Stelio Zaccaria, giornalista a tutto tondo e di lungo corso, per tanti anni a capo della redazione di Agrigento del Giornale La Sicilia, racconta a Malgrado tutto la sua esperienza professionale ultratrentennale.
“Fin da bambino in casa mia si parlava di giornalismo. La figura di mio zio Domenico, giornalista corrispondente del giornale La Sicilia e figura molto nota in città mi affascinava molto. Ma non era l’unico giornalista della famiglia. C’era anche suo fratello Alfonso, uomo di grande cultura, traduttore di testi stranieri per alcune case editrici e autore di saggi teatrali e libri di poesie. Era una figura più schiva del fratello, quasi come mio padre, ma era molto apprezzato nell’ambiente letterario agrigentino. Ricordo quando la domenica pomeriggio con la famiglia andavamo a trovare i nonni paterni, le riunioni di mio zio con i suoi amici Leonardo Sciascia, Pietro Amato ed Enzo Alessi. Ma c’era un terzo zio giornalista, fratello di mia madre, preside in una scuola del bresciano, che scriveva per il quotidiano Bresciaoggi. Come vedi, con tutto questo giornalismo in casa, come avrei potuto “esimermi” dal diventarlo anch’io”.
Racconta così Stelio Zaccaria la scelta di fare il giornalista. Una lunga carriera la sua, iniziata quando era ancora giovanissimo nella redazione di Agrigento del Giornale La Sicilia, che ha diretto per decenni fino al 31 luglio 2018, giorno in cui è andato in pensione con la qualifica di Vice Capo Redattore. Nel frattempo lo stesso gruppo editoriale per cui ha lavorato lo ha nominato projet manager della Fondazione Domenico Sanfilippo Editore, che si occupa della promozione dell’archivio dello stesso quotidiano, chiedendogli anche una collaborazione esterna con la preparazione di pagine monografiche. Durante la sua carriera Zaccaria ha avuto diverse altre collaborazioni, come quella ventennale per la Gazzetta del Sud, per alcuni anni con il settimanale Gente e per un paio di anni con Studio Aperto, il Tg di Italia Uno. Ha anche fondato alcuni siti d’informazione come Agrigentonotizie, Agrigentoflash e Agrigentopress. A tutto questo vanno aggiunti anche i tanti corsi di giornalismo nelle scuole e di aggiornamento per i colleghi. Attualmente è dirigente del dipartimento cultura dell’Aics provinciale, presidente dell’Associazione Welcome Tourist Agrigento e portavoce della Pro Loco Agrigento.
Un Giornalista a tutto tondo e di lungo corso, Stelio Zaccaria, che tanto ha raccontato e tanto ha ancora da raccontare.
Tutto è cominciato nel 1985 nella redazione di Agrigento de La Sicilia. Quali sono i tuoi ricordi?
Bellissimi, anche se raccontare 33 anni di vita in poche righe è quasi impossibile. Giocoforza dovrò sintetizzare il tutto saltando parti e nomi di questa avventura. Ma cominciamo dall’inizio: Durante l’estate ci frequentavamo con mio zio Domenico e sua figlia Linda. E a lei dissi che mi sarebbe piaciuto collaborare al giornale. Lei lo disse a suo padre che mi invitò subito ad andare a trovarlo in redazione, cosa che feci immediatamente. Allora la redazione era molto piccola: due stanze e un bagno. Sempre in via Cesare Battisti. Confermai le mie intenzioni e lui mi diede i primi consigli. Mi affidò alle cure di Totò Fucà e scrissi la mia prima flash in una piccola macchina da scrivere seduto in un tavolinetto dattilo. Allora la gavetta era abbastanza dura. Fucà me la fece scrivere almeno altre due volte. E ogni volta infilavo il foglio marginato ai lati nella piccola “Olivetti lettera 32”, quando finivo gliela portavo e lui me la correggeva e appallottolava il foglio. Ero mortificato, ma al tempo stesso contento. Stavo cominciando a fare il giornalista, anche se part time. In quel tempo, infatti, si andava in redazione solo nel pomeriggio e per un paio d’ore. Poi il giornale decise di potenziare la sua presenza ad Agrigento trasformando l’ufficio di corrispondenza in redazione. Arrivò Antonello Piraneo da Catania a dirigere la squadra e venne assunto Franco Castaldo come redattore. Io venni contrattualizzato e nel 1991 assunto anch’io quale redattore. Da allora è stato un vortice di eventi, esperienze di tutti i generi, l’ultima delle quali nel luglio scorso quando abbiamo trattato il mio prepensionamento ai sensi della legge 416 che disciplina lo stato di crisi delle aziende editoriali e che mi ha collocato a riposo dal primo agosto 2018 con la qualifica di vice caporedattore.
