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Così è stata soppressa la libertà di fare niente

COVID 19. Autocertificazioni, decreti e divieti. Libertà personali sospese. Ma in nome della sicurezza, dei lavoratori e dei consumatori, non sembra un tema prioritario

Gaetano Savatteri

La questione delle regole per la cosiddetta fase 2 viene affrontata in termini di sicurezza delle aziende, dei lavoratori e dei trasporti. Il tema fondamentale è: quando, chi e come si potrà tornare a lavorare? Un profilo di interrogativo che tiene giustamente in conto esigenze economiche, in primo luogo. Ma il problema delle libertà individuali, attualmente in parte sospese, non viene affrontato da nessuna delle numerose task force chiamate a consigliare il governo. Anzi, non è all’ordine del giorno.

Nessuno sembra voler sollevare la questione, seppure in Italia – e nel resto d’Europa – sui diritti individuali si sia costruita l’ossatura della moderna democrazia. Intellettuali, scrittori, giuristi, filosofi restano in silenzio, con qualche rara eccezione. Dove sono quelle minoranze liberali, libertarie, radicali che per i diritti di libertà si sono battuti, proprio perché avessero sempre più spazio e agibilità?

Sembra quasi che il grande e fondamentale tema delle libertà – della libertà, individuale e personale – possa entrare in ballo solo come argomento succedaneo a quello della libertà economica e di impresa. Tanto per fare un esempio banale: nella fase 2 cerchiamo di regolare in sicurezza la vita del lavoratore, ma nessuno ad esempio pensa a regolare la vita di chi non ha un lavoro.

Eppure prima ancora che lavoratori o consumatori siamo persone con diritti fondamentali: passeggiare senza limitazioni di percorrenza o itinerario, prendere il sole su una spiaggia o su una panchina, sedersi sotto un albero in un parco sono tutti diritti insopprimibili delle persone, da tutelare ancor prima che  queste abbiano o no la cittadinanza di uno Stato.

Ma al momento nessuno sembra voler riflettere su questo tema. La soppressione, per causa di forza maggiore, delle libertà individuali è diventata questione da posporre ai diritti e ai doveri del lavoratore, ai diritti e ai doveri del consumatore. Si può andare in libreria perché la libreria è aperta (e quindi l’acquisto del libro viene ritenuto essenziale), ma non si può sostare davanti alla libreria chiusa perché non è essenziale.

Non è un caso che nell’elencazione, a volte pedantesca e burocratica, delle buone ragioni per uscire da casa (lavoro, assistenza, malattia, necessità degli animali domestici) da vergare in calce alle autocertificazioni, sia stata prevista l’attività dei cani – e quindi dei padroni – ma non dei bambini. I bambini, infatti, appartengono a quella fascia di persone-cittadini che direttamente non producono e non consumano. Senza alcuna normativa, il loro diritto al gioco, all’aria aperta, al sole, all’attività motoria (peraltro prevista invece nei programmi delle scuole dell’obbligo) è stato semplicemente ignorato. Perché quella dei bambini e dei ragazzi è una libertà che non incide sul Pil. L’ultima volta che ne ha parlato pubblicamente, il premier Conte ha solo precisato che una madre che va a fare la spesa (consumatrice, quindi) può portare con sé il figlio, se proprio non ha a chi lasciarlo.

L’individuazione delle libertà individuali quindi rampolla dal ritaglio di altre libertà che in questa fase sembrano prioritarie. Il cittadino e la cittadina potranno andare nel negozio che verrà aperto secondo il calendario della fase 2: ci si potrà recare nello store di abbigliamento quando questo riaprirà con le dovute misure di sicurezza, dal parrucchiere quando questo riaprirà con le dovute distanze di salvaguardia, e così via.

La libertà del percorso o l’eventuale deviazione dal percorso  saranno quindi un effetto collaterale della necessità primaria o ritenuta essenziale, secondo regolamento, che spinge il cittadino a doversi rifornire di beni e servizi o a dover produrre quei beni e quei servizi.

Ma la libertà di fare niente quando sarà normata? O meglio, la norma fondamentale che consente nel mondo libero di fare niente o qualsiasi cosa, se non di perseguire il proprio benessere personale (fermarsi in una piazza a guardare un monumento, dare del frumento ai piccioni, leggere il giornale seduti su un muretto, e via dicendo) sia pure col dovuto distanziamento sociale, quando verrà ripristinata?

Ripristinare il diritto fondamentale di camminare lontano dagli altri, per le strade e per i luoghi che si vuole, senza dover spiegare a qualcuno in divisa che questa è una necessità primaria, proprio perché ci hanno spiegato che la libertà individuale è sacra, forse è un argomento che va affrontato e in fretta.

Ma introdurre il tema, nel linguaggio politico-mediatico ormai diventa liberi tutti: sì, proprio così, liberi tutti perché è l’unico modo di essere liberi. Con la mascherina, con i guanti, a un metro dagli altri, ma restando liberi anche di non fare niente e restare a seguire il filo del tramonto. E’ troppo chiedere che qualcuno – accanto alle ragioni della sanità, dell’impresa e del Pil – si interroghi proprio su questo?

Articolo pubblicato sul portale treccani.it

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