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Stare bene a scuola. Grotte, al “Roncalli” arriva la Psicologa

Per incontrare gli studenti, i docenti e le famiglie, e per promuovere, in un momento tanto delicato, il benessere psicologico. Il progetto nasce da un protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione e il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi

Alice Napoli

Nasce da un protocollo d’intesa tra il Ministero dell’Istruzione e il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi il progetto per la “Promozione del benessere psicologico a scuola”. Così, anche al “Roncalli” di Grotte, come in molte scuole italiane, è arrivato lo psicologo, anzi la psicologa, la dottoressa Alice Napoli, per incontrare gli studenti, i docenti e le famiglie della nostra scuola e promuovere in un momento tanto delicato, il benessere.

Un piacevole ritorno quello della dottoressa Napoli al “Roncalli” di Grotte, visto che negli anni precedenti con la sua associazione aveva prestato la sua consulenza coinvolgendo gli studenti in attività di promozione e sviluppo del benessere psicologico. Già a partire dallo scorso dicembre, dopo un incontro con i docenti del “Roncalli”, è stato attivato uno sportello di Ascolto aperto a studenti, docenti e genitori. Un servizio importante, ma che incontra ancora troppe resistenze nel nostro contesto.

Tra le linee guida del progetto – spiega la Dottoressa Napoli- era prevista anche la possibilità di lavorare sul gruppo classe. Dunque, a metà gennaio abbiamo iniziato con le classi prime, proponendo un progetto sulle emozioni, che partendo dall’alfabetizzazione emotiva li guidasse alla scoperta dell’intelligenza emotiva. Il percorso si delineava come un’occasione per aiutarli a parlare, ad aprirsi, a venire fuori, a raccontare dei disagi vissuti in questo periodo di lock down. Ho subito notato, a differenza degli anni precedenti, una partecipazione attiva. In passato, durante i nostri interventi, ci capitava di sentire dire ai ragazzi di non avere bisogno dello psicologo, che nessuno di loro era pazzo. Per tanti è stata un’occasione per aprirsi, in alcuni casi ci sono state delle vere e proprie richieste d’aiuto”.

Qualcosa indubbiamente è cambiato e con molta probabilità il merito di questo cambiamento di atteggiamento va attribuito alla pandemia.

Agli studenti è stata offerto uno spazio neutro pensato per loro, un’opportunità di ascolto mediata da un esperto capace di aiutarli a fargli vivere un’esperienza del tutto personale in cui poter parlare e lavorare sulle proprie emozioni. Un servizio nuovo per le scuole italiane, ancora non in linea con le linee guida europee, ma che si spera possa a breve essere introdotto nell’offerta formativa di ogni istituzione scolastica.

I nostri ragazzi – continua la dottoressa Napoli – sono analfabeti emotivi, sono incapaci di riconoscere e controllare le proprie emozioni. È per questo che non parlano volentieri delle proprie emozioni, perché spesso non le riconoscono. Sanno cos’è rabbia, a volte dicono di essere confusi, altre felici, qualcuno parla di ansia. Nessuno, sa verbalizzare la paura, se non relegata al fatto di non essere compreso dagli altri.”

Per aiutarli a riconoscere le emozioni è stato chiesto ai ragazzi di rappresentarsi all’interno della classe, scegliendo un animale, un animale attraverso il quale vivono l’esperienza della classe, come in un ecosistema.

“I ragazzi con questa attività si aprono subito, intanto perché lo fanno in forma anonima e poi perché è un gioco. Qualcuno si è rappresentato come un topolino perché se sbaglia a parlare tutti sono pronti a mangiarlo. Qualcun altro ha detto di sentirsi un pipistrello che vive nell’oscurità, quasi come se si sentisse messo da parte. Un ragazzino, invece, si è identificato come un lupacchiotto. Mi è piaciuta tantissimo questa cosa perché lui ha dato un attributo vezzeggiativo al lupacchiotto e questa cosa mi ha fatto emozionare tanto. A scuola spiega questo ragazzo di sentirsi far parte di un branco, dove i professori sono i suoi padri e le professoresse le sue madri, mentre i compagni del branco, sanno sempre come farlo ritornare a sorridere. Una ragazzina, invece, si è identificata con un porcospino specificando di sentirsi piccola, ma in grado anche di pungere. Qualcuno invece si è identificato con la giraffa, alta nella Savana, con una gran voglia di crescere, di puntare in alto, mettendo in evidenza le difficoltà e specificando che a volte in classe ci sono gli elefanti che sovrastano tutto”.

Un gioco quello dei ruoli all’interno dell’ecosistema classe, ma anche un’occasione per far comprendere ai ragazzi che tutti gli animali hanno punti di forza e punti di debolezza. Ed è questo l’obiettivo da raggiungere attraverso queste attività: favorire un clima dove ciascuno possa riconoscere non solo le proprie debolezza ma anche i propri punti di forza. I ragazzi hanno parlato delle loro emozioni, raccontando cosa hanno provato in questi mesi, cosa gli è mancato. La disponibilità a raccontarsi è stata tangibile. Ma perché improvvisamente sono tanto disponibili a parlare?

“Perché non ce la fanno più. I ragazzi sono stanchi. È vero che nel virtuale fanno tanto, ma non è lo stesso, soprattutto in un contesto come il nostro in cui sono stati abituati ad uscire, ad incontrarsi, a vedersi per strada. Anche il fatto di non poter praticare le loro attività sportive incide parecchio. Percepiscono che manca qualcosa che li rende pieni, non si riconoscono come completi.”

E come se non bastasse, anche le ristrettezze economiche che si sono venute a creare all’interno delle famiglie per la perdita del lavoro di uno dei genitori, lo stare attenti alle spese familiari hanno inciso sul benessere psichico dei ragazzi.

“Tutto questo ha un peso per i ragazzi di quest’età. Ed è per questo che sono disposti al dialogo, ad aprirsi, a venire fuori. Parlano delle loro emozioni e fanno anche domande. I ragazzi, adesso, chiedono di parlare, di comprendere meglio le loro emozioni, ma anche di rappresentare attraverso attività grafiche ciò che sentono.”

Agli studenti del “Roncalli”, in un momento tanto delicato, è stata offerta un importante occasione di sviluppo, una primissima alfabetizzazione emotiva che pone le basi per un crescita emotiva più consapevole e sana.

“Le nostre emozioni – conclude la dottoressa Napoli– influenzano anche l’apprendimento scolastico, il nostro rendimento, il nostro comportamento. La classe è un ecosistema dove circola energia e quindi se tra i compagni ci sono emozioni sgradevoli, questa energia viene riassorbita rimanendo all’interno di quella classe per tante ore. Quindi è estremamente importante trovare un clima di classe accogliente sereno.”

Ci pare di capire che ciò che gli studenti del “Roncalli” di Grotte hanno imparato è che ogni elemento è importante per garantire il positivo funzionamento dell’ecosistema scuola e l’ecosistema funziona meglio se ciascun elemento sa riconoscere e controllare le proprie emozioni.

 

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