Curiosità. Dagli archivi della chiesa Madre di Grotte emerge un documento che lo prova e che contraddice la piacevole narrazione di Leonardo Sciascia in un racconto del suo “Mare color del vino”
“…Maestà – disse il ministro Santangelo battendo dolcemente un dito sulla spalla di Ferdinando – siamo alle Grotte. Il re si svegliò con un singulto, in faccia al ministro aprí gli occhi acquosi di sonno e smarriti, si passò il dorso della mano sulla bocca da cui colava un filo di saliva. – Che c’è? – domandò. – Siamo alle Grotte, maestà. Ferdinando si affacciò allo sportello della carrozza. Case grigie che si ammucchiavano a scivolo sul fianco di una collina, tetti di ortiche e di muschio. E donne vestite di nero affacciate alle porte, e bambini dagli occhi attoniti e affamati, e porci che grufavano nelle immondizie. Si ritrasse. – E che mi svegliate a fare? – disse al ministro- ….Nelle grotte ci stanno i lupi: tiriamo avanti…”
Così, con astuzia sorniona, scriveva Leonardo Sciascia in un racconto del Mare colore del vino, per quel sottile piacere, tutto locale, che ioci causa, ama tener viva quella contrapposizione campanilistica (se ancora esiste) tra la sua Racalmuto e, dal suo punto di vista, la malconcia Grotte; paese per il quale né il Re né il Duce avevano avuto attenzione. Luoghi che si intersecano e si contrappongono con le correlative fantasiose invettive.
Una narrazione sciasciana di quel che in due occasioni si diceva essere accaduto: una “verità storica” molto personalizzata. Ma storicamente, nella realtà, per la verità reale, così non è stato! Lo aveva scritto in una storia locale di Grotte il professore Calogero Valenti. Il vero accadimento lo aveva esposto Mimmo Butera in un incontro sciasciano al Circolo Unione di Racalmuto. Ma niente da fare: raccontare le vicende secondo Sciascia era più gustoso, più soddisfacente.
Pochi giorni fa, il dottor Totò Carlisi ha pubblicato sulla sua pagina Facebook con una breve nota la copia di un documento del 1847, tratto dal registro dei battesimi della Chiesa Madre.
“Erano le ore 6 del giorno 24 del Mese di Giugno dell’anno 1847, allorché da Grotte, è passato Sua Maestà Ferdinando II, Re del Regno delle Due Sicilie. Del passaggio ne prese nota, nel Registro Parrocchiale dei Battesimi in Chiesa Madre l’Arciprete del tempo Don Calogero Ingrao. Il Re l’indomani giorno 25, di ritorno passò ancora da Grotte, intorno alle ore una e mezza di notte, e fu accolto dall’applauso dei Grottesi e dalla benedizione dello stesso Arciprete e del restante Clero”.
Da tanto, è storicamente e definitivamente certo non solo il passaggio del Re ma anche la sosta con il paese che non appare così dimesso come si potrebbe pensare o ironicamente credere. Ma proprio per quelle intersecazioni territoriali che accomunano i destini delle persone e delle comunità, anche Racalmuto ha dovuto assistere a qualcosa del genere, sempre in tema di attraversamenti e di soste di rappresentanti istituzionali di vertice: la consustazione, per chi così la potrebbe vedere, di una sorta di nemesi storica.
La visita di un Sottosegretario di Stato limitata a determinati luoghi sciasciani e l’espunzione di altri al pari rappresentativi ed identificativi: Casa Sciascia ed il Circolo Unione.
Come andare ad Agrigento per coglierne il suo essere e recarsi solo a visitare la Valle con i suoi Templi e la sua grecità, sottraendo il Caos e la casa natale di Pirandello.
Una visita a metà o una non visita, comunque un sogno accaduto in Sicilia.
Da malgradotuttoweb 3 maggio 2021