“Lingua italiana, sessismo e rappresentazione delle donne”. Quando non si declinano correttamente al femminile professioni o incarichi apicali si tende a non potere o a non volere registrare dei mutamenti sociali
“Lingua italiana, sessismo e rappresentazione delle donne”, questo il tema del Convegno che si è svolto a Partanna, con il patrocinio del Comune, nell’ambito delle manifestazioni in occasione della Giornata Internazionale della donna, promosse dall’Associazione Palma Vitae che si occupa del contrasto alla violenza di genere.
Il Professore Giorgio Scichilone, Presidente del Polo Universitario di Trapani, ha reso possibile la realizzazione dell’evento invitando ad una lectio magistralis la docente Cecilia Robustelli, Ordinaria di Linguistica Italiana dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
Cecilia Robustelli è una studiosa tra le più prestigiose nell’ambito di questa tematica ed in particolare della storia della grammatica italiana, del rapporto tra lingua e genere e del sessismo linguistico. Innumerevoli le sue prestigiose collaborazioni con enti italiani (Accademia della Crusca) ed altri enti in ambito europeo. Dal 2022 fa parte del Comitato scientifico dell’Ordine dei Giornalisti della Toscana e sempre nello stesso anno è stata nominata da ”Forbes” tra le 100 donne più importanti d’Italia.
La prima tappa siciliana, a Trapani, in Prefettura, per relazionare su “L’invisibile potere del linguaggio come strumento di costruzione e disvelamento della violenza di genere”. Un’analisi sul rapporto tra il linguaggio e la violenza che evidenzia come quest’ultimo costruisce una “cultura” che spesso contribuisce a generare violenza sulle donne. La seconda tappa a Partanna per la tematica della rappresentazione delle donne nel linguaggio. Una rappresentazione che si coniuga con molti aspetti della nostra vita quotidiana. Essendo un argomento molto vasto, Cecilia Robustelli, ha focalizzato l’attenzione sul significato del termine sessismo linguistico, sulla rappresentazione della donna nella lingua scritta e parlata e sulla grammatica e la corretta declinazione di genere.
Questi, sinteticamente, i punti più salienti.
La lingua è un “sistema” e non trasmettere tramite essa la realtà femminile concreta ed attuale, è pericoloso.
Il linguaggio è uno strumento potentissimo di cui spesso si ignora, volutamente o inconsapevolmente, la potenza dirompente. Il linguaggio serve a confermare una “visione del mondo” e le parole veicolano modelli. Quando, ad esempio, non si declinano correttamente al femminile professioni o incarichi apicali, si tende a non potere o a non volere registrare dei mutamenti sociali.
Il genere grammaticale ha la funzione di classificare e deve inequivocabilmente indicare il soggetto di cui si parla. La preferenza, anche di alcune donne, di essere appellate al maschile resta una libertà nell’ambito individuale ma non solo non è corretta nell’uso della lingua italiana ma non può prevaricare la corretta declinazione di alcuni soggetti che operano ad esempio nel campo delle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nel settore dell’informazione. La lingua viene appresa sin dalla più tenera età, seguendo un sistema e con delle precise regole da rispettare, come l’accordo di genere.
Nel corso dell’incontro sono state proiettate anche delle slide sia per rendere più chiari i concetti (presenti all’incontro formativo anche studenti e studentesse) sia per evidenziare la poca chiarezza di alcuni articoli giornalistici che non fornivano a lettori e lettrici l’individuazione immediata del soggetto di riferimento.
Quella affrontata a Partanna è una tematica di grande attualità. Cecilia Robustelli ha chiarito dubbi, perplessità che spesso si stenta ad affrontare e che derubricano l’uso sessista della lingua italiana a un “banale vezzo” di scarsa importanza. Soltanto la conoscenza potrà generare consapevolezza ma la conoscenza a volte richiede studio, impegno, riflessione e , probabilmente, anche un po’ più di umiltà nell’approccio al Sapere.
Del resto, il 9 di Marzo di quest’anno, l’Accademia della Crusca ha risposto ad un quesito sulla parità di genere negli atti giudiziari posto dal Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. L’Accademia è stata estremamente chiara su alcuni punti tra cui quello di un “uso largo e senza esitazioni dei nomi di cariche e professioni volte al femminile”, elencando anche degli esempi con l’applicazione delle normali regole di grammatica.
La risposta a questo quesito era comunque già stata “indicata” dalla stesura dell’ultima edizione del Dizionario dell’Italiano Treccani dove troviamo le parole sindaca, assessora, prefetta, notaia, procuratrice, questora, avvocata, architetta, ingegnera, ministra…
Le parole sono importanti e il loro uso corretto può contribuire alla costruzione di un mondo non discriminatorio e non violento. Pensiamo valga la pena soffermarsi a riflettere e approfondire seriamente la tematica