La cucina siciliana tra storia e curiosità. Dalla città del Gattopardo una tipicità gastronomica pressoché unica nella nostra regione
Ci sono ricette che raccontano tutto di un territorio, altre che ne sono invece una tipica espressione, altre ancora ne rappresentano l’anima. In aggiunta a tutto ciò, se poi scopriamo che un piatto è praticamente conosciuto solo agli abitanti di un paese – collocato in un bel fazzoletto di terra incastonato tra le sinuose colline dell’entroterra agrigentino e il suo mare africano – allora scatta immediatamente la consueta “missione” delle nostre righe: farvelo scoprire e, magari, apprezzare.
Quindi, eccoci oggi a Palma di Montechiaro, famosa per la sua seicentesca Chiesa Madre (dallo splendido stile barocco), per il Monastero delle Benedettine (e i loro squisiti dolci alle mandorle, preparati secondo un’antica ricetta “conventuale”), per un suggestivo percorso della Via Crucis (che collega il Calvario con il centro cittadino, calcolato secondo le reali distanze dell’originale di Gerusalemme e che vi invitiamo a intraprendere) e per essere la città in cui visse l’architetto e astronomo Giovan Battista Hodierna e di cui divennero duchi i Tomasi di Lampedusa. Ebbene, a questo notevole (ma non esaustivo) elenco, vorremmo che si potesse aggiungere anche una tipicità gastronomica palmese pressoché unica nella nostra regione: ‘u Risu da Vigilia di Natali.
Intanto, iniziamo col rinfrescarci un po’ la memoria. Gli Spagnoli hanno governato sulla nostra isola per duecento anni, dal XVI al XVIII secolo, ed è ormai noto che molte ricette siciliane ancora in uso discendano da quelle iberiche o debbano loro moltissimo. Perché ne scriviamo? Perché ci appare molto probabile che il Risu palmese abbia una chiara derivazione ispanica: l’uso del riso a chicchi grossi (simbolo, per esempio, della Paella) è, infatti, molto emblematico e la peculiarità dell’utilizzo della sola carne dimostra che i riferimenti gastronomici di tale ricetta sono i tipici piatti della Spagna dell’area interna, considerato che le specialità delle regioni costiere hanno invece come “base”, ovviamente, il pesce. Inoltre, è saltata subito ai nostri occhi un’altra singolarità di questa pietanza, ovvero la circostanza che, secondo la tradizione in vigore da sempre nel paese del Gattopardo, debba essere preparata e consumata (costituendone, per di più, la parte fondamentale del menu) solo la sera del 24 dicembre, quindi durante la cena della Vigilia di Natale: un evidente omaggio alla cosiddetta Noche Buena spagnola, il classico pasto serale che precede il giorno della Natività, appuntamento molto sentito, appunto, in tante zone della Spagna. Ma adesso entriamo in cucina e mettiamo mano ai fornelli.
La ricetta del Risu da Vigilia di Natali di Palma di Montechiaro prevede l’utilizzo di varie tipologie di carni, dal pollo (1/2 kg) ad alcune parti del manzo (1/2 kg) con l’osso (le sezioni tipiche “da brodo”), fino al maiale e alla sua cotenna (300 gr). Una curiosità: in passato, si utilizzava esclusivamente la carne di maiale (testa, zampe e cotenna), perché le galline erano necessarie per le uova e la carne di manzo era merce abbastanza rara. Continuando, si procede a bollirle per qualche ora, unendole a sedano, pepe nero, cannella e chiodi di garofano. Dopo di che, i pezzi vengono privati dell’osso e della pelle, sfilettati e conditi con altri aromi speziati. Il brodo utilizzato è nuovamente riscaldato per cuocere il riso a chicchi grossi, preferibilmente del tipo “Arborio”. Cotto il riso, lo si unisce in bianco (ma ne esiste anche una insolita variante “rossa”, con sugo al pomodoro) alla carne precedentemente cucinata e condita, amalgamando il tutto, oppure sistemando gli ingredienti “a strati”. Fatto ciò, il preparato è inserito (‘ntaganatu) in tipiche casseruole di terracotta che i palmesi chiamano tagani e il cui fondo sarà stato precedentemente spolverato con olio e pecorino grattugiato. In questa fase preparatoria finale c’è chi preferisce coprire il tutto con salsa di pomodoro o con una spennellata d’uovo e altro pecorino. Da ultimo, in forno a 200 gradi per circa mezz’ora, tanto da far dorare la superficie, su cui si deve formare una crosta croccante.
Avete preso appunti? Benissimo. Allora non ci resta che augurarvi buona preparazione, a seguire, buona Vigilia e, infine, buon appetito