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Cristo si è fermato a Grotte. Dove ogni anno muore due volte

Gesù muore il Giovedì, ma, misteriosamente, il venerdì mattina risorge, per tornare poi a morire poche ore dopo. Così vuole un’antica tradizione del paese. Oggi, forse, i tempi sono maturi per rivedere questa tradizione. La proposta di Mimmo Butera

Mimmo. Sempre con noi. Rileggiamo i suoi scritti

Qualcuno in passato, con provocatoria ed insolente ironia, ha definito Grotte il paese in cui Cristo muore due volte. E’ lampante il riferimento alla tradizione singolare, che da tempo si svolge nel nostro comune e che vede lo svolgimento della processione del giovedì santo , in cui la statua del Cristo morto, adagiata nell’urna, viene condotta solennemente al Calvario. Ecco questo evidente vulnus storico, questo palese stravolgimento dei dati teologico-biografici e delle prescrizioni evangeliche può trovare un credibile sostegno, un’insormontabile giustificazione, invocando la vetusta ed imperturbabile consuetudine della tradizione?

Ricordiamo che negli anni ’50, un arciprete, tentò, con l’avallo vescovile, di impedire che la celebrazione contestata del giovedì santo avesse luogo. Tale improvvida iniziativa scatenò una virulenta reazione popolare, sedata, prima che tracimasse in vera e propria rivolta, dall’intervento dell’allora mitico sindaco Salvatore Carlisi, che indusse il temerario sacerdote, nel frattempo barricatosi sul campanile, a consegnare le chiavi della chiesa , in modo che la processione potesse avere inizio. L’impetuosa iniziativa dei fedeli, forse fu provocata anche dalla contraddittoria fama del prete, oltre che da un adesione religiosa che sembrava sconfinare, in quella triste realtà sociale, nel vituperato fanatismo.

Ma erano altri tempi! Adesso impera la secolarizzazione dei costumi, la materialità, che regolamenta ed ispira le relazioni, ha avvizzito ogni tensione spirituale ed etica. Ed accanto al tracollo di rispettabili forme di devozione religiosa, che prima potevano lambire la superstizione, si assiste, ora, alla superficialità dei contegni morali e di fede.

La festa della settimana santa è sempre stata motivo di orgoglio per tutti i grottesi. Accomuna nei ricordi, nella nostalgia, i tanti che non vivono più in paese. Ma tutti possiamo agevolmente constatare che l’entusiasmo e la partecipazione alle processioni sono costantemente scemate. Questo fenomeno è particolarmente manifesto proprio il giovedì santo. La gerarchia cattolica locale ha sempre prudentemente tollerato questa ricorrenza religioso-folkloristica, ma non incoraggia sicuramente i fedeli a partecipare alla processione, evitando così di avallare quello che viene ritenuto un falso storico e religioso.

Settimana Santa a Grotte: Foto di Patrizia Mangione

In passato abbiamo assistito a meritori ed interessanti tentativi di rinvigorire le rappresentazioni della settimana santa: è stato approntato un nuovo allestimento scenografico per la recita dell’ultima cena”, è stata inserita la colonna sonora per sottolineare alcuni passaggi intensi della passione; è stata introdotta la drammatizzazione del processo e della fustigazione di Gesù, la mattina del venerdì santo. Si tratta di momenti recitativi efficaci e spettacolari, pur non essendo contemplati nel teso originale dell’Orioles. Si è inoltre proceduto all’acquisto di veri costumi teatrali per i diversi ruoli interpretati. Perche’, allora, non troviamo anche delle soluzioni per impedire la lenta ed inesorabile agonia del Giovedi’ Santo?

Evitando rigide contrapposizioni tra i fautori di un superato integralismo astorico ed i sostenitori di un’inappellabile soppressione della cerimonia , in nome di una presunta adesione ai fondamenti evangelici. Perche, non trovare delle proposte alternative valide ed aggreganti per trasformare ed arricchire la ricorrenza?

Si potrebbe abbozzare questo suggerimento: sostituire nella processione del giovedì alla statua del Cristo morto nell’urna, il simulacro del Cristo incatenato, che solennemente scortato dai carcerieri “giudei”, venga imprigionato nella cappella del calvario. La tradizionale veglia potrebbe assumere un’implicazione di profonda spiritualità, in quanto, attraverso la preghiera, i fedeli sembrerebbero plasticamente riunirsi attorno a nostro Signore nella travagliata attesa del supplizio.

Questo momento assumerebbe una valenza religiosa ed umana a quella della veglia tradizionale accanto alla statua di un Cristo morto con incongruo anticipo. Sarebbe, infatti, espressione di conforto e mistica tristezza verso l’innocente ingiustamente condannato. L’urna, poi, potrebbe seguire, vuota, la statua del Cristo incatenato, ad evocare con sinistra terribilità l’imminente martirio.

Tutto l’impianto strutturale del Giovedì Santo sarebbe conservato, ma subirebbe una profonda innovazione che supererebbe le resistenze dei critici e rinvigorirebbe il ruolo degli stessi attori, che animano la festa. Il gruppo dei cosiddetti “giudei” è costituito da giovani che con sacrificio, spirito di abnegazione e passione si dedicano alla preparazione ed allo svolgimento dei diversi momenti della settimana santa, perpetuando una tradizione nella quale comunque ci riconosciamo.

L’adesione a queste istanze di necessaria evoluzione espliciterebbe il loro sincero e devoto attaccamento alla nostra tradizione religiosa e popolare. E, soprattutto, il loro responsabile e sensibile contegno smentirebbe coloro, che scettici e riottosi hanno sempre sostenuto che si tratta di una masnada di esagitati, protesa ad imporre con permalosa arroganza le proprie decisioni, rendendo quasi ostaggio dei loro impeti la comunità nel corso della settimana santa.

Da malgradotuttoweb, 2 aprile 2015

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