Fondato a Racalmuto nel 1980

Racalmuto, il Teatro “Regina Margherita” e quella “folle” inaugurazione del 2003

Storie. Una vicenda che merita di essere raccontata. I ricordi e tutti i retroscena

Andrea Camilleri, nel 2003 direttore artistico del “Margherita”

Se è vero, com’è vero, che il teatro Regina Margherita è stato riaperto più e più volte – segnando ogni nuova riapertura con la parola inaugurazione – a seconda dell’avvicendarsi di sindaci, assessori, direttori artistici, commissari e delle varie stagioni che si sono succedute negli anni, non c’è dubbio che la prima e più solenne inaugurazione è stata quella del febbraio 2003. “Ouverture” fu la parola d’ordine di quella festa che rompeva un incantesimo durato quarant’anni (vent’anni di abbandono e altrettanti di lavori). Da allora, nel bene e nel male, tra alti e bassi, tra stagioni belle e meno belle, con tanto o con poco pubblico, con molti o scarsi soldi, con polemiche sempre accese, il teatro è stato una presenza costante nella vita di Racalmuto. Perché quel teatro così bello e così chiuso, vietato alla gente, era stato troppo a lungo il simbolo di un bene sottratto alla comunità. Nel febbraio del 2003 – tra l’11, giorno della visita dell’allora capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, e il 14, data dell’inaugurazione – quel teatro veniva restituito alla sua città.

A tanti anni di distanza, vale la pena di riaprire il taccuino di quei giorni e rileggere gli appunti, i ricordi e i retroscena di un’inaugurazione che segna un prima e un dopo nella storia non solo del Regina Margherita, ma della stessa città di Leonardo Sciascia che per primo si impegnò per il recupero e la riapertura del luogo dove aveva imparato ad amare il teatro e il cinema. E, a distanza di tempo, si può svelare qualche piccolo e gustoso retroscena.

Nelle lunghe serate chiassose della festa del Monte del 2012, mentre si susseguono gli appuntamenti della rassegna estiva “Aspettando il teatro Regina Margherita” (spettacoli, incontri letterari, musica), ai tavoli della trattoria “La Taberna” con Giuseppe Dipasquale e la costumista Angela Gallaro, che hanno curato la messa in scena alla Fontana della “Recitazione della controversia liparitana“, si progetta la prossima riapertura del teatro. Qualcuno lancia lì un’idea: “Perché non invitiamo il ministro dei Beni culturali?”. Un altro incalza: “E perché non il presidente del Consiglio?”. Il gioco è ormai a chi la spara più grossa: “Perché accontentarsi? Invitiamo il capo dello Stato”.

Certo, questa è una bella idea. Ma come fare? Su quel tavolo, in fretta e furia, vengono messe su carta poche righe di un invito ufficiale, la bozza di una lettera ufficiale. Bene, ma come fare? Si potrà far recapitare a Ciampi attraverso il suo capo ufficio stampa, Arrigo Levi, grande giornalista di lungo corso. Quella che sembrava una boutade estiva diventa presto realtà e nel giro di alcune settimane dal Quirinale arriva la risposta positiva. Ancora stupefatta, un’amica presente a quella serata alla Taberna, dirà da allora in poi: “Voi racalmutesi avete il vento in testa”. Che mi pare un complimento ironico alla fantasia di tutti quei racalmutesi che non si fermano davanti alle difficoltà delle cose che sembrano apparentemente più lontane e irraggiungibili.

Manca pochissimo alla cerimonia di apertura. Nel paese c’è attesa, ma anche un certo mormorio: chi sarà invitato alla cerimonia? Chi avrà diritto a mettere piede per la prima volta nel teatro per la serata con Serena Dandini, Gigi Burruano, Andrea Camilleri (direttore artistico del teatro) e tanti altri? Il teatro è piccolo, non c’è spazio per tutti. In quelle stesse ore, in una prefettura di Agrigento buia e semideserta, il sindaco Gigi Restivo e alcuni consiglieri di amministrazione della Fondazione Regina Margherita (il CdA era composto da Felice Cavallaro, Antonio Foscari, Francesco Giambrone e da chi sta mettendo insieme questi brevi ricordi) se la passano brutta. Alcuni funzionari della prefettura, codici alla mano, spiegano che il teatro non può riaprire: manca questo, manca quello, manca quell’altro. Non serve spiegare che l’occasione è irripetibile, che il capo dello Stato ha già visitato il teatro, che faticosamente si stanno mettendo assieme tutti i collaudi e le disposizioni richieste dalle norme.

