Fra Biagio Conte, un laico al servizio dei poveri
Palermo il 12 gennaio ha perduto il suo figlio più vicino alla santità. E’ morto l’uomo col saio verde e la barba scura che da decenni ricordava a tutti noi che il terzo mondo (di cui si prendeva cura) l’avevamo sotto casa. Se n’è andato a 59 anni il missionario laico che per a lungo ha portato pane e conforto di notte nelle stazioni fredde e affollate di disperati, sui marciapiedi adattati a giaciglio, sotto i portici che all’imbrunire si addobbano con letti di cartone.
Biagio Conte, il santo laico come viene chiamato, è morto nel suo alloggio di via Decollati, strada depressa e povera di Palermo dove ha sede la Missione Speranza e Carità che lui ha fondato, a partire dagli anni Novanta. Fino a quando ha avuto le forze ha chiesto che il suo lavoro continuasse: «Abbiate speranza, non perdetela mai». Accanto a lui sino alla fine i collaboratori, gli assistenti, i volontari che lo hanno seguito nel cammino a difesa e a sostegno di comunità dolenti e perse. Si sapeva che se ne stava andando, da mesi combatteva da tempo contro il cancro.
Dici Biagio Conte e dici solidarietà, pronunci il suo nome e pensi al rifugio caldo che sono le sue residenze per chi è solo o in fuga o smarrito. Per donne e uomini senza bussola i suoi occhi vividi e scintillanti hanno rappresentato il faro cui aggrapparsi prima del naufragio, il punto di riferimento alla fine di ogni speranza. Le sue «case» di via Archirafi, via Decollati, via Garibaldi (e le altre sparse per la Sicilia) erano il paese delle ultime cose. A Palermo se non hai nulla e non sai dove andare allora vai da Biagio Conte. Negli anni ha aperto le porte a extracomunitari, senzatetto, diseredati, ragazze-madri, uomini in difficoltà, ragazzi senza conforto, dannati senza speranza senza guardare quale Dio pregassero e di che paese fossero. A schiere di volontari ha fatto scoprire la bellezza di stare dalla parte degli ultimi, a certi preti insegnato cosa è il Vangelo. Quello di Matteo, soprattutto: «Avevo fame e mi avete dato da mangiare…».
Nei cinque giorni della camera ardente allestita nella chiesa all’interno della missione migliaia di persone si sono messe in fila per l’ultimo saluto a Biagio. E quando già era in coma si sono susseguite veglie, sedute di preghiera, messe. Tutti lì a sperare in un miracolo. Ma viene il momento in cui bisogna andare e non c’è deroga nemmeno per chi, come diceva un filosofo «il suo agire lo qualifica come santo».
La prima autorità ad arrivare quando è morto è stato l’arcivescovo Corrado Lorefice che ha definito l’opera di Biagio «esempio fulgido che lascia a tutti noi una grande eredità». Sulla soglia della baracchetta che ospita il corpo c’è un vecchio messaggio malinconico: «Non posso rispondere a nessuno, ma sappiate che pregherò per tutti voi».
«Certo, il problema è il dopo – sintetizza lucidamente Leoluca Orlando, ex sindaco di Palermo-. Che accadrà dopo di lui? E i suoi poveri? Noi – confessa acutamente – avevamo delegato a lui la questione di chi sta ai margini, il grande tema della povertà. Ma ora?». Domande e dubbi che oggi tormentano tutti. Ed era la stessa domanda che si leggeva ai funerali in cattedrale nei volti affranti di uomini e donne silenziosi e in lacrime che dalla landa desolata della loro vita sembrano dire «cosa ne sarà di noi?». Perché, alla fine, come in tutte le tragedie, sono gli ultimi a pagare il prezzo più alto, sanno che tornare derelitti e naufraghi è questione di niente, basta una distrazione del destino ed è di nuovo un tuffo ne mare nero. E mai come in questo caso si possono usare le parole di uno scrittore e dire «che solo gli emarginati lo piangeranno, perché degli emarginati è il lutto».
Se ne è andato accompagnato da una folla di diecimila persone dentro a una bara realizzata con le traversine della ferrovie nei laboratori della missione di via Decollati. In un angolo della chiesa è stato inumato con una «sepoltura privilegiata» autorizzata dalla Regione, come si chiama tecnicamente una tomba fuori dai cimiteri. «Santo subito», è stato il commeto e l’augurio più ascoltato. Ma forse è già santo senza bisogno dei bolli l’uomo che ha cercato di offrire dignità a un’umanità negletta.