L’omelia dell’Arcivescovo di Agrigento Alessandro Damiano, nella chiesa San Domenico di Canicattì, nel 33º anniversario dalla barbara uccisione del giudice Rosario Livatino
Nel 33º anniversario dalla barbara uccisione del giudice Rosario Livatino, nella chiesa San Domenico di Canicattì, parrocchia che il Giudice frequentava, mons. Alessandro Damiano, Arcivescovo di Agrigento, ha presieduto l’Eucaristia, alla presenza delle massime autorità civili, militari, del popolo fedele, degli studenti.
Nell’omelia l’Arcivescovo Alessandro ha esordito con l’esortazione dell’apostolo Paolo agli Efesini: “… vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, tenendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace». Ha poi fatto riferimento alla “Relazione semestrale al Parlamento dell’attività svolta e risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia”.
“Una lettura interessante – ha detto l’Arcivescovo – da una parte conforta il costante paziente cammino per ristabilire e custodire la legalità, frutto del lavoro tenace di uomini e donne che impegnano la loro stessa vita in questo servizio alla collettività; d’altra parte mi lascia sgomento la fotografia che ne scaturisce del nostro territorio, non escluso questo in cui stiamo celebrando l’Eucarestia che è vincolo di comunione e di giustizia. Recenti fatti di cronaca, alcuni quasi appuntamenti annuali – campi di grano dati alle fiamme, uliveti e vigneti distrutti – ci ricordano come il metodo mafioso continua ad essere presente e ad infestare i nostri territori come la zizzania, o loglio ubriacante, infesta i campi”.
“Qualcuno si chiederà che c’entra questo discorso? Ma è per questo che siamo qui – ha detto mons. Damiano – per ricordare un uomo – non l’unico, pensiamo al giudice Saetta ucciso insieme al figlio – che è stato assassinato perché «si è comportato in maniera degna della chiamata ricevuta», la stessa che ha ricevuto ogni battezzato: essere nella città terrena segno e strumento della logica del Vangelo. “Chiamata”, che riguarda ogni uomo, ogni donna di buona volontà, ad operare a favore del bene comune, ovvero «di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente».
Infine facendo riferimento alla pagina del Vangelo, «Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori», l’Arcivescovo ha rivolto un appello: “Agli uomini e alle donne che hanno scelto la via della illegalità e della criminalità, ai galoppini del male che abbaglia con potere e ricchezze ma rosica l’anima e ruba la vita, voglio indirizzare la Parola del Vangelo: il Signore è qui e vi chiama ad una vita nuova, piena, redenta … cambiare si può”.
“Rosario – ha concluso Mons. Damiano – beato per i credenti, uomo giusto per la società civile, ci è offerto come profezia di una resistenza alla mafia pensata e praticata con competenza, sacrificio e impegno, vissuta con le armi della legalità e della giustizia: armi del bene di un magistrato umile ma non remissivo, giusto e discreto, che non è rimasto a guardare dal balcone, come direbbe papa Francesco. Per tutti valgono le parole di un altro beato, anch’egli vittima della mafia, don Pino Puglisi: «Se ognuno fa qualcosa si può fare molto»