Fondato a Racalmuto nel 1980

Giovanna Onorato, il commovente ricordo della figlia

Docente di Italiano e Latino al liceo “Foscolo” di Canicattì, la professoressa  Onorato è scomparsa un mese fa. Il ricordo della figlia Adele Maria Troisi: “Non di rado i suoi studenti affollavano il nostro salotto. Tra loro anche il giudice-beato Rosario Livatino, rimasto sempre discretamente nel cuore di mamma

La Professoressa Giovanna Onorato

“Un  amore così grande, un amore così “, canta Andrea Bocelli in un Cd che mia mamma amava tanto ascoltare e cantare negli ultimi anni. Penso che soltanto un “amore così grande”, come quello che la legava a mio papà Peppino Troisi, può averla spinta a quel salto nel buio che fu il suo trasferimento da Palermo, zona Politeama, a Racalmuto-centro! Mia madre è, infatti, arrivata a Racalmuto nel ‘61 per svolgere una supplenza alla scuola media di Grotte.

Non ho ricordi netti di Racalmuto negli anni ’60, ma posso ben immaginare il contrasto stridente con la città, sebbene mia madre si fosse adattata alla vita del nostro paese. Io sono nata alla fine del ‘68 ed i miei primi ricordi mi riportano alla stazione di Racalmuto dove papà, a volte, mi portava per fare delle foto e dove c’erano  delle panchine, una vasca con i pesciolini e dei fiori. Poi, i miei ricordi sono legati al negozio di mia nonna “Donna Adelina, la Puma”, dalla storpiatura del cognome originario “Pomo”, ed ovviamente alla mia casa in via Matrona, dove abitavo con i miei e con la mia sorellina, Matilde.

La nostra casa era grande ed in inverno un po’ fredda, ma era  riscaldata  dal calore che proveniva dalla nostra mamma. La ricordo sempre operosa e puntigliosa, sia sul lavoro, dovendo ricoprire il ruolo di docente di Italiano e Latino, giunto nel frattempo presso il liceo “Ugo Foscolo” di Canicattì, che con la casa, il marito e noi bambine. Si alzava molto presto la mattina per preparare le lezioni e finire di correggere le versioni e, per non disturbare il sonno delle sue bimbe, copriva con un plaid la porta a vetri della nostra stanza che ci separava dalla cucina.

I pomeriggi spesso li trascorreva a giocare con noi, cucendo abitini per le nostre Barbie, perché era bravissima anche nel cucito e, soprattutto, nel ricamo. Conservo ancora gelosamente le tovaglie a punto croce che lei stessa aveva ricamato per il mio “corredo “e gli asciugamani che fece per la nascita di mio figlio, Marco.

La dedizione a noi figliole, permetteva anche a mio padre di dedicarsi alla sua grande passione, scrivere gli articoli per il Giornale di Sicilia. Questo avrebbe dovuto essere il suo vero lavoro, se il destino glielo avesse permesso: il giornalista alla Rai. Ricordo che mentre io e mia sorella giocavamo e, poi più grandicelle facevamo i compiti, senza che nessuno ci ripetesse di andare a farli, perché quello era “il nostro dovere”, papà picchiava furiosamente sui tasti della macchina da scrivere, la famosa Lettera 22, e poi estraeva i fogli con la carta carbone in mezzo ed al telefono iniziava a dettare l’articolo: “Buon pomeriggio, qui Troisi da Racalmuto…” . Il passo successivo era la corsa in macchina alla stazione di Aragona per inviare l’articolo con il “Fuori Sacco” sul treno per Palermo. Con gioia anche mamma leggeva l’indomani sul Giornale di Sicilia: Giuseppe Troisi.

La stessa dedizione ed amore mia madre l’ha dedicata anche a mio figlio, con cui trascorreva interi pomeriggi a giocare con i peluche ed a guardare i cartoni della Disney, mentre io ero impegnata a scuola. Quand’era piccolino, a volte, Marco la chiamava  “Nonna, mammì” e lei, con la dolcezza che la contraddistingueva, gli ricordava: “No, Marco, lei è mamma, io sono Nonna Giovanna”.

Un capitolo a parte potrei scriverlo sull’affetto che legava mia madre a suo genero. Un affetto materno che la portava a preparargli i panini quando doveva partire per Milano, la torta per i compleanni e la sua tazzina preferita col piattino ogni mattina a colazione. Infatti, quando in estate trascorrevamo le vacanze tutti insieme in campagna la domanda di rito a colazione era: “che prepariamo oggi per Alfonso?”, tutto il resto della famiglia passava in secondo piano! E mio marito è stato sempre al nostro fianco per fronteggiare le malattie ed i dolori che la vita ci ha riservato, fino a quest’ultimo triste epilogo.

La prof.ssa Onorato e altri docenti del liceo Foscolo in un incontro con l’ex alunno Rosario Livatino

Negli anni mia madre ha sempre aiutato, con grande generosità, i suoi alunni in vista della temuta maturità, dando consigli, permettendo loro di ripassare gli argomenti più ostici. Non di rado “i suoi ragazzi” affollavano il nostro salotto per tale scopo. Tra loro, anche il giudice Rosario Livatino che non toglieva mai la giacca perché, come disse una volta a mia madre: “Non è decoroso”.

Quest’amore “così grande” per i suoi ragazzi lo abbiamo avvertito ancora con mia sorella nei giorni del lutto: tanti dei suoi alunni ed alunne sono venuti per dare l’ultimo saluto alla loro “dolce professoressa, professoressa bella”, come ho sentito dire a molti di loro, vedendola.

Posso affermare con orgoglio che mia madre si è fatta amare da tutti coloro che l’hanno conosciuta per la sua grande generosità, per la sua cultura che le permetteva di spaziare dai classici della letteratura a quelli della filosofia e per la dolcezza con cui trattava ogni persona.

Abbiamo perso fisicamente la sua presenza, ma il patrimonio affettivo, umano e culturale  che ci ha lasciato non ci abbandonerà mai, “un amore così grande”, sopravviverà nel tempo in noi ed in chi verrà dopo di noi.

 

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