Ci racconti che città era allora Agrigento
Agrigento è sempre stata una città problematica. Allora c’era prevalente l’emergenza idrica mentre la mafia riempiva di morti le nostre strade. Si sognava l’aeroporto e si discuteva di abusivismo edilizio e di strade. Il Comune era più seguito, sia dal punto di vista dell’amministrazione che del Consiglio Comunale. Anche i Templi erano più distanti e non venivano ancora percepiti come un bene della e per la città.
E oggi
Oggi molte cose sono cambiate. Il problema dell’abusivismo edilizio non è più grave come lo era allora. Anche l’emergenza idrica è stata superata. Ci sono problemi ma di natura diversa. La Valle dei Templi viene percepita come una risorsa da sfruttare ma ci sono altri problemi, come la gravissima crisi economica e l’emigrazione dei giovani che sta svuotando le nostre città e che ha di fatto creato un esubero d’immobili che vengono enormemente svalutati. Diminuisce l’impegno dei e per i giovani e si cominciano a svuotare anche le scuole che devono venire accorpate per non essere chiuse. L’università ad Agrigento non ferma questo flusso e devo anche dire che nemmeno quelle siciliane riescono in questo ruolo.
Qual è la tua opinione rispetto a come la città è stata governata negli ultimi trent’anni
Certamente sono stati commessi molti errori, ma la situazione in generale non riguarda solo Agrigento e la sua provincia. Un tempo c’erano delle entrate diverse per i Comuni. Si investiva di più e c’era più economia. C’erano i concorsi e anche la nostra provincia viveva in prevalenza di pubblico impiego. Magari molto clientelare. Oggi non si può fare nemmeno questo. Anche i politici di una volta sono andati in crisi. Non c’è più molto da promettere… Per questo da un punto di vista si sta diffondendo la politica populista dall’altro si sta facendo di necessità virtù e nascono le strutture di accoglienza (magari troppe), le iniziative private, le associazioni e i consorzi. Insomma ci si organizza per sfruttare al massimo quello che si ha e così poter sopravvivere.
Quali sono, secondo il tuo punto di vista, le principali sfide che attendono il nostro territorio
Io sono un pragmatico e cerco sempre di avere una helicopter view della situazione. Qualsiasi cosa venga affrontata “singolarmente” non risolve il problema generale dello svuotamento delle nostre città. I giovani dopo il liceo se ne vanno. Si comincia con l’Università, ma non si torna più se non per le vacanze. Le conseguenze sono drammatiche. C’è una contrazione di tutto e manca la capacità di costruire qualcosa. Crollano le economie edilizie e commerciali e si mettono serie ipoteche sullo sviluppo futuro. Per me il primo problema da affrontare è questa emorragia di linfa vitale. Bisogna capire come fermare questo fenomeno. Con il ritorno dei giovani, magari superpreparati e con il loro contributo di ingegno e conoscenze moderne si potrà far riprendere questo territorio.
“Per decenni, da responsabile della redazione de “La Sicilia”, è stato uno dei punti di riferimento indiscussi del giornalismo agrigentino. Ha raccontato e ha fatto raccontare la sua terra intrisa di mille problemi ma anche di splendide storie di rinascita…”. E’ un passaggio della motivazione del premio alla carriera dell’Assostampa che ti è stato recentemente conferito. Quanto impegno ha richiesto tutto questo?
Solo ora che mi sono “quasi” fermato capisco quanto mi ha assorbito questa professione e quanto tempo ho tolto ai miei affetti. Il giornalismo praticamente si “vive” 24 ore al giorno. Non c’è un momento di sosta. Il telefono è sempre acceso e se non lo è, arrivano i messaggi o le mail. Da capo servizi non potevo staccare la spina e lasciare la squadra senza una guida. Anche nel giorno libero, le domenica e anche nei giorni di festa arrivavano chiamate o messaggi. Il giornale non si ferma mai, nemmeno quando è chiuso. E’ un vortice che ti prende. Ricordo che quando andavo in ferie il primo giorno ero quasi stordito dall’inattività e il giorno in cui rientravo mi sentivo inadeguato.
Storie di rinascita, ti va di ricordarne qualcuna?
Nell’ottica della mia attuale preoccupazione ci sono stati giovani che mi hanno fatto sperare per il futuro. Mi riferisco a Daniela Vetro, disegnatrice della Walt Disney che ha voluto rimanere nella sua Favara e a Fulvio Schichilone, programmatore per app della Apple, che rimane a lavorare a San Leone. Grande apprezzamento anche per Gaetano Aronica, che ha deciso di ritornare a svolgere al teatro Pirandello la sua attività professionale prevalente.
