Sei padre quando senti la responsabilità dei tuoi figli, quando sei il calore dei loro abbracci, quando sei l’incitamento dei loro primi passi, quando sei la medicina del loro dolore, quando sei la giostra della loro voglia di divertirsi, quando sei la forza che ancora non hanno.
Essere padre, oggi come ieri. Oggi perché sono padre, ieri perché sono stato figlio e ho avuto un padre.
La festa del papà, dunque, arriva per festeggiare e per essere festeggiati con dolci, cravatte, berretti, libri e altro. Un regalo materiale è un classico ed è sponsorizzato dalla pubblicità della vigilia e fortemente auspicato dai titolari dei negozi. C’è chi ci tiene, c’è chi non pensa ad altro. Il regalo vero è però l’elettricità che si attiva più forte senza alcun costo nella bolletta dell’affetto, perché è la vibrazione del filo invisibile che collega chi ha generato la vita e chi è stato messo al mondo.
La paternità è il legame che unisce, che ti fa battere il cuore, che ti stringe lo stomaco, che ti rende responsabile di una creatura dall’istante della sua nascita, che ti fa piangere quando è ferita, che ti fa gioire quando la vedi sorridere, che ti inorgoglisce quando supera con le proprie forze gli ostacoli.
E tante domande te le rivolgi anche da figlio: avrei potuto essere un figlio migliore? Avrei potuto essere più comprensivo nei confronti di papà? Gli avrei potuto rendere meno complicato il compito? Perché noi figli siamo difficili e pretendiamo, pretendiamo.
Andiamo avanti per modelli, su come si debba essere padri e su come si debba essere figli. Ci sono pure dei manuali. C’è pure la scienza con tanto di consigli da mettere in pratica. Ma a volte la vita non ti mette nelle ottimali condizioni per essere quel padre che avresti voluto essere, per non far mancare nulla ai tuoi figli.
Esistono nella casistica – è giusto non ometterlo – anche padri che non riescono a essere padri, che non diventeranno mai padri neanche con operazioni chirurgiche, farmaci, corsi di formazione, sostegni finanziari. Gli esperti parlano di competenze genitoriali che mancano, che non si sono alimentate, sviluppate. Ma siamo nel patologico e, purtroppo, a volte anche nel giudiziario.
Sei padre quando senti la responsabilità dei tuoi figli, quando sei il calore dei loro abbracci, quando sei l’incitamento dei loro primi passi, quando sei la medicina del loro dolore, quando sei la giostra della loro voglia di divertimento, quando sei la forza che ancora non hanno, quando sei la rete delle loro cadute, quando sei la mano che l’aiuta a rialzarsi, quando sei il pane per la loro fame e l’acqua per la loro sete, quando sei lo sprone delle loro incertezze, quando sei il no delle loro esagerazioni, quando sei il nido da cui imparano a volare liberi da ogni catena.
Padre lo sarai per sempre, fino all’ultimo respiro. La natura non ha stabilito una scadenza. Per la verità, il padre continua a vivere anche dopo l’esperienza terrena, nello spirito e nella carne dei figli così come la madre. Genitori si è in due. Ma padre e madre si festeggiano separatamente, quando si potrebbero festeggiare assieme in un’unica ricorrenza. Ma va bene così. Festeggiamo i padri, con un pensiero a chi non c’è più, a chi nella tragedia di una guerra ha perduto la vita o per difendere la propria Patria o per rispondere all’ordine di invadere la terra di un proprio fratello. Padri che hanno lasciato orfani i propri figli e vedove le proprie mogli.