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Maccalube, sabato 27 settembre 2014, ore 12. Dov’era Dio in quel momento?

Nessuna sentenza potrà mai rispondere alla domanda: perchè? Perchè proprio Carmelo e Laura? Perché proprio in quel momento? 

Aragona, Le Maccalube. Foto di Angelo Pitrone

Era la notte del 31 ottobre del 2002 quando arrivai a San Giuliano di Puglia. Una scossa di terremoto, alle 11.30 di quel giorno, aveva devastato una parte del Molise. A San Giuliano si scavava ancora nella scuola elementare che era venuta giù con la scossa più forte. Sotto le macerie erano rimasti 27 bambini di una prima classe elementare e la loro maestra. Si scavava e dalle macerie venivano fuori solo morti. Piccoli corpi di bambini rimasti sepolti sotto la loro scuola. Si scavava e si piangeva. Coperto di polvere, gli occhi rossi di pianto, sconvolto, girava attorno ai detriti il parroco di San Giuliano. Davanti alla telecamera disse una frase che somigliava a una bestemmia, ancor più se detta da un prete: “Dov’era Dio in quel momento?”.

Quella frase mi è tornata alle labbra alla notizia della tragedia di Maccalube. Dov’era Dio in quel momento? La religione spesso aiuta a dare un senso al dolore, al lutto, alla sofferenza. Ma se due bambini vengono sommersi dal fango, per un evento raro e poco frequente, in un giorno qualunque e in una zona frequentata da migliaia di persone all’anno, allora uno si chiede: dov’era Dio in quel momento?

In entrambi i casi, la domanda di quel prete di San Giuliano di Puglia resta senza risposta. Dov’era Dio in quel momento? Perché è vero che la scuola distrutta dal terremoto era costruita male, ma è pur vero che la scossa fatale è arrivata proprio nel momento in cui tutti i bambini erano in classe – e non quando erano in cortile o a mensa o in un corridoio – così come a Maccalube l’eruzione di fango si è verificata proprio nel momento in cui Carmelo e Laura erano più vicini al vulcanello esploso, sommergendoli di argilla liquida.

Adesso molti dicono che si sapeva che ogni tanto Maccalube tradisce, si rigira nel suo letto e vomita fango. Ma quanti di noi ci sono andati in questi anni? Moltissimi. E quanti di noi apprezzavano che un luogo, fino a pochi anni fa lasciato a se stesso, fosse diventato una meta turistica, uno spettacolo della natura che non destava timori, come ne può destare l’eruzione di un vulcano? Quel borbottio della terra, docile e sommesso, non lasciava certo immaginare un’azione distruttiva.

Capisco che chi crede in Dio non può nemmeno immaginare che l’onnipotente possa distrarsi, voltare la testa o, peggio, possa volere la morte di due bambini. E chi non ci crede, invece, non sa che farsene di un Dio distratto o incurante. Ma di fronte a un evento raro, che scaturisce dalla pancia della terra e distrugge per sempre una famiglia, strappando due vite di bambini, allora uno inevitabilmente si chiede se Dio c’è e si chiede pure dove stava in quel momento, in quell’attimo, quando Carmelo e Laura hanno visto alzare sulle loro teste la colonna di fango e di argilla.

“Se tutti devono soffrire per comprare con la sofferenza l’armonia eterna, che c’entrano i bambini?”. Se lo chiede Dostoevskij in una pagina bellissima dei Fratelli Karamazov. E chiunque si ponga delle domande, in questi giorni, in queste ore, in questa vita, non può che interrogarsi su dov’era Dio la mattina di sabato 27 settembre.

Gaetano Savatteri (Foto Angelo Pitrone)

Un processo forse accerterà che la zona delle Maccalube doveva essere recintata, monitorata, vietata, regolata o controllata. Magari qualcuno sarà condannato o dovrà pagare un risarcimento, ma ai poveri genitori di Carmelo e Laura resterà sempre una serie di domande senza risposta: perché non abbiamo ritardato un poco lungo la strada? Perché non siamo andati lì nel pomeriggio? Perché non abbiamo cambiato idea? Perché non ci siamo fermati a raccogliere un fiore prima di avventurarci? Perché non si è bucata una gomma? Perché non siamo passati prima a fare spese in un negozio? Perché dovevamo essere proprio lì, proprio in quel momento, in quell’attimo a Maccalube? E ogni genitore chiederebbe al cielo o alla terra: perché non ti sei preso me, invece di loro due?

In definitiva, tutte le domande si risolvono dentro una sola domanda: dov’era Dio verso il mezzogiorno di sabato 27 settembre? So cosa rispondono i buoni credenti: c’è il libero arbitrio, c’è un disegno imperscrutabile della Provvidenza, c’è un mistero divino che ci sfugge. Vi confesso che, credente o non credente, è difficile vedere il libero arbitrio o il disegno divino in una giornata di festa che si tramuta in tragedia, nella vita strappata di due bambini.

Forse per questo gli uomini istruiscono processi e fanno perizie. Non ci rassegniamo, giustamente, a un disegno così imperscrutabile e, in questo caso, troppo feroce. Abbiamo bisogno di sentenze che dicano: si poteva evitare, c’è una colpa, c’è un responsabile, c’è quindi un rimedio per il futuro. Oppure dobbiamo lasciare da parte Dio e pensare che la natura è così: violenta e crudele, cinica e bastarda. Ma se così è, se è solo un fatto di gas, di emissioni, di chimica sotterranea, allora non ci sono né ci potranno essere mai colpevoli, se non marginali. E’ la natura e non possiamo farci niente.

Eppure non ci rassegniamo. E nemmeno quel prete di San Giuliano di Puglia si rassegnava. E nemmeno noi, assieme al papà e alla mamma di Carmelo e Laura riusciamo a rassegnarci. Per questo, a denti stretti, continuiamo a mormorare: “Dov’era Dio in quel momento?”. E nessuno ci risponde.

Da Malgradotuttoweb 27 settembre 2015

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