Una storia che non avresti mai voluto raccontare
Non la dimenticherò mai. Una volta il giornale mi mandò a Bivona per scrivere la storia di un ragazzino che si era suicidato perché i genitori gli avevano negato il motorino. Non era una cattiveria. Il ragazzino qualche settimana prima era caduto con quel motorino e il compagnetto che aveva dietro era morto. I genitori erano spaventatissimi e non volevano che guidasse più quella moto. Ma lui non ne volle sapere. Andò nel magazzino di nascosto, prese la moto, andò al cimitero e s’impiccò sulla tomba dell’amico morto nell’incidente. Io andai sul posto, andai a casa della famiglia e c’era ancora il suo corpicino ricoperto da un velo. Ricordo che piansi per tutta la strada del ritorno in città. Ma piansi anche per Giuseppe Clemente, il piccolo eroe di Palma di Montechiaro morto per avere difeso la madre e per Stefano Pompeo, morto innocente in una guerra di mafia.
Sei anche stato segretario provinciale dell’Assostampa. Quali sono oggi i principali problemi con i quali il giornalista, soprattutto nel nostro territorio, deve confrontarsi e quanto sta influendo la crisi dei giornali e delle tv private?
L’informazione è cambiata. Radicalmente e drasticamente. Ha influito certamente il legislatore che non ha regolamentato la materia adeguatamente ma anche la tecnologia, vedi social media e digitale terreste. Ormai tutti fanno tutto. Tutti sono esperti di politica, di cronaca, di sport o di costume. Non c’è più nessun controllo delle notizie. Ma non dal punto di vista della censura, quanto della verifica. Le fake news ormai sono una realtà con la quale conviviamo e chiunque si mette davanti a un telefonino e dice quello che vuole. Senza un ritorno alle regole, difendere la categoria in questo contesto è praticamente impossibile. Biagi, Scalfari o Cannavò nella bagarre di Facebook verrebbero trascinati nel fango dalla “signora Pina”, attenta telespettatrice di “Uomini e donne”, o del “Grande Fratello”.
“Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore”. Ricordava Montanelli ai giovani. Tu quali altri consigli aggiungeresti?
I tempi sono cambiati rispetto a Montanelli. Oggi la professione di giornalista non è come una volta. Oserei dire che non ci sono più i grandi editori che possono pagarli. Chiudono i giornali e le televisioni. Si lavora per pochi spiccioli e non sempre vengono dati. E’ difficile vivere di giornalismo. Forse per questo si scelgono le strade più previ dei social, dei blog o dei siti internet fai da te. Ma, senza offesa per nessuno, questo non è giornalismo. Non c’è preparazione, non c’è tradizione, non c’è guida e non c’è controllo. Insomma non c’è niente di giornalistico.
Sciascia sosteneva che il ruolo dei giornali, soprattutto quelli locali, deve essere di opposizione concreta al potere. In che misura secondo te oggi questo avviene
Ho conosciuto Sciascia personalmente. Era un uomo di grande intelletto e di grande cultura. Ma era un uomo. Ha avuto delle splendide intuizioni. Ma si è anche candidato. Io non penso che un giornale debba avere un ruolo di opposizione concreta al potere. Un giornale per me deve informare i suoi lettori di tutto quello che avviene. Il discernimento deve essere di chi legge. Altrimenti si diventa degli influencer, come si dice ultimamente, ovvero persone che devono influenzare la massa. E non mi sembra democratico.
“Stranamente, non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso, ma continuiamo a non sapere cosa succede”. Come vanno lette da un giornalista le parole di Papa Francesco.
E’ la sintesi di quello che abbiamo scritto finora. Tutti scrivono. Tutti credono di dover influenzare la massa ma non ci sono quasi più i giornalisti del Watergate di Nixon.
Oggi hai un ruolo importante all’interno della fondazione del giornale La Sicilia. Raccontaci questa tua nuova esperienza
E’ una vita del tutto nuova e sono ancora nella fase di studio. Ho mantenuto la mia stanza all’interno della redazione di Agrigento, ma devo occuparmi della valorizzazione del patrimonio giornalistico e fotografico del nostro giornale, che è una risorsa storica dell’Isola. In questo contesto ho già sottoscritto l’accordo per Agrigento Capitale della Cultura e per i 2600 anni di storia della città. Ho sottoscritto anche l’accordo con l’associazione “Le strade del vino e dei Sapori – Valle dei Templi” e uno con il Parco Archeologico Valle dei Templi. Altri progetti sono ora in cantiere per i prossimi mesi.
Per concludere Se dovessi sintetizzare in poche righe la tua esperienza ultratrentennale di giornalista cosa ti sentiresti di dire?
Ne è valsa la pena!
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Da Malgradotuttoweb 3 febbraio 2019