Fondato a Racalmuto nel 1980

Salvatore Restivo, il padre di “Malgrado tutto”

STORIE Presto fu lui il perno attorno al quale girava quel piccolo miracolo editoriale che ancora sopravvive, sia pure in altre forme

Il Prof. Salvatore Restivo

Ce l’ho nelle orecchie la sua voce. Forte, chiara, un po’ stentorea. Allenata a imporsi sul brusio argentino di una classe di scolari. Ha passato una vita dietro una cattedra, come la maggior parte dei personaggi che ha affollato  il milieu intellettuale racalmutese del Dopoguerra. Da quando non c’è più, ci ha lasciati nel settembre del 2017, mi viene di chiamarlo Totòrestivo, un’unica parola, così come facevano mio padre, mio suocero quando parlavano di lui; come facevano i suoi colleghi che sono stati i maestri e le maestre di scuola della mia generazione, i maestri di Regalpetra.

Per quelli della mia età il rappresentò il modello perfetto del precettore: cappello, soprabito beige, vestito grigio, occhiali, poche parole, una certa severità. Totòrestivo era un nome familiare a casa mia. Collega di mio padre di qualche anno più piccolo, in gioventù si trovarono a condividere un certo modo di intendere il loro tempo, l’Italia, il mondo.

Quando mio padre morì, ormai nel lontano 2002, Totòrestivo venne a trovarci a casa e piangeva come una fontana. Un sentimento sincero, un dolore vero. Si abbandonò, mettendosi a nudo, lui così misurato e rigoroso, a lacrime copiose. Scoprii  il suo lato fatto di emozione e paura, di sgomento e rabbia. E ho riflettuto sul fatto che in quel momento crollava l’immagine che fin lì mi ero portato appresso di una persona algida, conseguenza della sua fama di docente esigente ai miei occhi di bambino, e subentrava quella di un uomo impastato di sentimento. Il suo atteggiamento, come molti suoi colleghi maschi, a un ragazzino poteva dare la sensazione di distacco; c’era in realtà un’idea di pedagogia che teneva al rispetto dei ruoli, a evitare confusioni, a riconoscere l’autorità, a concentrarsi sulle cose da fare, visione comune a tutta la categoria di insegnanti dell’epoca. Era un modo per “formare” uomini e donne sin dai primi anni di vita, che sono poi quelli che ti segnano e ti rendono quello che sei, mettendoli alla prova con una certa, soffice durezza.

Pensando al padre di Gigi e di Gaetano, il ricordo più vivo è quello di un uomo buono, che ti salutava sempre con un sorriso largo. Apparteneva a quella schiera di persone d’ordine, oneste e precise; di quella precisione che somigliava alla diligenza e non alla mania o all’ossessione. Una precisione, però, mai a senso unico. Se ti chiedeva un libro in prestito, o una foto o un documento potevi giurare che sarebbe ritornato al suo posto senza una piega, tanto per dire. Anche lui in questo era generoso: si fidava. Per questo ti prestava qualsiasi cosa se veramente ti serviva. Col patto di trattarla bene, di restituirla.

Aveva conoscenza vasta di uomini e cose del paese. Era amico di Sciascia con cui spesso parlava di aneddoti e fatti antichi. Le sue storie di personaggi racalmutesi, i dettagli delle loro vite e delle loro opere chi vuole può ancora sfogliarli dai piccoli libretti che ci ha lasciato.

Essere puntuali e accurati era un modo per rispettare gli altri. Ed è figlio di questa concezione della vita, il desiderio che tentò sempre di concretizzare (ma non ci riusciva solo per colpa nostra: un po’ svogliati un po’ lunatici, vero Gigi? Vero Tano? Vero Totò?)  di pubblicare con puntualità Malgrado tutto. Non so quanti soldi abbia messo di tasca sua per spedire le copie del giornale in giro per il mondo. Quando ci siamo dispersi per l’Italia, ogni settimana – generalmente di domenica – ricevevamo una telefonata dal Professore. “In mezzo ai vostri impegni, pensate anche al giornale ché gli emigrati aspettano, gli abbonati ci tengono a riceverlo”.

Era il ritornello gentile con cui ci pressava perché consegnassimo al mite, mitico e glorioso Lillo Vitello i nostri articoli.  Presto fu lui il perno attorno al quale girava quel piccolo miracolo editoriale che ancora sopravvive, sia pure in altre forme. E si deve anche (forse soprattutto) a Totòrestivo se l’avventura di quel foglio – che fu la nostra palestra intellettuale e, per alcuni, professionale – stia proseguendo così a lungo. Davvero lui è stato il padre di “Malgrado tutto”. E la sua morte – così come, negli anni, quella di Nicogiangreco, Lillosavatteri, Nicomacaluso, Peppedelfino, Fofòfarrauto, Lillofucà, Peppimatina, Tanoiacono, Lillomarchese, ovviamente Nanàsciascia, e di tanti altri ancora – segna anche la lenta scomparsa di Regalpetra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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