempo. Adesso gradirei conoscere donne vere, con un cervello, delle idee e soprattutto libere da ogni forma di pregiudizio”.

Condividi articolo:

spot_img

Block title

Una strada di Raffadali per Giacomo Di Benedetto

A dieci anni dalla morte, il ricordo del sindaco e uomo politico raffadalese. Iniziativa il 29 novembre

Quando la storia di un dolce diventa leggenda

Dolci siciliani: la  "Genovese" 

“Una foto… una storia”

Alla libreria Millemondi di Palermo la presentazione del libro con racconti di Maria Grazia Sessa e fotografie di Salvatore Lumia.

I “Venerdì Jazz” al Palacongressi di Agrigento

Al via il 22 novembre la nuova edizione. I concerti in programma