CENTENARIO SCIASCIA Quel documento che svela il vero giorno della nascita dello scrittore: per otto giorni, la sua esistenza a Racalmuto precedette la sua nascita
Cento anni fa l’epidemia del vaiuolo segnò il paese e ci vollero anni per tornare quasi alla normalità. Il vaiuolo fece le sue vittime e lasciò tanta sofferenza. Nel 1921 tutti gli abitanti, quasi il doppio rispetto a quelli di oggi, erano già stati vaccinati. Guidava il paese un sindaco illuminato, poco ricordato. Si chiamava Nicolò Scimè, un medico, eletto il 3 ottobre del 1920. Con la sua squadra mise a posto i conti del Comune, che era stato in preda alla confusione e con tanta dispersione dei soldi pubblici; restaurò il teatro comunale, nel frattempo divenuto anche sala cinematografica delle prime pellicole mute, ripristinò la banda municipale, stabilì regole precise per i funerali. Tra i suoi assessori, il commendator Giuseppe Bartolotta, che guidava la maggioranza consiliare. Fu lui l’11 gennaio del ‘21 a scrivere di suo pugno, nel grande registro degli Atti di nascita del municipio, il nome e il cognome di un bambino.
Sono le dieci e un quarto. Pasquale Sciascia, figlio di un amministratore di miniere di zolfo, cacciatore fino al midollo, tornato dagli Stati Uniti pochi anni prima e sposato il 27 marzo 1920 con Genoveffa Martorelli, figlia di una guardia comunale, proveniente da una famiglia nota per la fabbrica di tegole, ci sta poco, dalla casa della stretta Salita Monte presa in affitto dopo il matrimonio (la casa è proprio a due passi dal Palazzo di Città, vicino la chiesa della Madonna del Monte), a recarsi all’ufficio comunale per registrare la nascita del primogenito.
«Avanti a me Bartolotta Commendatore Dottore Giuseppe, Assessore anziano funzionante Sindaco ed Uffiziale dello Stato civile del Comune di Racalmuto, il quale mi ha dichiarato che alle ore undici e minuti quarantacinque del dì otto del mese corrente, nella casa posta in Salita Monte al numero 5, da Martorelli Genoveffa Giuseppa, sua moglie lui convivente, è nato un bambino di sesso maschile che egli mi presenta, e a cui dà il nome di Leonardo».
Firmano il registro, oltre a Bartolotta e al giovane papà del piccolo Leonardo, il ventottenne Giuseppe Sciascia e il trentenne Angelo Grillo, impiegati comunali. Quest’atto è il primo documento del cittadino racalmutese Leonardo Sciascia, destinato a diventare tra i più grandi letterati del Novecento europeo. Un destino, quello di nascere nel cuore del cuore dell’isola, segnato, come ha scritto, da “traumi pirandelliani”, che certamente ha influito molto nella sua lucida scrittura, nel suo pensiero illuminante, nella sua alta lezione civica. È in questa valle araba circondata da sale e zolfo che nasce l’uomo che per primo avrebbe raccontato la mafia, che avrebbe spiegato come pochi gli intrecci tra politica e malaffare, intrecciando il suo impegno civile con le mille passioni per libri, scrittori, arti grafiche, cinema, cibo. Da qui, dalla Racalmuto osservatorio del mondo, ha contraddetto e si è contraddetto, sempre inseguendo la verità, anche quando fa male e disturba.
In questi luoghi – sempre più vuoti, sempre più spenti – Sciascia ha assorbito le “oscure storie squarciate dalla tragica luce bianca dall’acetilene”. E ha saputo prendere il meglio di un paese la cui gente ha sempre avuto il dubbio in testa e poca fiducia alla voce dei potenti. Come il suo amato fra Diego La Matina, anche lui nato qui e anche lui battezzato nella stessa chiesa Matrice (si battezzerà a tre anni, così decide il padre, assieme al fratello Giuseppe, più piccolo di due anni), la cui meridiana segna ancora l’ombra del passato e “chissà quando – scrisse nel 1956 nelle sue e nostre Parrocchie di Regalpetra – segnerà l’ora di oggi, quella che è per tanti altri uomini nel mondo l’ora giusta”.
«A Racalmuto sono nato… E così profondamente mi pare di conoscerlo, nelle cose e nelle persone, nel suo passato, nel suo modo di essere, nelle sue violenze e nelle sue rassegnazioni, nei suoi silenzi, da poter dire quello che Borges dice di Buenos Aires: “Ho l’impressione che la mia nascita sia alquanto posteriore alla mia residenza qui. Risiedevo già qui, e poi vi sono nato”». Così scrisse nelle prime pagine di Occhio di capra. E chissà se Sciascia sia mai stato consapevole di quanta verità ci fosse, anche per lui, in quell’asserzione. Perché è proprio vero che, per almeno otto giorni, la sua esistenza a Racalmuto precedette la sua nascita. Pare, secondo un documento conservato nella scuola elementare di Racalmuto, che Leonardo Sciascia sia nato il 31 dicembre 1920 e registrato al Comune l’8 gennaio del nuovo anno. Succedeva spesso in passato di “rubare un anno al Re”: “Si diceva quando un bambino – spiegherà lo scrittore – nato negli ultimi giorni di dicembre veniva denunciato all’ufficio di stato civile come nato nei primi del nuovo anno: sicché sarebbe andato alla leva militare con un anno di ritardo”.
Una storia, appunto, che sarebbe piaciuta a Borges. Con tanti altri particolari curiosi su quel giorno di cento anni fa in cui Leonardo Sciascia venne al mondo, che, con Gigi Restivo, abbiamo cercato di svelare nelle pagine del libro Dalle parti di Leonardo Sciascia, un viaggio che abbiamo fatto a braccetto con le parole dello scrittore che da Racalmuto ci ha condotti in giro in Sicilia, in Italia, fino in Spagna e a Parigi. Per poi tornare qui, al centro del “pianeta” Sciascia, dove tutto è iniziato.