Fondato a Racalmuto nel 1980

“Vi svelo i segreti dell’ultimo Montalbano”

L’INTERVISTA Oggi Andrea Camilleri avrebbe compiuto 95 anni. Il ricordo del critico Salvatore Silvano Nigro, autore dei risvolti di copertina dei suoi libri

Salvatore Silvano Nigro (Foto Salvatore Picone)

La felicità di far libri e di viverci, per Salvatore Silvano Nigro, è reale. Si muove, tra una stanza ed un’altra nella sua casa catanese, e sembra che danzi. Sì, una danza – come dentro un sogno, alla Borges – tra copertine e titoli vecchi e nuovi, mentre al telefono lo cercano i più grandi editori italiani. Critico letterario e filologo, italianista e francesista, il professor Nigro firma da sempre i risvolti dei libri Sellerio di Andrea Camilleri, che oggi, 6 settembre, avrebbe compiuto 95 anni. A Porto Empedocle, nella vera Vigàta agrigentina, lo ricordano con una serie di iniziative del Comune. E  stasera, conversazione a più voci in piazza Chiesa Vecchia, a due passi dalla casa dove lo scrittore è nato il giorno di san Calogero, con Pietro Grasso, Giuseppina Torregrossa, Marina Castiglione e Sebastiano Lo Monaco, tutti invitati da Felice Cavallaro nell’evento promosso dalla “Strada degli scrittori” in contemporanea al Master di scrittura iniziato ieri ad Agrigento.

Professor Nigro, in quest’estate calda e difficile che finisce, si è chiuso il cerchio con le storie di Montalbano. L’ultimo libro di Andrea Camilleri, Riccardino, ha sorpreso i lettori…

Ma non me – dice – gli ultimi romanzi di Andrea Camilleri, gli ultimi Montalbano per intenderci, sono tutti dei metaromanzi come Riccardino, o almeno tendono ad esserlo. Andrea Camilleri negli ultimi tempi voleva in qualche modo entrare direttamente dentro la trama e discutere di alcune cose. Quando mi è arrivato il manoscritto di quest’ultimo Montalbano, ho capito che non c’era una svolta. Negli ultimi tempi voleva un po’ approfondire il giallo, intervenire sul tema del giallo, come Durrenmatt che ad un certo punto dice basta, il giallo è finito, facciamo un altro tipo di giallo e costruisce un metaromanzo”.

Dove fa i conti con Pirandello…

Certo, con il ‘padre’ Pirandello. E fa i conti con il personaggio Montalbano e con se stesso. Questo rapporto difficile tra il personaggio e l’autore deriva dal fatto che in fondo Montalbano ha monopolizzato l’autore. E lui, come sappiamo, voleva fare anche altre cose. Ad un certo punto ha avuto bisogno di mettere a posto il suo personaggio e vedere come farlo uscire di scena. Non voleva farlo andar via in maniera banale, cioè morto o rimbambito. Ha trovato un modo pirandelliano e molto poetico con il personaggio che si cancella alla fine, nel senso che ormai era diventato impossibile il colloquio con l’autore”.

Luigi Pirandello, dunque, “padre” di Camilleri. Così lo definiva anche Leonardo Sciascia.
Tutti e due fanno i conti con Pirandello continuamente. Nel caso di Andrea, i conti li fa anche nella sua esperienza diretta di regista. Infatti, in questo ultimo romanzo tutto il discorso che viene fatto sul rapporto tra autore e personaggio (nella prima versione c’erano i nomi, nella seconda invece ha messo le parole Autore e Attore con la A maiuscola) ha accenti pirandelliani. Come nei Personaggi in cerca d’autore: anche lì c’è tutta una storia difficile tra l’autore che diventa il capocomico e i personaggi che scappano, si nascondono, contestano tutto. Mentre Sciascia ne fa soltanto un rapporto letterario e antropologico, Camilleri ci mette l’elemento teatrale”.

E con chi altro fa i conti Camilleri?

Intanto c’è una resa dei conti con i critici. Ad un certo punto dice: “non mi recensiscono e per me va benissimo e li mando al diavolo”. E poi c’è un’altra battuta, quando dice di non essere soltanto un autore di gialli, ma uomo di letture, intellettuale a tutto tondo. E credo che dentro il romanzo ci sia anche il modo per fare i conti con il personaggio televisivo. Poi fa i conti con i luoghi, anche perché quelli veri, quelli che Camilleri ha sempre amato nella sua narrativa, sono quelli più selvaggi, quelli meno pettinati cioè le periferie, le campagne non sempre brillanti e a volte smorte, le cave”.

Qual è il primo ricordo che ha dello scrittore empedoclino?

Il primo, e anche il più lontano, è un ricordo un po’ particolare. Ero studente ed ero andato a seguire un convegno su Pirandello organizzato dall’università, non ricordo se di Catania o di Palermo. Fra gli ospiti c’era anche Camilleri. Io non sapevo chi fosse, allora non era ancora l’Andrea Camilleri che è diventato, ma soltanto un uomo di teatro. La cosa che m’impressionò fu che i vari professori lessero le loro relazioni accademiche, mentre lui parlò a braccio e fece un racconto bellissimo con una lingua inventata. La gente rimase sbalordita della vivacità del suo intervento, i professori lo odiarono. E allora mi sono chiesto chi era questo Andrea Camilleri e poi dopo tanti anni l’ho incontrato”.

