Fondato a Racalmuto nel 1980

Giuseppe Agnello: “Vi racconto il mio Camilleri”

Conversazione con lo scultore che ha realizzato la statua di Andrea Camilleri  ad Agrigento

 

Foto di Salvatore Picone

Adesso Andrea Camilleri si potrà incontrare ad Agrigento, città che non ha amato così tanto, ma comunque teatro degli anni della sua giovinezza. Ad Agrigento Andrea Camilleri ha studiato al ginnasio. E proprio in quella piazza San Francesco incontrava suoi coetanei che arrivavano da ogni parte della provincia. Lì, disse e scrisse più volte, è nata Vigàta.

Due libri sul tavolo rotondo pronti per essere autografati. L’altra sedia, accanto a lui, vuota. Giacca, cravatta sotto un maglioncino con scollo a V, il suo sguardo è puntato su via Atenea. Alle spalle la piazza dove è nata – lo raccontava lo stesso Camilleri – Vigàta: “Perché lì, al centro di quella piazza, ogni bambino raccontava la storia del suo paese: «Sai? Aieri spararu o me paisi…». Fra noi ci raccontavamo i fatti: «‘U pischerecciu stava affunnannu…». Ognuno le proprie cose… Quindi la grande piazza era come dieci paesi siciliani insieme, riuniti…”.

Giuseppe Agnello, lontano dai riflettori, artista che preferisce stare sempre un passo indietro, ci accoglie nel suo laboratorio immerso tra pini e ulivi nella collinetta del Serrone, a Racalmuto. Va e viene da Palermo, dove è docente di Scultura all’Accademia di Belle Arti. Tra corpi nudi in mezzo alle paludi, teste di alabastro, boccioli, infiorescenze, pecore, civette e Icari morenti, ci mostra il volto della nuova statua collocata ieri nella città dove Camilleri ha studiato al ginnasio. “Quando mi è stato chiesto il bozzetto – racconta lo scultore – ho subito pensato di ritrarre lo scrittore in un momento di relax. Non frequentavo Camilleri, ma quella volta che venne a Porto Empedocle ad inaugurare la statua di Montalbano, mi colpì la scena di quando eravamo seduti al bar, dopo la cerimonia. Lui fumava e firmava libri ai turisti e noi attorno a lui. Ecco, quell’immagine mi è cara e l’ho voluta regalare a tutti. Il ‘mio’ Camilleri ha l’età di quando l’ho conosciuto più di dieci anni fa. È ad Agrigento, non è al suo amato paese, Porto Empedocle, certo, ma penso che grandi personaggi come Camilleri non appartengono ad un solo luogo specifico. Si identifica nel territorio dove è nato e che ha frequentato, è vero, ma ormai appartiene a tutti. Del resto, quante statue di Garibaldi e di Mazzini abbiamo in Italia?”.

Lo scultore, 58 anni, ultimamente impegnato artisticamente più nella ricerca del rapporto tra uomo e ambiente, terra e corpo, non nasconde la sua soddisfazione nell’aver tracciato i tratti somatici del grande e indimenticabile Andrea Camilleri, che ha lasciato questo pianeta il 17 luglio di un anno fa. Gli è venuto più facile fare Camilleri rispetto a Leonardo Sciascia che aveva – dice Agnello – “una complessità anche nel volto e nel corpo”.

Penso che a Camilleri questa statua sarebbe piaciuta – dicee forse mi avrebbe dato qualche consiglio come fece per Montalbano. Mi scrisse una lettera nella quale mi descriveva il suo commissario. Gli mandai le fotografie del calco in gesso. Mi chiamò al telefono, mi parlò di Pietro Germi. Ne è venuto fuori un commissario con la faccia di un siciliano degli anni Cinquanta, baffuto, capelli folti e tirati indietro e con gli occhi simpatici. Mi disse che erano queste le sembianze del commissario dei suoi libri, forse l’avrebbe voluto un po’ più grassotto. Niente a che vedere con Salvo Montalbano che vediamo in tv. E secondo me gli sarebbe piaciuto vedersi in bronzo, far parte di un percorso di statue di scrittori tracciato prima da Pirandello, a Porto Empedocle, poi da Sciascia a Racalmuto. C’è anche il mezzo busto di Antonio Russello a Favara e Tomasi di Lampedusa, a Santa Margherita. Tutti in provincia di Agrigento e legati da un sentiero che hanno felicemente chiamato Strada degli scrittori. Certo, rispetto a venticinque anni fa, quando pensai a Sciascia sul marciapiede, tante cose sono cambiate. Allora una statua come quella non era così diffusa. Non sono stato un genio, per carità! George Segal fu il primo a togliere il piedistallo alla scultura. Nell’800 la scultura era celebrativa, poi è diventata linguaggio, racconto. Nel ‘97 la statua di Sciascia a Racalmuto fu tuttavia un momento di rottura. Oggi se Camilleri ce lo ritroviamo seduto su una sedia in una piazzetta, non si scandalizza più nessuno. Forse questo avrebbe divertito i due scrittori”.

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