Così il sociologo Francesco Pira dopo la diffusione delle chat sullo stupro di gruppo di Palermo. “Nella narrazione dell’episodio la ragazza scompare e non sembra nemmeno un essere umano ma trovano ampio spazio le gesta del branco. Occorre subito un piano d’emergenza contro tutto questo”
“Ancora una volta sulla vittima di uno stupro (di gruppo peraltro) viene esercitata una doppia violenza: fisica e psicologica. La notizia delle chat con frasi disgustose e che non attengono ad una società civile, completano un quadro di orrori”.
Così Francesco Pira, professore associato di sociologia dell’Università di Messina e coautore del libro “La violenza in un click” (edito dalla FrancoAngeli scritto con la professoressa Carmela Mento, associato di psicologia clinica UniMe), commenta quanto è accaduto a Palermo e la narrazione giornalistica e sui social che ne è seguita.
“I video sui social dello stupro, i commenti senza confini al rispetto di un altro essere umano, sono i nuovi trofei – continua il prof. Pira – da esibire con il proprio network. Nella narrazione sui media e sui social, ancora una volta la vittima non esiste, ma vengono raccontate, con dovizia di particolari, le gesta violente di chi ritiene senza valore il corpo di una donna, e soprattutto non comprende quanto quello che è accaduto la segnerà per sempre”.
I messaggi nell’ordinanza di custodia cautelare e pubblicati dai media riaprono il dibattito sul confine tra diritto di cronaca e diritto di privacy. “Era giusto pubblicare i video dell’Isis che tagliava le teste dei giornalisti? – si domanda il sociologo – per alcuni sì perché facevano vedere l’efferatezza del gesto e per altri no perché c’era rischio emulazione. Facendo un parallelo con quanto accaduto a Palermo si è aperto lo stesso dibattito. Ma serve? E’ utile?. Tutti conosciamo cosa è possibile pubblicare e poi sappiamo anche deontologicamente cosa è opportuno. Rimane aperto un grosso problema – conclude il prof. Francesco Pira – come arginare un’emergenza fatta di violenza e soprusi poi diffusi sul web. Occorre un piano d’emergenza con esperti al lavoro e formazione nelle scuole di ogni ordine e grado. Tanta prevenzione per educare al rispetto e alla responsabilità”.