Valeria Iannuzzo racconta la sua esperienza personale di familiare di un malato oncologico. “…nonostante le continue batoste, vi accorgerete che avrete, ancora una volta, dato prova della vostra capacità di adattamento, e piuttosto che lasciarvi spegnere da un cancro preferirete che quest’incontro diventi un’occasione di vita..”
E’ da tre anni che questo articolo, regolarmente impaginato, giace nella nostra bacheca. “Pubblicatelo-ci ha raccomandato Valeria (che tre anni fa ha perso la mamma) – solo quando sarò pronta”. Eccolo. (ndr).
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Il cancro è arrivato nella nostra famiglia senza alcun preavviso. Non credo che nessuno se lo aspetti, ma forse un piccolo segnale, un sintomo, un sentore ci avrebbero in qualche modo preparati alla notizia.
Così quando è arrivata la diagnosi, anche se presentata con tatto e con positività – quantunque, ancora oggi, io stenti a trovare nel cancro qualcosa di positivo – abbiamo capito subito che stavamo per intraprendere una delle imprese più ardue della nostra vita. Abbiamo scoperto presto che questa malattia non sempre ha grandi margini di prevedibilità e che ogni storia clinica, sebbene simile a quella di tanti altri pazienti, è unica.
In quanto familiari si assume subito il ruolo di filtro tra i medici e il paziente. A voi sono riservate le notizie meno belle, quelle che necessitano di un po’ di tempo per essere macerate e digerite, che hanno sempre un “ma” nella loro condivisione:
“Ci sono delle recidive, ma possiamo fare la chemio.”, oppure “La paziente non risponde alla terapia, ma possiamo provare con questo farmaco”. Queste notizie sono spesso comunicate ai familiari più vicini al paziente, che hanno il compito di prospettare l’ennesima nuova situazione da un punto di vista positivo, senza purtuttavia ingenerare false illusioni, spronandolo fermamente a non mollare, a non arrendersi, a trovare la forza di continuare a lottare.
Si tratta di un compito non facile, fatto di sottili equilibrismi, di dire e non dire, di mezze verità e possibili omissioni, un vero e proprio modus operandi che ben presto viene abilmente padroneggiato dai familiari. E mentre al paziente viene fisiologicamente concesso il diritto di elaborare a proprio modo ogni fase della malattia attraverso il rifiuto, la rabbia, la negoziazione e la depressione per passare infine all’accettazione, i familiari non possono in alcun modo concedersi questo tipo di distrazioni, perché sin da subito devono essere lucidi, razionali e reattivi. Devono ancor prima della diagnosi essere pronti a prendere decisioni giuste ed immediate, perché si sa la tempestività in questa malattia è tutto. Devono valutare saggiamente qual è la strategia migliore da seguire, il centro a cui affidarsi, gli orientamenti che garantiscano il maggior successo. In tal modo, senza rendervene conto inizierete ad orientare le scelte del vostro caro, prospettando in un modo piuttosto che in un altro una possibile decisione: intervento chirurgico o radioterapia, chemio tradizionale o terapia sperimentale, ecografia o tac, centro tumori o reparto oncologico dell’ospedale locale. Imparerete, insomma, a fare mille scelte, caricandovi di immense responsabilità, pesanti e dolorose.
Nella peggiore/migliore delle ipotesi non ci sono grandi possibilità di scelta e dunque per rispondere all’urgenza ci si affida al caso. Ma i problemi reali emergono quando vi viene concesso un margine di tempo per valutare, qualcuno suggerisce scegliere, cosa fare.
Scegliere. Ma cosa scegliere? Un abito, magari dopo averne provato alcuni, oppure un luogo per le vacanze dopo aver visitato una decina di siti, o ancora un compagno di vita dopo averci convissuto alcuni anni. Ma come fate a scegliere a chi affidare vostra madre o vostro figlio? La prima reazione vi porterà a pensare che forse sarebbe stato molto più semplice decidere se ad avere un cancro foste stati voi. E credetemi lo è, io lo so, perché l’ho già sperimentato.
