Andrea Camilleri: “Penso che la lezione letteraria e civile di Sciascia sia più che mai attuale ai giorni nostri. Ma non è detto che sia ascoltata”. (Da Malgrado tutto web, 20 novembre 2012)
Nanà e Nenè. Uno di Racalmuto, l’altro di Porto Empedocle. Quasi coetanei, uno ha inventato Regalpetra, l’altro ha creato Vigàta. Due scrittori legati da molte cose, da un sottile filo di amicizia, dalla provenienza dalla medesima provincia letteraria. Nanà Sciascia e Nenè Camilleri, tra loro un dialogo iniziato molti anni fa – fu proprio Sciascia a portare Camilleri nella casa editrice Sellerio. E questo rapporto continua ancora oggi, soprattutto nel debito di riconoscenza che Camilleri tributa spesso pubblicamente a Sciascia.
Camilleri, sono passati diversi anni dalla scomparsa di Leonardo Sciascia. E’ ancora attuale la lezione letteraria e civile dello scrittore di Racalmuto o rischia di finire dimenticata e sepolta sotto il gran fragore dei tempi di oggi?
“Penso che la sua lezione letteraria e civile sia più che mai attuale ai giorni nostri. Ma non è detto che sia ascoltata. Anzi, mi pare che ci sia tutt’intorno una grande voglia di dimenticarla”.
Gli scritti di Sciascia, come quelli di Pasolini, aprivano dibattiti arroventati, innescavano polemiche accese: perché oggi, nonostante moltissimi scrittori e intellettuali siano presenti sulle pagine dei giornali, la loro voce risuona debolmente e non sempre è capace di incidere nel dibattito politico?
“Che gli scrittori e intellettuali siano presenti sulle pagine dei giornali non significa che i loro scritti abbiano la stessa capacità di lucida incidenza che gli scritti di Sciascia o Pasolini avevano. Comunque mi auguro la partecipazione degli intellettuali alla vita sociale civile e morale di questo paese sia sempre più vasta. Credo che la scarsa incidenza sia dovuta al fatto che gli intellettuali, per forza di cose, sono costretti al ragionamento mentre oggi la politica e gran parte della vita civile oscilla tra l’urlo e il furore. Prego il lettore di continuare la citazione scespiriana”.
Più volte hai espresso il tuo omaggio e il tuo debito di riconoscenza a Sciascia. Per questa ragione hai anche accolto la proposta di riaprire il teatro di Racalmuto al quale lo scrittore era legatissimo. Quanto è forte ancora il tuo legame con Leonardo Sciascia?
“Il mio legame con Sciascia continua ad essere fortissimo. Ho più volte detto e scritto che io lo considero il mio elettrauto. Quando ho la batteria scarica, mi basta una sola pagina di un suo testo per ricaricarmi”.
Qual è stato il tuo rapporto di amicizia con Sciascia. Hai detto spesso di appartenere agli amici del secondo giro, cosa intendevi?
“In Sicilia esistono, così come le vaste parentele di primo secondo e terzo grado, anche le amicizie di primo secondo e terzo grado. Sciascia aveva un ristretto gruppo di amici che lo chiamava Nanà. Io appartenevo al secondo gruppo di amici, quelli che lo chiamavano Leonà, avevo sì un’amicizia con lui ma non posso dire che tra di noi ci fosse un’intimità”.
Nei suoi ultimi anni di vita, Sciascia consegnò un giudizio lapidario sulla Sicilia: la definì “irredimibile”, mutuando la definizione di Tornasi di Lampedusa. Tu credi che la Sicilia sia veramente irredimibile? E’ ancora valido quel giudizio?
“Io credo che la Sicilia sia una terra redimibile con parecchie difficoltà ma redimibile. Lo penso proprio perché il siciliano al di fuori della sua terra è esattamente come il guerriero scomparso di Borges, cioè il barbaro che di fronte all’ordinamento di una città, lascia la sua gente e si trasferisce in quella città sposandone usi e costumi”.
Hai scritto che Sciascia era un uomo che odiava mentire. Cosa significa?
“Significa che per lui la verità, qualunque e comunque essa fosse, era la colonna portante del suo modo di concepire l’esistenza”.
Sulla sua tomba, nel cimitero di Racalmuto, Sciascia ha fatto incidere questa frase: “Ce ne ricorderemo, di questo pianeta“. Una frase che, ancora una volta, solleva molti dubbi e interrogativi, pervasa da una leggera ironia. Secondo te qual è il significato di quest’ultima frase e perché Sciascia potrebbe averla scelta come epitaffio?
“Come tutti sappiamo che Leonardo inizialmente voleva che sulla sua tomba venisse scritto: visse e si contraddisse. Poi cambiò parere. Ammetto che la frase scelta alla fine che mi pare sia di Villiers de l’Isle-Adam possa essere di dubbia interpretazione. E forse, una volta tanto Leonardo ha voluto lasciarci nel dubbio. Credo che negli ultimi tempi lo sguardo di Leonardo si fosse molto ampliato sul mondo, l’ironia risulta quindi chiarissima”.
Da Malgrado tutto web, 20 novembre 2012