Fondato a Racalmuto nel 1980

“Qui sono nato, Sant’Agata dentro di me”

Per i dieci anni della scomparsa di Vincenzo Consolo, Salvatore Picone, che tre anni fa ha raccolto e pubblicato le interviste allo scrittore nel libro “Di zolfo e di spada”, è tornato nel paese dell’autore del Sorriso dell’ignoto marinaio dove si custodiscono le sue “cose santagatesi” nella Casa Letteraria a lui dedicata e aperta grazie all’associazione che custodisce la sua memoria

Lo scrittore nel 1985 a Sant’Agata di Militello con la madre (foto Archivio Malgrado tutto)

Si disperava, Vincenzo Consolo, per non aver trovato così come l’aveva lasciata quando andò a Milano, la sua casa paterna, nel cuore di Sant’Agata di Militello: “La vecchia casa in pietra, coi balconi sulla strada principale e il terrazzo verso il mare, la casa dove sono cresciuto coi fratelli, è stata abbattuta anni fa dai bulldozer e al suo posto è sorto un moderno fabbricato in cemento”, scrisse nel 1992 in una pagina dedicata ai luoghi della sua infanzia, al suo paese da dove mai si distaccò del tutto. E dove, in una stanza dei seicentesco castello Gallego, si conservano i suoi libri, i quadri, le “sue cose santagatesi”, dice Claudio Masetta Milone, amico dello scrittore, uno dei fondatori dell’associazione “Amici di Vincenzo Consolo” nata nel 2015, a cui è affidata la custodia di questa preziosa eredità culturale.

Le carte di Consolo si conservano alla Fondazione Mondadori, a Milano. Così decise, anni prima di morire, Caterina Pilenga che a Sant’Agata invece lasciò tutto quello che il marito teneva nella casa dove vivevano i fratelli e dove tornavano quando erano in Sicilia. Nella stanza – la Casa Letteraria Consolo, così l’hanno chiamata quando è stata inaugurata nel 2017, all’interno della biblioteca comunale – si conservano un migliaio di libri e tanti cimeli appartenuti all’autore di Retablo. Ci sono le due macchine da scrivere Olivetti, i suoi occhiali, i libri che riceveva con dediche, come Gomorra di Roberto Saviano, quelli degli amici Sciascia e Bufalino, i volumi di artisti e fotografi.

La parete attrezzata che era nella sua casa ancora sfoggia antiche ceramiche, vasi, piccole civette, maschere e tanti richiami al ritratto dell’Ignoto marinaio e alle lumache. Simboli di questo castello con le sue scale a chiocciola che portano al carcere che chiudono le pagine del romanzo che consacrò Consolo nel ‘76 alla letteratura, Il sorriso dell’ignoto marinaio.

Un telaio per tessere spicca nella vetrinetta, metafora della sua letteratura alta fatta di ricerca della perfezione della lingua. C’è il suo mondo paesano tra queste mura dalle cui finestre s’osserva il municipio e la strada che arriva alla “rettangolare piazza” che oggi porta il suo nome. Luoghi descritti in tante sue pagine, come nella raccolta La mia isola è Las Vegas, pubblicato subito dopo la sua morte.

“Ci sono tanti libri, i suoi e quelli che leggeva durante i mesi estivi e le tesi di laurea dedicate alla sua opera che ci ha inviato, assieme ad altro materiale, la signora Consolo” – spiega ancora Masetta Milone che conserva tanti ricordi dell’amico scrittore e anche preziosi documenti inediti come un quaderno di appunti con la copertina nera “che scherzosamente chiamavamo il libro nero, un diario dove Vincenzo annotava tutto quello che faceva, gli appuntamenti culturali, i viaggi, gli incontri, le date degli articoli che pubblicava”.

Consolo con Claudio Masetta Milone

Masetta Milone si occupa anche del sito www.vincenzoconsolo.it: e quando può accompagna curiosi e studiosi nelle stanze del Castello dove, tra le tante opere artistiche (e alcune anche di rilievo, come quelli di Emilio Greco) sono esposte le fotografie di Giuseppe Leone, il fotografo amico di Consolo Sciascia e Bufalino. Ai tre scrittori e a Consolo in particolare è dedicata l’esposizione di questi scatti in bianco e nero nella stanza dalle cui finestre si vede il mare e, in lontananza, le isole Eolie. Paesaggio che Consolo amava, luoghi che lo segnarono in qualche modo: “Non si nasce in un luogo senza essere subito segnati, nella carne, nell’anima da questo stesso luogo. Il quale, con gli anni, con l’inesorabile, crudele procedere del tempo, si fa per sempre più sacro. Sacro per i fili degli affetti che man mano si moltiplicano e ci sostengono; per i fili dei ricordi, l’accumulo di memoria che il luogo, come prezioso reliquiario, in sé racchiude; memoria dolce di quelli che non sono più con noi; assiduo, presente ricordo di quelli che assieme a noi procedono… Sant’Agata dentro di me per sempre. Hieme et aestateb et prope et procul, com’era scolpito nella stele fogazzariana, io porto in me questo punto unico del mondo, questo paese: nello spazio in cui esso s’adagia, in questa campagna bella alle sue spalle, piena di contrade, d’abitanti… nel suo mare, spesso minaccioso, impraticabile, ch’era pericolo costante e fatica immane per i nostri pescatori: mi porto dentro fatalmente il reticolo delle sue vie, delle sue case, una folla di volti, un’infinita sequenza di gesti, e un concerto di voci, parole, frasi; mi porto dentro i suoi giorni e le sue notti, la sua luce e il suo buio”.

Parole tratte da “Memorie”, stampato in un piccolo formato per le edizioni Libreria Dante&Descartes: una cicca per lettori e appassionati di Vincenzo Consolo che ha voluto Claudio Masetta Milone che firma le pagine introduttive.

La pergamena del Premio Racalmare

Tornando alla “Casa Letteraria”, arredano gli ambienti tanti premi e riconoscimenti che lo scrittore ha ricevuto nel corso della sua vita. C’è la pergamena della laurea “honoris causa” in Filologia Moderna conferita dall’Università di Palermo, la pergamena del premio “Racalmare” firmata da un presidente d’eccezione, Leonardo Sciascia, ricevuto nel 1988 a Grotte.

Un luogo di preziosa memoria (aveva scritto che in “un paese in cui non c’è spazio per il linguaggio della letteratura e della poesia è un paese perduto, senza speranza”) nella terra dove Vincenzo Consolo è tornato alla fine del suo viaggio in questo pianeta. Era nato nel 1933. E’ morto a Milano il 21 gennaio di dieci anni fa ed è sepolto qui, nel suo paese natale, nella cappella di famiglia. Quasi a vigilare ancora sul destino di questo suo luogo amato.

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