Le decisioni ad ogni modo vanno prese, e così c’è sempre qualcuno che avrebbe dovuto supportarvi e incoraggiarvi, e che magari alla vigilia di un importante appuntamento vi assilla con dubbi, certamente razionali e legittimi, circa l’affidabilità del chirurgo che dovrà operare, o sull’esperienza del centro di radioterapia a cui vi siete rivolti, o sulla professionalità dello specialista chiamato ad esprimere un parere sui mille problemi di salute che proliferano in un corpo assediato dalla malattia. Ma in quel momento, non avrete bisogno di incertezze, ma di sostegno, e questi dubbi non faranno altro che avvelenarvi l’esistenza, rendendovi maggiormente vulnerabili e insicuri.
Ed è possibile, in queste particolari circostanze, che la famiglia entri in crisi, che si spacchi di fronte ad una decisione, e che, per amore del vostro caro, si debba trovare una possibile mediazione che lasci sereni tutti. Si inizia a valutare il male minore e si capisce che per la serenità del paziente è bene che dei conflitti e delle crisi non si sappia mai nulla. Se qualcosa dovesse andare male – e credetemi quando si tratta di cancro c’è sempre un pericolo in agguato – la prima reazione porta a voler razionalizzare, a trovare delle risposte certe e scientifiche ai perché, a cercare un capro espiatorio: il chirurgo, l’anatomopatologo, l’oncologo, il radiologo. E quando nessuno di loro ha verosimilmente commesso errori, quella vittima potreste essere voi, perché voi avete scelto e deciso. E, ancora una volta, ripenserete che sarebbe stato tutto più facile se questo cancro fosse toccato a voi. Ma così non è.
Vi capiterà, in tali occasioni, di essere arrabbiati non solo col mondo intero, ma soprattutto con voi stessi. Vi capiterà di sentirvi soli e di avvertire il peso della malattia tutto sulle vostre spalle. Succederà anche questo.
Ma la rabbia e la solitudine saranno solo emozioni passeggere, nulla a confronto del devastante senso di impotenza che prenderà il sopravvento nei momenti in cui perderete delle battaglie. Con il cancro, purtroppo, non sempre la vittoria è assicurata, non sempre la cura funziona o esiste. E potreste anche assistere inermi al lento e doloroso decorso di una malattia che produce infinite sofferenze. E sarà proprio il non poter far nulla, il non potere cambiare in alcun modo lo stato delle cose che produrrà in voi un dolore così grande da stremarvi, abbattervi, lasciandovi un profondo peso nel cuore. Proprio così. Perché quando ci sarà da lottare, da provare, scegliere, sperimentare, tutte le tue energie verranno canalizzate positivamente, orientate verso la speranza, verso la vittoria. Ma il senso di impotenza che pervade il vostro corpo dopo una sconfitta, magari l’ennesima, non potrà essere narcotizzato in alcun modo. A nulla servirà evitare lo sguardo del vostro caro, a nulla servirà fingere un sorriso, a nulla servirà recitare il copione del “tutto va bene”.
Nei rari momenti in cui riuscirete a mettere da parte i vostri sentimenti, spersonalizzandovi, elevandovi al di sopra della situazione, essere un familiare, convivente, di un paziente oncologico potrebbe apparire come un vero e proprio lavoro a tempo indeterminato, h24, senza giorni di riposo, ferie, pause pranzo, diritti sindacali e senza alcuna retribuzione. Dal momento della diagnosi, rinuncerete automaticamente a tutti i vostri diritti (salute, tempo libero, lavoro, riposo, benessere), metterete la vostra vita in stand by e inizierete a vivere la vita del vostro caro/a. Non vi è alcun ragionevole dubbio, questa nuova vita non vi appartiene, perché mai avreste potuto pensare di programmare ogni singolo momento della vostra giornata, seguendo un rigido piano fatto di somministrazioni di farmaci, prelievi ematici, visite specialistiche, tac, risonanze, ecografie ed esami, che col passar del tempo sarebbero riusciti a provocarti infinite ansie e persino conati di vomito. Mai avreste potuto immaginare di diventare esperti, autodidatti ovviamente, in materia oncologica, o bravi psicoanalisti, fai da te, capaci di leggere tra le righe il reale stato di benessere del paziente, ormai diventato abilissimo nel dissimulare i sintomi reali. Mai avreste potuto ipotizzare di rivoluzionare la vostra dieta alimentare, selezionando pazientemente alimenti a basso contenuto di grassi, ad alto contenuto di fibre, ricchi di ferro, calcio, potassio, preferibilmente biologici. Mai avreste potuto immaginare che il farmacista, quantunque persona squisita e affidabile, sarebbe divenuto il vostro principale interlocutore, o che avreste dovuto affrontare un quotidiano braccio di ferro col medico di famiglia, che si ostina a non capire che se l’oncologo richiede prelievi ematici, a cadenza a volte giornaliera, non è un capriccio, ma una necessità. Per quanto fantasiosi possano essere stati i vostri sogni da bambini, mai avreste potuto prevedere una simile realtà, neanche nei vostri peggiori incubi.
