Sessant’anni fa lo storico convegno di Palma di Montechiaro organizzato da Danilo Dolci con Levi, Sciascia, Vittorini. Vincenzo Truzzolino, 90 anni, c’era. A Salvatore Picone ha raccontato quella leggendaria epoca
Da piccolo balilla rifiutò di giurare davanti al Fascio. Da ragazzo litigò dentro l’Azione cattolica del suo paese, Cattolica Eraclea, quando l’arciprete se la prese persino con la madre che cercava di farlo avvicinare alle “cose di Dio”. Da giovane sarto assisteva gli analfabeti e i braccianti. A 18 anni, nel 1949, la scelta politica di entrare dentro il Partito comunista. Oggi che ne ha quasi 90, ripensando a quegli anni lontani, Vincenzo Truzzolino conferma solo di essere stato un “ribelle”, uno che ha lasciato in polemica il suo partito nell’ottobre del ‘66, pubblicando persino un suo memoriale, Perché mi sono dimesso dal P.C.I.
Truzzolino si muove a fatica, non ci vede bene. Ma da Sciacca, dove ha sempre vissuto, non può fare a meno di ricordare, in questi giorni di lenta ripartenza dopo le terribili settimane di emergenza sanitaria, la malaria che gli fece perdere un anno alle elementari e anche tutti i problemi della Sicilia e della provincia di Agrigento allora come oggi tra le più povere della Sicilia, finita sotto i riflettori nell’aprile del 1960 con quel convegno sulle condizioni di vita e di salute nelle zone arretrate della Sicilia occidentale organizzato a Palma di Montechiaro da Danilo Dolci con la partecipazione di un numeroso gruppo di intellettuali come Carlo Levi, Leonardo Sciascia, Elio Vittorini, Tommaso Fiore, Ignazio Buttitta.
Sono passati sessant’anni da quel convegno. Vincenzo Truzzolino c’era nella sala di quel cinema stracolmo di politici e sociologi, medici e igienisti venuti da tutt’Italia, uomini di cultura, contadini, minatori, operai, uomini di chiesa. Dalla terra del Gattopardo il 27, 28 e 29 aprile 1960 si accesero i riflettori sulle gravissime situazioni igieniche, urbanistiche, economiche e sociali delle zone arretrate dell’isola. Truzzolino non aveva nemmeno trent’anni, ed intervenne al convegno come giovane segretario della Federazione Giovanile comunista della provincia di Agrigento.
“Ricordo i bambini che giocavano accanto alle fogne aperte sulle strade di Palma – dice Truzzolino – e ricordo Silvio Pampiglione, uno degli organizzatori del convegno, che fece la sua indagine sulle malattie igieniche. Sì, sono intervenuto. Ma senza il permesso del partito che cercò invano di ostacolarmi”. La memoria gli si fa chiara, lucida e limpida come il mare di Sciacca che da tre anni non riesce più a vedere dalla bella piazza dove si affaccia il municipio. “Sono stato segretario provinciale dei giovani del Partito comunista dal 1957 al ‘61 – racconta – e in quel periodo stimolavamo la necessità di utilizzare fondi che non venivano utilizzati. Nel frattempo sentivamo parlare di Danilo Dolci che sollevò il problema dell’acqua che si disperdeva in mare e tutti i problemi per gli agricoltori. Dolci aveva condotto le sue battaglie a Partinico, nella zona di Menfi e Sciacca aveva sollevato il problema dell’utilizzo dell’acqua del lago Arancio. Il movimento di Dolci non fu accolto bene dal Pci che promuoveva la lotta di classe, mentre il gruppo di Dolci con Michele Mantiello, il medico Pampiglione e tanti altri, non solo italiani, ponevano l’esigenza di protagonismo nelle varie iniziative. Diciamo che il partito ha subìto l’iniziativa del convegno di Palma, anche se poi lo fece proprio. Ricordo che partecipai ad una riunione del Comitato Federale e sostenevo che bisognava collaborare con Dolci perché noi giovani la ritenevamo un’iniziativa fondamentale di azione. Poi arrivarono i giorni del convegno, il partito è rimasto a guardare. L’allora segretario provinciale di Agrigento Michelangelo Russo addirittura mi ha vietato di partecipare, anche se poi è intervenuto tra i tanti altri del partito venuti anche da Roma, Francesco Renda, che era deputato regionale”.
Truzzolino prese la parola, contro le volontà dei suoi dirigenti, spinto dai compagni di Palma di Montechiaro: “Ero collegato con i ragazzi del paese. Lillo Inguanta e tanti altri avevano insistito, volevano che un loro rappresentante parlasse pubblicamente. Non ricordo se nel secondo o terzo giorno, durante il dibattito aperto, chiesi la parola”. Prima di lui parlò un manovale, Calogero Marchese. Parlarono in tanti dalla platea: giovani, dirigenti sindacali, preti e insegnanti, studenti e pensionati. Non ricorda quel che disse, e si commuove a rileggere il suo intervento pubblicato qualche anno fa in un volume su Danilo Dolci voluto dall’associazione “Peppino Impastato” di Cinisi. Parlò dei seimila giovani dell’agrigentino iscritti negli uffici di collocamento in cerca di lavoro, di tutti quelli non iscritti, del salario dei giovani agricoltori costretti a lavorare in campagna dodici ore per 500 lire, della carenza dei lavori pubblici e dell’artigianato in crisi. “Per un giovane – disse – l’abito nuovo, anche se di bassa qualità, le scarpe, qualche centinaio di lire settimanali per le sigarette o il cinema costituiscono una speranza di conquista non sempre facile”. Il giovane Truzzolino fece anche delle proposte ai tecnici e amministratori presenti. E parlò a nome e per conto dei giovani per denunciare l’assenza di biblioteche e di centri culturali attivi.
“Non ricordo nulla – dice – anche se molti dati c’erano stati trasmessi dal famoso Piano Battelle. Ricordo però una cosa: non avrei dovuto intervenire, non ero stato autorizzato dal partito e da Michelangelo Russo in particolare. Questo mi costò, allora. Mi lasciarono a piedi, nessuno mi diede un passaggio per Agrigento, dove dormivamo. Ho tradito la loro fiducia, guadagnando però quella dei miei coetanei. Solo grazie ad alcuni amici del luogo potei raggiungere Agrigento durante la notte”. Vincenzo Truzzolino è una miniera di ricordi. Dal Pci è passato ai Socialisti. A Sciacca, dove si è sposato, ha fatto il consigliere comunale e poi l’assessore. Del convegno di Palma di Montechiaro ricorda l’entusiasmo dei cittadini, ma niente degli interventi degli intellettuali, anche se anni dopo ha saputo di un giovane insegnante di Racalmuto, Leonardo Sciascia, che aveva pubblicato qualche libro e che a Palma parlò di “un’Italia che si nascondeva dietro le cortine fumogene della retorica” e del fascismo che può nascere “quando tra gli imbecilli e i furbi si stabilisce una alleanza”.
“È sempre stato così, purtroppo – dice sorridendo, ma con una punta di amarezza – Quel convegno è servito sicuramente per i cittadini di Palma di Montechiaro, per i miglioramenti dei servizi igienici. Per tutto il resto non c’è stato nulla né a Palma né in provincia di Agrigento. Molti miei coetanei se ne sono andati all’estero. Chi è rimasto ha continuato a leccare la sarda alla politica e a tutti quelli che nel nome di quel convegno e di quell’emergenza hanno fatto affari e soldi”.
Da I Love Sicilia – Numero 159, Luglio 2020