L’appassionata ricerca di Ester Rizzo e la storia di Jennie Stellino
Nel 2011 avevo intrapreso una sorta di “indagine” per ridare nome corretto, luogo di nascita, possibilmente un volto e soprattutto dignità a quelle emigrate italiane, rimaste sconosciute, vittime della Triangle West Company a New York il 25 Marzo del 1911 nell’incendio dell’omonima fabbrica,
Quando ho iniziato questo lavoro erano noti solo i luoghi di provenienza di sei delle trentotto vittime italiane: Caterina, Lucia e Rosaria Maltese di Marsala, Provvidenza Bucalo Panno e Vincenza Pinello di Casteldaccia e Clotilde Terranova di Licata. Tutte le altre erano solo nomi e cognomi, spesso “storpiati”, su un certificato di morte redatto al momento del riconoscimento e depositato presso la Cornell University di New York.
E’ stata una ricerca lunga e faticosa spesso coadiuvata da tante persone che, come me, sentivano l’urgenza di ricostruire quelle vite e conoscere i luoghi in cui erano nate, in cui avevano mosso i primi passi e da cui erano partite in cerca di una vita migliore.
Il certificato di morte dava solo una certezza: “Provenienza Italy”. Incrociando migliaia di dati delle liste di sbarco ad Ellis Island e dei registri di tanti uffici dei servizi demografici, sono riuscita ad identificarne altre 26 ed a ricostruire la loro storia.
Quando nel 2014, fu stampata la prima edizione del libro Camicette Bianche ho potuto quindi raccontare la vita di ben 32 delle vittime e precisamente, nel dettaglio, (oltre che delle sei precedentemente conosciute), quella dell’unica campana Michela Marciano di Striano, delle due sorelle lucane Isabella e Maria Giuseppa Tortorelli di Armento e delle cinque pugliesi: Marianna Santa L’Abbate di Polignano a Mare, le sorelle Teresa e Serafina Saracino di Bitonto e le sorelle Antonia e Anna Vita Pasqualicchio di Casamassima.
Erano invece siciliane tutte le altre: Vincenza Bellotto di Sciacca, Gaetana Midolo di Noto, Caterina Uzzo di Palermo, le sorelle Rosa e Caterina Bona di Sambuca di Sicilia, Rosina Cirrito, Giuseppa del Castillo e Maria Santa Salemi di Cerda, le sorelle Elisabetta e Francesca Maiale di Sciacca, Vincenza Benanti di Marineo, Maria Anna Colletti e Michela Nicolosi di Bisacquino, Grazia Maria Gullo e Giuseppina Buscemi di Sperlinga, Concetta Prestifilippo e Rosa Grasso di Cerami e Giuseppina Cammarata di cui non è stato rinvenuto il certificato di nascita ma per legami di parentela proveniva sicuramente dalla provincia di Enna.
Un risultato sorprendente che mi riempiva di gioia soprattutto quando l’otto marzo del 2019 fu fatta l’ultima intitolazione. A tutte era stato dedicato uno spazio, una via, una targa, un giardino, un viale o una piazzetta. Erano finalmente ritornate sulle pietre da cui erano partite. Dal 2014 al 2019, grazie a testimonianze, altri documenti emersi, discendenti ritrovati, “Camicette Bianche” è stato ripubblicato in altre tre edizioni, ogni volta con nuovi dettagli emozionanti e stralci di vita delle vittime.
Ma restava un mio grande rammarico: sei di quei nomi erano solo rimasti numeri di una lista e non riuscivo a trovare il loro luogo di nascita per ridare loro vita, ricordo e dignità. Laura Brunetti, Bessie Viviano, Jennie Stellino, Maria Francesca Massaro Miraglia e Anna Balsano Ciminello sono rimaste lì, nell’inchiostro sbiadito vergato a mano di un certificato di morte di più di cento anni fa.