Visto così l’incontro con il cancro potrebbe essere percepito come un inferno, e magari in alcuni momenti lo è. Tuttavia c’è sempre una parte di noi che riesce a trovare del buono anche in un frutto marcio.
E accade che non potendo fare più progetti, se non a brevissimo termine, immediati, si inizia a vivere l’attimo, a godere di quei momenti di tregua che la malattia regala alla tua famiglia. Ogni occasione diventa buona per stare insieme, condividere un pasto, vedere un film, fare una passeggiata. Senza rendervene conto il “Qui e ora” diventano un vero e proprio must, unica certezza di una condizione che di certo non ha nulla. Riuscirete in questo modo a regalarvi dei momenti di serenità, allontanando le ansie legate all’attesa di referti o di nuove valutazioni. Imparerete, volenti o nolenti, a cogliere l’attimo, ad approfittare dei momenti buoni, accettando così in maniera fisiologica tutte le evoluzioni della malattia. Ovviamente la vostra vita non sarà più quella di prima, perché il cancro ha la capacità di spegnere i riflettori della gioia, fermare la musica, rubandovi prima il sorriso e a poco a poco la voglia di vivere, costringendoti spesso a sopravvivere. Ma nonostante le continue batoste, vi accorgerete che avrete, ancora una volta, dato prova della vostra capacità di adattamento, e piuttosto che lasciarvi spegnere da un cancro preferirete che quest’incontro diventi un’occasione di vita.
E allora i vostri viaggi della speranza si trasformeranno in un pretesto per riunire in un albergo la famiglia. Le serate prima della chemio in un’occasione per ricreare l’atmosfera delle feste. I tanto temuti controlli inizieranno a rappresentare un modo per incontrarsi e stare insieme. Non dimenticherete più un compleanno, un anniversario, una ricorrenza, perché sarete perfettamente consapevoli che quell’evento potrebbe essere l’ultima occasione e, dunque, non andrà assolutamente sprecato. Abilmente orienterete tutte le vostre energie sul benessere del vostro familiare, cercando di concentrare in ogni piccolo lasso di tempo più gioia possibile, censurando in qualsiasi modo tutto ciò che potrebbe rattristarlo.
Questi nuovi assetti si fonderanno su nuove relazioni fatte di qualità, di fiducia, di reciprocità. Non è che stilerete una lista dei buoni e dei cattivi, ma istintivamente inizierete a circondarvi di persone empatiche, che comprendono ciò che state vivendo. Rafforzerete vecchi rapporti di amicizia o magari ne creerete di nuovi, cementerete i vostri legami con i familiari più coinvolti, vi affiderete ai tanti professionisti che prenderanno in cura il vostro caro. La vostra vita sarà piena. Dunque anche la solitudine potrà essere cancellata, e ci sarà sempre accanto a voi qualcuno pronto a sostenervi, ad incoraggiarvi. E sarete pronti per affrontare l’ennesima battaglia, per riscrivere un altro frammento della vostra storia.
E a proposito di storie, volendo, a questo punto, utilizzare la metafora, concludo dicendo che esistono certamente le belle storie, quelle a lieto fine, in cui sconfitto il drago tutti vivono felici e contenti. Ma esistono anche quelle in cui il drago non vuole perire e si è costretti a conviverci. È vero anche, però, che esistono altre storie in cui, nonostante gli infiniti sforzi, la principessa si addormenta in un sonno eterno dal quale nessun principe potrà mai svegliarla.
Non so quale di queste storie vi sarà destinata, o quante battaglie sarete chiamati a combattere. Ciò di cui sono certa è che ognuna di esse va vissuta intensamente e dignitosamente, senza mai voltarsi indietro, chiedendosi se le scelte operate siano state le più giuste.
Non esistono scelte giuste o sbagliate, ma decisioni da prendere al momento giusto.
Così, ciò che conta, alla fine, è averle prese consapevolmente, sempre e comunque, sostenuti dall’affetto di chi vi vuole incondizionatamente bene e fa il tifo per la vostra squadra.