Riaperta la casa dove nacque il grande drammaturgo agrigentino.
Riapre la casa dove nacque Luigi Pirandello. Ed eccola la “casa romita” completamente trasformata in un luogo multimediale, pronta ad accogliere i viaggiatori in questo luogo amato dal grande drammaturgo agrigentino, morto ottantacinque anni fa, e da lui scelto per far riposare quello che di lui rimaneva. Le sue ceneri sono lì, in quella “rozza pietra” che resiste ai venti che arrivano dal mare africano, gli stessi che sradicarono il pino solitario che tanti ancora ricordano.
La casa del Caos riapre con le stanze che conservano carte, dattiloscritti, lettere e prime edizioni. Da sfogliare, se si vuole, nella riproduzione dello scrittoio appartenuto a Pirandello. Uno scrittoio multimediale, assai lontano dalla suggestione che può dare il tavolo originale, ma pur sempre particolare che sarà certamente apprezzato da ragazze e ragazzi che visiteranno la “nuova” casa-museo inaugurata ieri alla presenza, tra gli altri, del presidente della Regione Nello Musumeci, accompagnato dagli assessori Samonà e Zambuto, che ha affidato questo bene culturale alla Soprintendenza di Agrigento.
“Rieccola la casa del grande siciliano – ha detto Musumeci – inserita nel percorso della Strada degli scrittori, tappa di un viaggio che ci conduce nell’intimo di uno dei più grandi drammaturghi attraverso un percorso moderno di lettura e comprensione delle sue opere”.
Al secondo piano della casa si è accolti da lemmi e parole del mondo pirandelliano: menzogna, umorismo, angoscia, zolfara, uno e centomila, verità, ombra, commedia, giara. E caos, naturalmente: “Io dunque son figlio del Caos – ricordate? – e non allegoricamente, ma in giusta realtà, perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco, denominato in forma dialettale Càvusu dagli abitanti di Girgenti”.
Qui nacque la notte del 28 giugno del 1867, in questa stanza oggi vuota ma piena di immagini e parole sulla sua vita e la sua morte, con le voci di Leo Gullotta e Andrea Camilleri. E spicca in questa “stanza delle vibrazioni sentimentali”, come l’ha definita Salvatore Ferlita, il prezioso vaso greco appartenuto alla famiglia Pirandello che sta accanto all’urna funeraria in legno utilizzata per la traslazione delle ceneri da Roma ad Agrigento. Reliquie reali e non virtuali, preziose nel ricordo di un uomo che tanto ha amato questo luogo, mai appartenuto in realtà ai Pirandello, ma sempre nel cuore dello scrittore che in tante pagine l’ha raccontato, uno su tutti ne I vecchi e i giovani.
Qui il premio Nobel non solo è nato, ma ha trascorso momenti spensierati. Il 27 gennaio 1894, dopo la celebrazione delle nozze con Antonietta Portolano, ha festeggiano proprio al Caos, di cui era possessore un suo cugino, Antonino Bonadonna. E nella casa i due giovani sposi si fermarono otto giorni, giovani e felici. Aveva amato profondamente la tenuta del Caos, aveva persino sognato di ritirarsi qui. E all’amata Marta Abba, che si trovava in Sicilia nella primavera del 1930, scrisse in una lettera inviata da Berlino: “Se ti venisse di toccare qualche giorno Girgenti, salutami il pino del Caos e la vecchia bicocca dove sono nato. Forse non li vedrò mai più”.
E non lo vide davvero. Si spense a Roma il 10 dicembre del 1936, due anni dopo il Nobel. E ottantacinque anni dopo, pirandellianamente, ritorna a vivere qui, tra queste stanze piene ancora di maschere e fantasmi.
Foto Gallery di Angelo Pitrone