Quel giorno, con il ministro Martelli e con Falcone e Borsellino, nel paese di Sciascia c’era anche lei, lontana dai riflettori. Il racconto inedito nel romanzo di Felice Cavallaro dedicato ad una storia d’amore in piena guerra di mafia
Un amore limpido in un cielo di terrore, scrive Ferruccio de Bortoli. Poche parole per delineare perfettamente la storia d’amore di Francesca Morvillo e Giovanni Falcone. Una storia di sentimenti forti vissuti in un tempo in cui la guerra era qui, in Sicilia. La sanguinosa guerra di mafia combattuta da uomini e donne dello Stato che non sempre ha saputo stare dalla parte di chi ha dato la vita per la legalità e per la giustizia per una Sicilia (e un’Italia) libera dalle mafie. Una storia d’amore che irrompe trent’anni dopo le bombe di Capaci e Via d’Amelio. Trent’anni dopo l’apocalisse che oggi i ragazzi studiano nei libri di storia. E lui, l’autore del libro pubblicato da Solferino, quelle vicende le ha raccontate tutte. Da cronista e da inviato del “Corriere della Sera”.
Felice Cavallaro, il giornalista che ha scritto Francesca, ha vissuto e raccontato fatti di mezzo secolo fa che ora riemergono in un contesto nuovo, diverso. Dentro, appunto, le pagine di una storia d’amore. Dentro le ansie di una donna, preoccupata per il suo uomo, spettatrice del dolore di altre donne, mamme, figlie, sorelle. In pagine che scorrono veloci perché accompagnano chi legge nelle sfere private di Francesca Morvillo e Giovanni Falcone, di questa coppia che solo dentro le mura di casa poteva trovare protezione e serenità.
Cavallaro conosceva bene Falcone. E lo ha conosciuto anche grazie a Francesca Morvillo. E quel giorno a Racalmuto, quando la città ospitò i due giudici simbolo della lotta alla mafia nella piazza Castello assieme al ministro Claudio Martelli per la manifestazione “Il paese della ragione” ideata proprio da Cavallaro che qui ha radici salde e affetti forti, c’era anche lei. Venuta per incontrare il suo Giovanni.
Nessuno sapeva. Nessuno doveva sapere. Giovanni Falcone era seduto in prima fila. Era stato, prima di raggiungere Racalmuto, a Canicattì per incontrare gli anziani genitori del giudice Livatino. Martelli e Borsellino pronti a raggiungere il palco per il confronto sui professionisti dell’antimafia e le parole di Sciascia. La Morvillo, da poco passata in Corte di appello, resta mimetizzata tra il numeroso pubblico. Nessuno doveva sapere.
A manifestazione finita, quando Borsellino chiarirà che non ci fu nessuno scontro tra lui e il grande scrittore di Racalmuto che nell’87 aveva firmato quel noto articolo per il “Corriere”, Falcone e la moglie s’incontrarono di nascosto per poi raggiungere assieme Palermo. Finalmente vicini, finalmente assieme. Un piccolo curioso momento che diventa metafora di un rapporto d’amore fatto di rinunce e privazioni.
Quello che successe dopo quest’episodio, che emerge solo ora grazie al libro di Cavallaro, e soprattutto quel che è successo prima, tra Francesca e Giovanni Falcone, e in Sicilia, è tutto raccontato nel libro. Che, come sostiene giustamente Gaetano Savatteri, “riempie spazi vuoti, provando ad immaginare, attraverso testimonianze dirette e documenti, la storia di un matrimonio tra due giudici”.
Due magistrati che in quel viaggio di ritorno da Racalmuto – quel 5 luglio del 1991, un anno prima delle bombe – andavano incontro al loro destino.
Il libro è stato definito un reportage romanzato. Dentro le ansie di Francesca filtra un pezzo di storia siciliana. A leggerlo sembra una sceneggiatura, per i dialoghi ben strutturati, la descrizione esatta delle scene, come ha scritto Dacia Maraini che oggi presenta il romanzo a Roma con Gaetano Savatteri e Alfredo Morvillo