E poi ci sono i risvolti, racconti critici che possiamo dire fanno libro…

Il primo risvolto che ho fatto non era su Montalbano, ma su un romanzo storico. Il grande Camilleri, quello veramente grande, era l’autore dei romanzi storici, l’autore dei romanzi fantastici che sono quelli messi in ombra dal grande successo del commissario Montalbano. Questo non vuol dire che metto i romanzi di Montalbano sul piano più basso! Mi sono appassionato follemente dei romanzi fantastici e sarebbe opportuno che i lettori li riscoprissero. Per quanto riguarda l’aspetto dei risvolti di copertina, per me è stata una esperienza difficile. Fare i risvolti di tutti i Montalbano, di tutti i libri di Andrea Camilleri, è stata un’impresa enorme, non per la difficoltà critica, ma perché Camilleri poteva essere seriale. Ma io non potevo fare dei risvolti seriali, quindi ogni volta dovevo inventarmi una situazione diversa, pur senza raccontare la trama. Sono stato servitore di più padroni: dovevo servire l’autore, dovevo servire l’editore, che ovviamente aveva interessi pubblicitari, e dovevo venire incontro ai lettori e forse dovevo accontentare anche me stesso. Un’esperienza bellissima, ma anche difficile e pesante: avevo una responsabilità morale grandissima”.

Come arrivò ai risvolti di copertina dei libri blu Sellerio?

Il motivo per cui io venni chiamato da Elvira Sellerio e da Andrea Camilleri per scrivere i risvolti è perché Camilleri pubblicava i suoi romanzi e non usciva mai una recensione. I miei risvolti dovevano anche essere una specie di recensione, una guida ai libri di Camilleri. Avendo lavorato molto nell’editoria, prima da Laterza poi da Sellerio, ne ho scritto tantissimi. Quando scrivevo un risvolto, l’autore mi chiamava, mi diceva di mettere un aggettivo positivo, che era un bellissimo romanzo, un capolavoro. Camilleri non mi ha mai chiesto un aggettivo. Lui non mi ha mai chiesto di mettere una virgola, di aggiungere un aggettivo o di mettere un complimento. Solo una volta mi ha telefonato per chiedermi un favore: aveva scritto un libro dove il tema era la femminilità e mi ha detto di far intendere che lui parlasse della moglie, perché le voleva fare questo omaggio. Era un libro sul mistero della femminilità”.

Un momento dell’intervista al professor Nigro

Cosa le manca dello scrittore?

Andrea ha sorpreso un po’ tutti perché, come detto, non è soltanto un romanziere, un autore di gialli. I dibattiti in televisione, le battute sui giornali erano illuminanti. Era un grande attore del mondo che lui portava avanti, oltre ad essere un grande scrittore ed un grande intellettuale. Ed era anche coscienza civile. I romanzi di Camilleri si possono leggere anche come una guida civile alla convivenza politica in questo Paese. Sia Leonardo Sciascia che lui sono stati utilissimi all’Italia. Mancano questi scrittori, come manca Pasolini. Bastava che scrivessero sui giornali e i Palazzi tremavano. Camilleri non ha sostituito Pasolini e Sciascia del tutto, ma si è messo in fila. Anche lui quando diceva certe cose – ricordate? – la Lega si arrabbiava, come si arrabbiava la destra. E lui non aveva paura di perdere lettori, quello che aveva da dire lo diceva. E lo diceva in modo fantastico, aveva un modo divertente di raccontare. Glielo racconto un aneddoto?

…certo

Quando io pubblicai i Meridiani su Manzoni per Mondadori, lui fece una lunga recensione e pensavo che recensisse il libro. Fece invece un racconto che era tanto vero quanto più era inventato. Quello che raccontava non era mai avvenuto, ma era come se fosse avvenuto. Scrisse che era a tavola che stava mangiando. Alla prima forchettata di spaghetti gli arriva una telefonata da Parigi, era un giornalista che gli chiedeva, per un’inchiesta che stava facendo, chi era il più grande scrittore del Novecento italiano. E lui ha risposto che non aveva bisogno di pensarci, che era Alessandro Manzoni il più grande. E ha chiuso il telefono. Dopo dieci minuti, mentre stava mangiando il secondo, arriva di nuovo la telefonata. Guardi che abbiamo controllato bene, ha detto il giornalista, Manzoni era dell’Ottocento e non del Novecento! Che mi dice?, risponde ancora con le posate in mano, Manzoni era del Novecento, dell’Ottocento era l’autore del Gattopardo! Ecco: in una battuta praticamente aveva descritto la storia letteraria di un secolo”.

Esiste ancora la definizione di scrittori siciliani?

Non li chiamerei scrittori siciliani, ma scrittori di Sicilia. Perché essere siciliano significa essere italiano, essere italiano significa essere europeo. Sono scrittori di Sicilia, nati sì nell’isola, ma investiti di una coscienza che va oltre la Sicilia e appartiene alla nazione e all’elemento ecumenico della letteratura”.

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