Fondato a Racalmuto nel 1980

Ottant’anni fa, quando arrivarono gli alleati

Era il 10 luglio del 1943. La potenza di questo evento, non poteva non suscitare l’interesse e l’attenzione di Leonardo Sciascia

Ottant’anni fa, alle 3.45 del mattino del 10 luglio, la nostra isola veniva investita dall’assalto della forza aeronavale più grande mai impiegata in operazioni militari delle nazioni alleate. Quel 10 luglio centinaia di migliaia di soldati più di 3000 navi, 3500 aerei riversarono tutto il loro potenziale di distruzione sulle coste della frontiera sud d’Italia iniziando la conquista dell’Europa partendo da quello che Winston Churchill aveva definito il suo “ventre molle”.
La potenza di questo evento, non poteva non suscitare l’interesse e l’attenzione di Leonardo Sciascia, che oltre alle suggestioni del suo Candido dedica all’evento altre pagine. Il racconto che apre la raccolta Gli zii di Sicilia che prende il titolo de La zia d’America narra della vita di alcuni giovanissimi di “un paesino della Sicilia” durante i giorni dello sbarco in Sicilia nel luglio 1943.
In realtà è, nei fatti, la cronologia degli avvenimenti storici che attraversarono “questo paesino” in quei giorni, seppure con qualche mescolamento di avvenimenti, tutto ciò che i personaggi vivono fu realmente vissuto a Racalmuto, in quei giorni.
Leggendo le fonti militari italiane e americane che illustrano le operazioni militari nel periodo dello sbarco e interfacciandole con i fatti narrati dal racconto possiamo affermare con certezza che era il 13 luglio quando avviene l’incontro che apre il racconto:
Filippo fischiò dalla strada alle tre del pomeriggio. Mi affacciai alla finestra. Gridò “arrivano” (…) Mi raccontò che in piazza stavano il podestà, l’arciprete e il maresciallo, aspettavano gli americani, (…) invece c’erano due tedeschi: avevano spiegata per terra una carta (…)
Quei due tedeschi erano parte di un gruppo di ricognizione che il generale Ottorino Schreiber comandante del “gruppo tattico Schreiber” aveva inviato in ricognizione sul fianco destro del suo schieramento per saggiare la consistenza delle proprie difese; il rapporto recita: “(…) giorno 13 – Chiedo per radio al comando del XII° CORPO D’ARMATA qual è la situazione alla mia destra e mi viene risposto che Racalmuto è fortemente presidiato da nostre truppe che dispongono anche di autoblindo.
Autoblinde tedesche inviate a Montedoro ed a Racalmuto per prendere contatto con le truppe italiane riferiscono invece che a Racalmuto esistono solo 4 carabinieri. Sappiamo pure che il Maresciallo faceva Cravero di cognome e sappiamo pure, attraverso il memoriale di un suo collega, il maresciallo Gentile che faceva servizio a Milena, che pianse quando vide come i racalmutesi, stanchi di guerra e morte accolsero gli alleati, omettendo ovviamente di accennare come fosse stato disarmato, così come pianse lo zio del protagonista del racconto.
Leonardo Sciascia

Era il 14 luglio quando avvenne l’attacco che subì un reparto tedesco (appartenente al kampfgruppe “Fullriede” che stava raggiungendo Serradifalco) presso il fiume Gallodoro che costò la vita ad un militare germanico che per qualche periodo rimase tumulato a Bompensiere prima di essere poi trasferito nel cimitero di guerra tedesco di Motta Santa Anastasia, e viene raccontato così:

“…si vedevano gli aeroplani a due code (erano i Lockheed P38 dell’Us Air Force n.d.r.) rovesciarsi sullo stradale di Montedoro, risalire nel cielo mentre lungo lo stradale si gonfiavano nere nuvole (…)
Ed era invece l’11 luglio, quando un attacco aereo, operato dagli stessi caccia USA portò alla morte di un carrettiere e al ferimento del figlio narrato poche righe sotto. (…) Ma quella sera portarono in paese in carrettiere col ventre squarciato e un bambino dell’età nostra ferito a una coscia (…) sappiamo che il carrettiere era Vincenzo Mattina, colpito mentre con il suo carretto era nei pressi della fontana “di li malati”.
La battaglia di Favarotta dello stesso giorno viene accennata dalla frase che: “il bidello delle scuole passando gridò” allo zio del protagonista del racconto e che continua “li abbiamo ricacciati, alla Favarotta, i tedeschi hanno attaccato, un macello c’è stato”. E a Favarotta (una stazione ferroviaria a metà strada tra Campobello di Licata e Licata) sulla rotabile 123 ci fu battaglia quel giorno, tra gli italiani: bersaglieri, cavalleggeri e artiglieri corazzati con il supporto di un reparto tedesco, e le truppe della terza divisione di fanteria USA. Tentarono invano con coraggio i nostri di ricacciare gli americani, ma non riuscirono…
E così il racconto prosegue per narrare la cronaca minima di un avvenimento che pochi immaginavano avrebbe avuto un impatto determinante per cambiare le sorti dell’Italia in guerra e della nazione che ne sarebbe uscita dopo il conflitto. Infine l’arrivo degli americani che arrivavano da Favara e da Canicattì avvenne il 16 luglio ed erano i militari del secondo battaglione del trentesimo reggimento fanteria, a dircelo è il report delle operazioni della terza divisione di fanteria.
A questo punto oltre alle parole di Sciascia mi tornano in mente i racconti di mio padre che mi raccontava con la voce e lo sguardo di qualcuno che ricorda una figura che avrebbe voluto avere per più tempo al suo fianco di quando lui bambino, con suo padre in divisa da maresciallo della Regia Guardia di Finanza incontrò un militare alleato che tentò di dargli delle caramelle o forse della cioccolata che suo padre invece rifiutò, senza enfasi di gesto, ma con fermezza; o le parole di mia zia Amelia che ancora fino a pochissimi giorni prima di “passare oltre” ricordava questi enormi carri armati pieni di polvere che “forse sotto erano di un colore verde scuro” che entrarono dalla Guardia un tardo pomeriggio d’estate di ottant’anni fa.

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