Lui è Antonino Incorvaia, studente del Liceo Musicale e figlio di Angela Mancuso, poetessa e scrittrice. Antonino all’esame di maturità come seconda prova ha presentato un elaborato multimediale ispirandosi ad una poesia della mamma.
Storia di una composizione a tre teste e sei mani. Parole, musica e voce. Tutto a distanza, da una parte all’altra della provincia di Agrigento, ma uniti da uno stesso cuore.
Il 18 maggio mi arriva una telefonata.
“Signor Moncada?”
“Raimondo… Chiamami Raimondo.”
È Antonino, uno studente di quinto anno, figlio di una poetessa di Licata, meglio nota nel mondo letterario e in quello anagrafico come Angela Mancuso.
Mia amica, colei che mi ha più volte chiamato a Licata per presentare e leggere le sue poesie, colei che mi ha pure proposto come presidente del concorso letterario “Raccontami, o Musa”; colei … di colei in colei faremmo notte.
Ritorniamo al filo della storia, vera, verissima.
Antonino Incorvaia frequenta il liceo musicale e come seconda prova del suo esame di maturità ha pensato a un elaborato multimediale e multidisciplinare.
Il tema che gli è stato assegnato è l’io interiore. E lui ha pensato a una poesia della mamma (tratta dalla raccolta Sculture d’incanto) da incastonare nella parte finale di una sua musica (Antonino è musicista e compositore).
“E allora? Come posso esserti utile?”, insisto al telefono.
“Ho pensato a lei per…”
“Per? Spiegati…”
“Sì, per …”
“Per o tanto per?”
“No, solo per…”
“E allora?”
“Per dare voce alla poesia di mia mamma…”
“Quindi non è tanto per?”
“No!”
“Allora puoi contare su di me!”
“Grazie.”
“Per?”
“Per avermi chiamato.”
“Allora accetta? Posso contare sulla sua voce?”
“Sì, considerami già sotto esame.”
Ecco i piaceri e gli onori della vita! Antonino mi ha scelto, mi ha chiamato, mi ha fatto la proposta e io ho detto di sì.
Mi sono messo subito al lavoro: non è giusto farlo aspettare, ho pensato.
Gli ho registrato così una traccia audio e gliel’ho inviata credendo fosse già bellissima, che andasse bene. Lui mi ha ringraziato ma mi ha chiesto delle modifiche, come da vero regista, con un accento nel finale, un ritmo e un tempo di lettura che doveva coprire uno spazio preciso.
E ha fatto benissimo.
Ho eseguito le direttive, così come fa qualsiasi attore con chi lo dirige. Con quel video, con quella sua splendida musica, con il testo finale della mamma e la lettura di un dicitore che ha più volte sentito recitare a Licata (mamma e dicitore citati nei titoli di coda e nella presentazione dell’elaborato), Antonino ha superato brillantemente l’esame di maturità.
Ma la poesia e la musica di madre e figlio non potevano rimanere dentro un fascicolo scolastico, forse anche virtuale dopo un anno di pesante e indimenticabile DAD. Meritavano di essere portate fuori, conosciute dal mondo, dagli ammiratori della poetessa Angela e dagli ammiratori dell’autore Antonino.
Ispirato dalle note e dai versi, mi sono fatto così un giro per Sciacca e ho realizzato un mio personale video con cui sono stato promosso da Angela e Antonino a cui faccio i migliori in bocca al lupo per la sua carriera artistica e accademica e che ringrazio per avermi scelto.
L’alternativa sarebbe stata la voce metallizzata di Google, meglio io. Cosi giusti. Io, il titolo della videopoesia.
Guarda il video