Cinema. Nel corso di quasi un secolo, moltissimi sono stati i luoghi raccontati dai film girati nell’isola. Tante le facce e le espressioni immortalate per sempre, a volte sorprendenti i ritratti geografici o inaspettate alcune piacevolissime scoperte naturalistiche.
Yongman Kim è una persona praticamente sconosciuta in Italia ma balzata anni fa agli onori della cronaca culturale isolana (e non solo) per un lascito senza precedenti. Yongman Kim è un cinefilo collezionista newyorkese di origini coreane che nel corso della sua vita, grazie agli innumerevoli viaggi in giro per il mondo, ha creato una collezione di oltre cinquantacinquemila dvd di film d’essay: la Kim’s Video. Una tra le più grandi raccolte cinematografiche private al mondo – che a New York per la sua gestione impegnava undici negozi diversi e più di trecento persone addette con mansioni di ricercatore, archivista e curatore – che costituisce un preziosissimo scrigno dentro cui si conservano i lavori cinematografici frutto delle più diverse sensibilità artistiche. Opere rare, a volte introvabili, che rappresentano buona parte del “cinema d’impegno” (o “cinema artistico”) a livello mondiale.
Tale collezione dal 28 febbraio del 2009 appartiene al Comune di Salemi e grazie all’azione di collegamento effettuata dalla fondazione Clio, il collezionista Kim e il Comune belicino (allora guidato da Vittorio Sgarbi, che volle come assessore alla cultura Oliviero Toscani) hanno trovato un accordo mirato alla sistemazione della raccolta presso i locali dei Musei Civici (ex Collegio dei Gesuiti) e alla creazione di una costituenda fondazione che la possa gestire e rendere fruibile:
Salemi, dunque, è da considerare a buon diritto una delle capitali internazionali del cinema indipendente, anche se purtroppo quasi nessuno ne è a conoscenza o se n’è accorto. Ma tale evento costituisce per noi un interessante pretesto per approfondire il rapporto sempre in essere tra la settima arte e la nostra isola, considerata – quest’ultima – come un set cinematografico naturale, amato da geniali registi e allo stesso tempo anche celebrato da numerosi scrittori in pagine immortali della nostra letteratura.
Esistono mille modi per raccontare la propria terra e tanti per interpretarla. Diversi i linguaggi da poter utilizzare per realizzare tale racconto e il cinema è certamente uno di questi. Ci si è riferiti ai territori dell’isola come a un vero e proprio set che spontaneamente si offre agli ammirati occhi di abitanti e turisti, ambienti caratterizzati da contraddizioni geografiche che vedono l’alternarsi di asprezza a soavità e di tortuosità a linearità: la terra degli opposti. Tratti antinomici che rievocano, rispecchiandolo perfettamente, il carattere dei suoi abitanti, frutto della stratificazione sociale dei diversi popoli che nel corso dei millenni hanno fatto della Sicilia la loro terra di conquista politica e culturale. L’isola rappresenta tutto un mondo da esplorare e scoprire, anche attraverso un particolare punto di vista, un peculiare e inedito criterio di conoscenza qual è, appunto, il cinema. Nel corso di quasi un secolo, moltissimi sono stati i luoghi raccontati dalle pellicole, tante le facce e le espressioni immortalate per sempre, a volte sorprendenti i ritratti geografici o inaspettate alcune piacevolissime scoperte naturalistiche.
Come in un ideale “campo lungo” sulla nostra isola, si potrebbe iniziare questa pur incompleta panoramica da uno dei lavori più intensi del regista Francesco Rosi, il quale nel 1962 girò nelle province di Palermo e Trapani (e più precisamente a Montelepre e Castelvetrano, ovvero i luoghi dove realmente visse il protagonista della pellicola) il suo Salvatore Giuliano, film entrato nella storia del cinema per una fotografia che immortala perfettamente alcuni dei più affascinanti ambienti dell’entroterra siciliano, territori aridi, assolati e aspri che un tempo furono la patria dell’orgoglioso popolo dei Sicani. Spostandoci verso il litorale tirrenico della provincia palermitana, si scopre che Cefalù è stata oggetto di tante inquadrature da parte di un illustre regista siciliano, Giuseppe Tornatore, che nel 1988 in questi luoghi girò molte scene del suo Nuovo cinema Paradiso (film girato “in esterna” anche a Palazzo Adriano, come testimonia un pannello in ceramica esposto sulla via d’ingresso del paese), opera che lo portò sugli altari dell’Oscar.
