Storie. Nico Patito, il “Contadino Filosofo” amico di Leonardo Sciascia
Se ne è andato, nel maggio del 2015, chiedendo di tornare alla Noce, nella sua casa di campagna dove viveva solo, isolato, restio ad ogni contemporanea contaminazione, come sacerdote di un cerchio sacro. Lo stesso scelto come “buen retiro” da Leonardo Sciascia, lo scrittore di cui Nico Patito fu mezzadro, amico e, per dirla con Enzo Biagi, “contadino-filosofo”.
Lo avevamo considerato l’ultima sentinella della Noce dopo la scomparsa di Carmelino Rizzo, di Sciascia, del suo amico Emanuele Cavallaro che come lui alla Noce viveva tutto l’anno, spesso senza cedere alla tentazione degli inviti di figli o nipoti manco per le feste comandate. E Patito, sotto questo aspetto, era sicuramente il più intransigente, deciso a non varcare la trincea che aveva segnato fra la Noce e il resto dell’umanità. Anche a costo di una solitudine profonda vissuta negli abissi di silenzi siderali interrotti in inverno dall’urlo del vento, dalle frustate di veri e propri uragani rovesciati sulle pietre di una casa malferma, rappezzata come gli infissi tamponati da stracci e mattoni, senza TV, senza una radio, estraneo a sciagure e distrazioni, loschi affari, crisi governative e così via. Ma consapevole di quanto accadeva nel mondo attraverso pochi suoi canali, i nipoti fedeli come Gesa, il nipote di Sciascia Vito Catalano, Joe Castellano, Totò Picone, qualche raro amico preoccupato da tanta solitudine. E quelle conversazioni bastavano a confermargli la saggezza della scelta compiuta.
Finché le forze sono venute meno e l’averlo ritrovato a terra da due ore ha costretto la povera Gesa a imporre il ricovero nell’ospedale di Canicattì dove, scalpitando, senza potere tornare il primo maggio fra mandorli e vigneti della Noce, ha annunciato la sua morte dicendo che se ne sarebbe andato il lunedì successivo. Consapevole di chiudere i conti con l’esistenza. Sbagliando di una settimana. Perché ha chiuso gli occhi all’alba dell’11 maggio.
Adesso il vuoto lasciato dalla sentinella appare incolmabile e la Noce con le sue poste, la casa di Sciascia, il vecchio telefono nella stalla da dove lo scrittore parlava con il mondo, la stessa casa di Nico Patito vista, frequentata o tratteggiata da Bufalino, Consolo, Biagi, Cazzaniga, Guttuso meriterebbe l’attenzione di chi volesse ancora recuperare una capacità di narrazione delle nostre strade, delle nostre vite.
Da malgradotuttoweb, maggio 2015