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“Scemo chi legge!”. Quando i bigliettini erano il nostro Messanger

 E mentre la tecnologia avanza i “pizzini” a scuola non tramontano mai

Valeria Iannuzzo

“Scemo chi legge!”. Non ditemi che non vi era mai capitato. Non fate le vittime sostenendo che questo messaggio vi ha colto di sorpresa. Non ci crederei, perché il compagno di classe scemo ce lo abbiamo avuto tutti. Che piacere ci trovasse a scrivere questi pizzini non lo so. Di fatto ricordo benissimo che si sbellicava dalle risate ogni qual volta l’ignaro destinatario recuperava al volo il pizzino e si affrettava a leggerlo. Lo sapevamo tutti che era scemo, ma ci faceva incavolare lo stesso. Le più perfide, per vendicarsi, lo portavano alla maestra, che puntualmente, con voce stridula, si alzava e chiedeva: “Si faccia avanti chi ha scritto questo bigliettino, altrimenti vi punisco tutti”. E finiva o che puniva tutti o che qualche Giuda cantasse.

Comunque i bigliettini, chiamati anche pizzini, erano il nostro Messanger senza fili. Li usavano per ogni necessità: risultato di un problema, richiesta di materiale di facile consumo, dichiarazioni d’amore, sciarra con i compagni. Volavano rapidi e furtivi tutte le volte che la maestra abbassava lo sguardo. Alla velocità della luce, qualcuno strappava l’angolo di una pagina, buttava giù i suoi pensieri, ripiegava alla meglio il pizzino e il messaggio era pronto per decollare.

“Antonio ama Lucia” era la dichiarazione d’amore anonima più ricorrente. Peccato però che Antonio non ne sapesse nulla di quell’amore e che Lucia, quasi sempre, accogliesse il pizzino con improvviso pianto. Di fatto, il mittente del messaggio spesso si era inventato tutto o aveva tradito una confidenza appena accennata. Da qui ne venivano fuori sciarre e scazzottate. Diversa, ma ben più rara, era la circostanza in cui a Lucia Antonio piaceva e allora anche contro il volere di quest’ultimo finiva che si facevano ziti. Comunque, per interrompere il fidanzamento ci voleva poco: bastava un pizzino che ne annunciasse la fine.

Anni felici quelli vissuti tra i pizzini, che non ritorneranno mai più. Però, vi assicuro, che per quanto la tecnologia avanzi, in classe le cose non sono molto cambiate. Viste le restrizioni dei regolamenti scolastici e la conseguente impossibilità ad utilizzare strumenti digitali, i nostri studenti hanno recuperato l’antica messaggistica e si cimentano in questa semplice forma di comunicazione con discreto trasporto. Lo spirito dei messaggi è sempre lo stesso, ma i docenti, vista la personale e comprovata esperienza, oggi risultano meno sprovveduti rispetto a quelli di un tempo. Come dei veri detective, si spingono in perizie calligrafiche, scoprono gli angoli mancanti dei quaderni, riconoscono i tratti dei caratteri usati e persino l’inchiostro utilizzato. Ancor più facile è scoprire il mittente, quando su quel pizzino imprudente, oltre ad una dichiarazione d’amore sfugge qualche strafalcione grammaticale.

“Federico si e namorato di maria”.

Un docente, che ben conosce i suoi alunni, sa perfettamente chi scriverebbe un pizzino del genere, che oltre ad essere un vero e proprio oltraggio alla lingua italiana come dichiarazione d’amore di per sé, vi assicuro, stroncherebbe sul nascere qualsiasi fiamma.

In simili situazioni, i nostri studenti lo sanno bene, la tecnologia aiuta: il T9 se sapientemente utilizzato può risolvere parecchi problemi.

Ma alla fine il prodotto non cambia, con o senza T9, nella sostanza asini sono e asini rimangono.

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