E qui, in una delle più belle e celebrate coste del Mediterraneo, più di vent’anni prima (1967), l’occhio del maestro Elio Petri diresse A ciascuno il suo, immortalando alcuni scorci della nostra isola a quei tempi ancora poco conosciuti e contribuendo in tal modo a farli apprezzare al mondo intero. Ma non solo, poiché non si può in questa sede non ricordare che in una Partinico fotografata in maniera quasi neorealista, nel 1968, Damiano Damiani girò il suo Il giorno della civetta (ispirato sempre a un’opera dell’immenso Leonardo Sciascia, certamente da considerare anche uno “scrittore per immagini”) e che Il Gattopardo – tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e girato quasi interamente a Ciminna da Luchino Visconti nel 1963 – rese famosi molti dei luoghi di Palermo che ospitarono alcune riprese: piazza S. Giovanni Decollato e Sant’Elmo, la neoclassica e settecentesca villa di Boscogrande e lo sfarzoso palazzo Ganci, dove fu girata la celeberrima scena del ballo tra i due protagonisti del film, Claudia Cardinale (Angelica) e Burt Lancaster (il principe Salina).
Scendendo un po’ più a sud, ci si ritrova in alcuni luoghi della provincia di Agrigento che hanno fatto da quinta scenica a due dei grandi capolavori del maestro Pietro Germi, il quale infatti girò interamente a Sciacca i suoi In nome della legge nel 1949 e Sedotta e abbandonata nel 1964. Purtroppo però oggi le località riprese e immortalate in questi due film non esistono più a causa degli stravolgimenti edilizi avvenuti nel corso degli anni e risulta quindi impossibile poterle visitare per apprezzarle dal vivo. E sempre in provincia di Agrigento, ma stavolta proprio nella città capoluogo, nel 2003 il regista Andràs Ferenc ha girato alcune delle scene de “I salmoni del San Lorenzo”, intenso adattamento cinematografico del romanzo di Enzo Lauretta.
Un altro luogo magico della nostra terra sono le Isole Eolie, perle tirreniche in provincia di Messina dove nel 1960 un altro grandissimo della settima arte, Michelangelo Antonioni, ha girato il suo L’avventura, film in cui le meraviglie paesaggistiche e naturali di Panarea sono state magistralmente riprese tanto da poter essere considerate delle vere e proprie coprotagoniste dell’opera. Ed è tra i tesori naturalistici eoliani che si trova Salina, isola incastonata quasi al centro dell’arcipelago e che è stata il teatro che ha assistito al divenire della toccante trama del film Il postino (girato nel 1994 dal regista Michael Radford e noto per essere stata l’ultima prova d’attore del compianto Massimo Troisi) oltre che, dieci anni prima (1984), del secondo episodio del film Kaos di Paolo e Vittorio Taviani, di Mal di luna, ispirato ad alcune novelle di Luigi Pirandello e di Stromboli terra di Dio, girato nel 1949 dal maestro Roberto Rossellini sulle pendici del vulcano omonimo. Una particolarità che accomuna tali opere è che in esse, accanto ai protagonisti, giganteggiano le stesse isole grazie alla loro struggente bellezza paesaggistica – che si specchia nel profondo mare azzurro che le circonda – alla splendida luce che le caratterizza e alla vigorosa e selvaggia natura dei loro spazi.
