Racalmuto deve molto a quest’uomo che come un Pierrot (tanto per citare il titolo di un suo libro di poesie) ha saputo far ridere e piangere il pubblico, cercando di diffondere la cultura teatrale nelle comunità dove ha vissuto.
Solo il fascino delle parole e la passione per il palcoscenico può giustificare intere serate cariche di freddo e umidità trascorse in un angolo dell’auditorium “Santa Chiara” a parlare di libri e teatro, di scrittori e drammaturghi. E così, grazie alla tenacia e al temperamento di un casertano che ha voluto chiudere il cerchio della sua vita a Racalmuto, alla fine degli anni Novanta, un gruppo di ragazze e ragazzi ancora adolescenti si ritrovarono a leggere, studiare e persino recitare Pirandello, De Filippo, Ionesco, Sciascia.
Si conversava di Teatro dell’Assurdo e della Cantatrice calva, di Ciampa e della corda pazza, della famiglia Cupiello e del Teatro Umoristico. Per quei ragazzi, quelle serate attorno a copioni di commedie e pacchi di sigarette, furono una specie di anticamera per l’università.
Era nata più o meno così grazie a Giacinto Carafa la Compagnia del “Piccolo Teatro Città di Racalmuto”. Si badi bene, il teatro – quello fatto di palchi e loggione, affreschi e velluti – a Racalmuto allora era ancora un sogno. Si recitava nelle palestre delle scuole, all’Auditorium “Santa Chiara”, nelle chiese e nelle piazze.
Tutto era nato in attesa del “Regina Margherita”. Tutto era nato grazie a quest’uomo che negli anni Novanta si stabilì da Carinaro, un bel paese in provincia di Caserta, a Racalmuto, per seguire gli affetti familiari. Lui, Giacinto Carafa, il teatro lo masticava bene. Negli anni ’70 aveva fondato e diretto per molti anni la “Compagnia del Teatro Stabile Meridionale” ancor oggi una realtà viva e palpitante.
Ma il suo amore per il Teatro parte da lontano. Era nato il 13 aprile 1936 e sin da bambino seguiva la mamma Filomena – e come in un gioco di destini incrociati, il suo grande amore teatrale sarà proprio il personaggio di Filumena Marturano – a teatro. Da Carinaro ad Aversa a piedi per assistere ad un’operetta, ad una commedia, ad uno spettacolo di cabaret. E lui, che era il più piccolo di sette figli, non poteva sottrarsi a quest’abitudine familiare. Il teatro faceva parte della sua vita. E lo ripeteva spesso ai suoi ragazzi: nel teatro, diceva, troviamo le scene della nostra vita.
E non trovò difficoltà a trovare l’ambiente giusto per proseguire la sua attività teatrale a Racalmuto. Del resto, ripeteva spesso, siamo sempre nel regno delle due Sicilie! Trovò terreno fertile in una terra nella quale la zona di confine tra vita e palcoscenico è esile. Appena in pensione – concluse la sua carriera da direttore dell’ufficio postale di Racalmuto – si dedicò ad un pugno di bambini e di giovanotti. Fondò la Compagnia teatrale e riportò la gente ad assistere ad uno spettacolo con scene, quinte, luci e sipario.
Gli applausi e gli apprezzamenti crescevano anno dopo anno. E crescevano anche i suoi ragazzi pronti per affrontare la vita che un po’ somigliava alle pagine scritte da grandi autori e drammaturghi.
Il debutto del “Piccolo Teatro” arrivò nell’aprile del 1997. I ragazzi portano in scena Con tanta gelosia, un atto da lui scritto e diretto, e i più piccoli Non ti pago, tre atti di Eduardo De Filippo. La palestra della scuola elementare “Generale Macaluso” era stracolma. Carafa continuò con i bambini, spinto anche dall’entusiasmo dei genitori. Il 10 gennaio del ’98 ancora in scena con Lu niputi di lu Sinnacu di Scarpetta. Il 25 aprile dello stesso anno i più grandi, che lo seguiranno fino all’ultimo, portano in scena, in un palco improvvisato dell’Auditorium Santa Chiara, Il cilindro di De Filippo e il giorno dopo La cantatrice calva di Ionesco. Fu un successo, due giorni di grande entusiasmo. Il Teatro era tornato a vivere a Racalmuto.
Con Carafa sempre dietro le quinte a suggerire e a incoraggiare, portarono in scena Tre pecore viziose di Scarpetta, Il berretto a sonagli di Pirandello, Natale in casa Cupiello e tanto altro. Nel frattempo Giacinto Carafa diviene presidente provinciale della Federazione Italiana Teatro Amatori. La Compagnia inizia a farsi conoscere in provincia di Agrigento e in Sicilia.
Le estati in tournée nelle piazze dell’isola diventano per quei ragazzi cresciuti a pane e parole, divertimento e orgoglio. Teneva la sua casa sempre aperta ai “suoi” ragazzi. E gli raccontava molto della sua terra vulcanica e passionale. E a Carinaro riuscì a far incontrare le due compagnie teatrali che aveva fondato, nel nome di Leonardo Sciascia. Nel suo paese d’origine, infatti, fece dedicare una strada al grande scrittore racalmutese.
Riaperto nel 2003 il teatro “Regina Margherita” – sono passati già vent’anni – Carafa organizzò con successo diverse Stagioni di Teatro amatoriale coinvolgendo numerose compagnie siciliane. Fu animatore del Centro per anziani “San Luigi” nella parrocchia della Madonna della Rocca, e continuò fino alla fine con la sua Compagnia e con altri ragazzi che nel frattempo si erano avvicinati a lui. Sempre seguito dalla moglie, la signora Carmelina, dai tre figli, dal genero e dalle nuore e dagli amati nipoti.
Se ne è andato il 24 settembre del 2010. Pochi mesi prima, proprio al teatro di Racalmuto, quei ragazzi cresciuti accanto a lui gli dedicarono una serata. Lui era lì, in un palco del primo ordine. Si muoveva a fatica, ma aveva la felicità negli occhi. Gli attori della “sua” Compagnia non avevano più bisogno di un suggeritore, se la cavavano benissimo.
Adesso il “Piccolo Teatro Città di Racalmuto” è fermo, ancora fermo, in attesa di nuove stagioni, di nuovi fermenti, di nuovi entusiasmi che ci si augura arrivino presto in questo paese sempre più vuoto, sempre più spento.
Racalmuto deve molto a Giacinto Carafa che come un Pierrot (tanto per citare il titolo di un suo libro di poesie) ha saputo far ridere e piangere il pubblico, cercando di diffondere la cultura teatrale nelle comunità dove ha vissuto.
E siccome spesso capita che un paese perde facilmente la memoria, non sarebbe male – perdinci! – dedicare all’attore e regista e animatore culturale un luogo pubblico di Racalmuto e di Carinaro. A futura memoria, appunto.