I funzionari sono irremovibili. E concludono con una frase che suona come un ultimatum: “Se domani il pubblico entrerà in teatro, manderemo i carabinieri ad arrestare tutti, perfino lo stesso Andrea Camilleri”. Un disastro. Fin quando qualcuno, facendo di necessità virtù, trova una soluzione da teatro dell’assurdo: l’inaugurazione si farà, ma senza pubblico. Gli attori in scena, il pubblico fuori a seguire lo spettacolo attraverso i megaschermi forniti generosamente da Teleacras. Una follia, ma che di colpo taglia il fiato alle polemiche su chi entra e su chi resta fuori. Una follia che finisce per dare una nuova nota di teatralità all’inaugurazione più folle che mai ci sia stata per un teatro. Cose che possono succedere solo a Racalmuto.

Ed ecco i trampolieri, i fuochi d’artificio, i palloni sospesi in aria. E’ la sera dell’inaugurazione. Sera di festa. Sera di freddo. Freddo terribile, ma tanta gente è davanti al teatro per partecipare alla festa, anche se sa che resterà fuori. Il pubblico potrà mettervi piede dentro da domani in poi, quando il teatro aprirà i suoi battenti per le visite e, da lì a poche settimane, per l’inizio della stagione. La coreografia prevede che la grande forbice per il taglio del nastro sarà consegnata al sindaco da una delle ragazze alte sui trampoli. Restivo e i consiglieri sono vicini al portone d’ingresso, mischiati tra la folla.

Racalmuto. Teatro Regina Margherita

La ragazza scende dai trampoli, leggera si avvicina al sindaco, porge le forbici, ma quando Gigi Restivo va per prenderle, la ragazza le trattiene. Sono attimi strani, che la gran parte della gente presente non riesce a cogliere. “Sindaco, ti ricordi di me?”, chiede la ragazza. Restivo è smarrito, poi mette a fuoco: la ragazza dei trampoli è una delle attrici che nell’estate precedente hanno partecipato agli spettacoli della rassegna “Aspettando il teatro Regina Margherita”. E adesso chiede quello che le spetta: trecento euro per il suo lavoro di attrice che il Comune di Racalmuto, come al solito, non le ha ancora saldato. E’ chiaro che non ha alcuna intenzione di mollare le forbici fin quando non avrà visto i soldi che le toccano. Cede solo quando qualcuno dei consiglieri d’amministrazione mette mano al portafoglio e tira fuori il blocchetto di assegni per liquidare subito, di tasca propria. Ora sì che le forbici possono scintillare nella mani del sindaco Restivo. Zac. Il nastro è tagliato. Ouverture! In un angolo, il malcapitato sta firmando l’assegno da trecento euro.

Molte altre cose, belle e faticose, hanno preceduto e accompagnato quell’inaugurazione, da farne un libro e chissà che un giorno non ne venga fuori un racconto tragicomico. Per me, al piacere di rivedere un teatro che avevo sempre visto chiuso, si sommava un piccolo puntiglio personale, quasi una sfida con me stesso: non mi andava che quel teatro fosse stato aperto per la prima volta, nel 1880, da un sindaco che portava il mio stesso cognome, mentre centoventi anni dopo, nel 2003, la sua riapertura sembrava diventare ogni giorno un’impresa sempre più titanica. Bisognava dare una lezione a questi “galantuomini” dell’Ottocento, far vedere che perfino nell’Italia del presente la buona volontà poteva riuscire a smuovere pigrizie, ritardi, leggi impossibili, norme assurde, ostilità, sciatterie, rivalità, gelosie, burocrazie.

 

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