Spostandoci nuovamente più a sud, i manuali di storia del cinema ci ricordano che la provincia di Ragusa è stata la location, a partire dal 1948, di Anni difficili di Luigi Zampa – girato a Modica, capitale, insieme a Noto, del barocco non solo siciliano ma dell’intero sud Italia – de Il ladro di bambini (1992) di Gianni Amelio, opera che in quell’anno ha vinto l’ambito “Grand Prix Speciale della Giuria” al Festival di Cannes “registrando” la bellezza delle spiagge e del litorale ragusano, di Marianna Ucrìa di Roberto Faenza (1996) e de La stanza dello scirocco di Maurizio Sciarra (1998), film in parte girato nello splendido Castello di Donnafugata e che dello stesso ha evidenziato le strutture architettoniche interne e i relativi preziosi arredi. E come dimenticare, visitando l’area iblea, i c.d. “luoghi di Montalbano”, ovvero gli splendidi scorci marini, gli ambienti del barocco siciliano e le vedute aeree di Scicli, Noto, Modica e Ragusa Ibla, presenti nelle inquadrature dei tanti film per la televisione (ma che non sfigurerebbero per niente sul grande schermo) girati dal regista Alberto Sironi e ispirati alle avventure del celebre commissario nato dall’inesauribile fantasia di Andrea Camilleri.
Ritornando al “re di Montelepre”, ecco l’inquadratura finale di questo nostro percorso tutto isolano tra i luoghi del cinema, con l’obiettivo puntato su alcuni tra i più suggestivi panorami dell’aspro entroterra siciliano, come quello nei pressi di Sutera, in provincia di Caltanissetta, dove nel 1987 il regista Michael Cimino – premiato nel 1978 con cinque oscar per Il cacciatore – diresse il suo Il Siciliano, opera incentrata sulla vita del bandito Salvatore Giuliano (personaggio le cui controverse vicende hanno catturato l’attenzione di autorevoli registi), interpretata da attori a quel tempo in ascesa e che ebbe sicuramente il merito di accostare a una produzione dell’industria di Hollywood luoghi e territori praticamente sconosciuti ai più ma che ben presto iniziarono a essere ammirati per la loro ruvida e penetrante potenza visiva.
E come un titolo di coda, un accenno a parte merita Francis Ford Coppola, il quale per le tre parti del suo Il Padrino (rispettivamente del 1972, 1974 e 1990) scelse ambienti siciliani per girare molte delle scene presenti nei tre film: Forza d’Agrò e il borgo medievale di Savoca, in provincia di Messina, il Castello degli Schiavi, costruzione settecentesca a Fiumefreddo di Sicilia, in provincia di Catania, oltre agli ambienti neo-rinascimentali di Villa Malfitano a Palermo (prestigiosa residenza della famiglia Whitaker che la fece costruire nel 1889) e alla scalinata dell’ottocentesco Teatro Massimo.
Appare dunque chiaro al lettore-spettatore che non tutti i territori isolani sono stati utilizzati per ospitare riprese cinematografiche che stereotipassero i soliti clichè sulla Sicilia-terra-di-mafia-e-di-malaffare, ma – al contrario e soprattutto – per consegnare alla storia magistrali piani sequenza che permettessero a questi veri e propri “teatri di posa opera di madre natura” di poter partecipare attivamente alle vicende dei protagonisti raccontate dalle pellicole. Luoghi silenti ma allo stesso tempo carichi di suoni e di ritmi, a volte quieti e tranquilli altre vibranti e frementi, dormienti ma che all’improvviso possono esplodere con una carica tale da svelare tutta la loro bellezza e il loro fascino naturalistico. La nostra isola ammalia da sempre grazie alla sua storia unica, alle sue tradizioni dalle tante sfaccettature, alla sua cultura millenaria e ai suoi scenari unici. La Sicilia è, nel bene e nel male, l’immagine riflessa di chi la abita e la vive ogni giorno, ne permea carattere e forma mentis, in un’indissolubile simbiosi tra un popolo, la sua terra tanto amata-odiata e quel mare, colore del vino.