In tutti questi anni le ho sempre cercate, aiutata da tante persone sensibili e volenterose che hanno spulciato in vecchi registri dell’anagrafe di tanti comuni siciliani e pugliesi. Ho fatto uno studio sui cognomi arrivando alla conclusione che con molta probabilità sia Anna Balsano Ciminello che Jennie Stellino dovevano essere siciliane. Di quest’ultima erano già state fatte ricerche a Trapani e a Castellammare del Golfo ma avevano dato esito negativo. Avevo anche contattato persone con lo stesso cognome ma nessuno conosceva questa storia. Poi, il destino, ha deciso che forse era arrivato il momento di far emergere questa ragazza dal triste destino, dall’oblio.
I primi di ottobre mi sono recata a Roma per il Festival Letterario “Insieme”. Quasi duecento stand di case editrici provenienti da ogni parte d’italia, tra cui lo stand di Ottavio Navarra editore di ”Camicette Bianche”. Io ero ovviamente lì insieme ad altri autori per incontrare lettori e lettrici. Ad un tratto si avvicina una docente, Giusi Longo, che vive ed insegna a Roma ma è originaria di Alcamo. Prende, istintivamente in mano il libro Camicette Bianche ed il mio editore le dice che se desidera parlare con l’autrice io ero lì, impegnata però con delle studentesse a discutere sulla storia obliata delle donne. Giusi si avvicina, aspetta paziente che io finisca e poi mi chiede il contenuto del libro che, inspiegabilmente, l’ha attirata. Le racconto, con l’emozione di sempre, la storia e subito avvertiamo entrambe un’empatia che inspiegabilmente ci unisce. Ovviamente appena mi dice che lei è nata ad Alcamo le racconto la storia di Jennie Stellino. Il mio rammarico diventa il suo e si impegna a far fare delle ricerche. Ci salutiamo sicure che quell’incontro casuale avrebbe dato dei frutti.
Giusi, tramite suo fratello Alfredo, riesce a trovare un certificato di nascita di Giovanna Stellino all’anagrafe di Alcamo. Uno dei pochi registri che si sono salvati da un incendio avvenuto nel 1947 nei locali del Comune. Inizio così a cercare corrispondenze. Coincide l’età ma coincide soprattutto la paternità e il nome della madre. Sulla scheda della Cornell University il cognome della madre è pure Stellino ma io sono certa che non è quello per il “deprecabile vizio americano” di annullare totalmente il cognome della donna e dare quello del marito. Ritorno sull’originale del documento di morte e ingrandisco quella grafia antica: eccolo là, il vero cognome della madre, trascritto Fundaro invece che Fundarò. Un balzo al cuore.
Resta solo da verificare, per scongiurare improbabili omonimie, che non risulta il nome di questa Giovanna Stellino in un registro di morte lì ad Alcamo. No, non c’è ed in più, viene trovato il fratello Giuseppe (Joseph nei documenti americani) che ha riconosciuto il suo corpo straziato. A questo punto non ci sono più dubbi. Giovanna era nata ad Alcamo l’otto dicembre del 1893 da Francesco che era un “borgese” e da Maria Fundarò; era venuta alla luce in una casa ubicata in corso 6 Aprile al civico 24. Era emigrata in America giovanissima e a diciassette anni i suoi sogni e la sua vita furono divorati da quel maledetto incendio. Adesso stiamo cercando di trovare discendenti, di far emergere altri particolari e soprattutto di farle intitolare una via nel suo paese di origine.
Ho voluto rendere subito pubblica questa storia per condividere con i tanti lettori di Malgrado tutto e di Camicette Bianche questa grande emozione e ringraziare di cuore le migliaia di persone che hanno contribuito a diffonderla e a divulgarla. Non ho parole per esprimere loro la mia profonda gratitudine. Ormai la storia di Camicette Bianche alberga in tanti piccoli pezzetti di cuore ed io non ho alcun merito se non quello di continuare a cercare.
Adesso mancano cinque vite per chiudere la storia delle vittime nostre connazionali. Non so se e quando succederà ma so per certo che io non mi fermerò.