“Sulle soglie della notte” del regista Andrea Traina procede avanti e indietro nel tempo tra il 1977 e il 1996. Un viaggio nei luoghi dello scrittore di Comiso, interpretato da Gaetano Aronica partendo dal ritrovamento delle fotografie che gli aprirono le porte di casa Sellerio
Dove termina Diceria dell’untore comincia Sulle soglie della notte, il docufilm su Gesualdo Bufalino di Andrea Traina, regista e sceneggiatore siciliano che nel ragusano ha già iniziato a girare con un cast di attori tra cui Gaetano Aronica, che presterà volto e voce al grande scrittore di Comiso scomparso tragicamente nel 1996. La storia che sarà raccontata è un cortocircuito: un popolare attore arriva in Sicilia per interpretare Bufalino. Per prepararsi al ruolo affronta uno straordinario viaggio nei luoghi, fisici e mentali, dello scrittore comisano, incontrando chi lo ha conosciuto e ricostruendo le tracce di una vita spesa a ingannare la morte.
È il racconto di un vero e proprio “giallo metafisico” – così lo definisce il regista – che coinvolge in pieno lo stesso Bufalino che partecipa, quasi come un insolito detective, al ritrovamento di antiche fotografie di fine ‘800 e primi del ‘900 nella soffitta di una villa-fattoria il cui interessamento consentirà allo sconosciuto colto professore di liceo di essere “scoperto”, tramite Alberto Bombace, da Leonardo Sciascia e da Enzo ed Elvira Sellerio che si resero subito conto che l’autore della prefazione del libro che raccoglieva quelle foto perdute e ritrovate (Comiso ieri, pubblicato proprio da Sellerio) aveva confidenza e familiarità con le parole e con i libri.
«È tutta una narrazione che si muove su più livelli temporali – anticipa il regista – il prima e il dopo, il 1977, l’anno del ritrovamento delle lastre fotografiche, e il 14 giugno 1996 con l’ultimo giorno di vita di Bufalino. Un continuo andare avanti e indietro nel tempo. Con una struttura a tratti onirica e con elementi surreali si indaga nelle pieghe mentali e psicologiche di uno scrittore che ad un certo punto si interessa solo di una di quelle foto che viene ritrovata che raffigura un contadino vestito con l’abito della festa». Aggiunge il regista: «Ma c’è un elemento che colpisce Bufalino il libro che il contadino stringe in mano. E lui, da bibliofilo qual è, si appassiona, si incuriosisce e vuole assolutamente scoprire il titolo di questo libro. Questa sua piccola indagine lo porterà ad una soluzione inattesa e per certi versi persino sconvolgente».
Fotogrammi di una vita immaginaria, come suggerisce il sottotitolo di questo lavoro che richiama un altro sottotitolo, Frammenti d’una vita immaginaria che Bufalino aveva dato alla primissima e rara edizione del 1990 di Calende greche: un’opera che riassume i temi bufaliniani, dall’infanzia fantastica al rapporto col luogo natio scrigno di memorie, la giovinezza volata via a causa della malattia, l’amore non vissuto e l’appuntamento sempre rinviato con la morte.
Realizzato grazie alla Sicilia Film Commission e alla Fondazione Bufalino, che a Comiso conserva e promuove l’eredità civile e letteraria dello scrittore, il docufilm sarà girato a Comiso e a Vittoria. Tappe anche nelle bufaliniane “cento Sicilie”, sulle tracce dello scrittore: Ispica, Ibla, Noto e la Modica di Argo il cieco.
Gaetano Aronica, attore agrigentino che ha lavorato con Tornatore in “Malèna” e “Baarìa”, passando dal commissario Montalbano a numerosi ruoli in diverse serie televisive, non ultima “Maria Corleone” di Mauro Mancini, è già immerso nel mondo di Bufalino: «Sto rileggendo i suoi libri, altri ne sto scoprendo ora – dice – e sin da subito, da quando il regista mi ha chiesto un provino, ho trovato un senso di familiarità col personaggio che molto mi ricorda mio padre. Questo docufilm ci restituisce, attraverso una serie di coincidenze, di casualità e causalità, il mistero che sta nella vita e anche nella morte di questo grande siciliano che non merita di essere dimenticato. Un maestro della scrittura che avrebbe tanto da insegnare oggi, ma purtroppo siamo fluidi anche in questo, non abbiamo più punti di riferimento».
Un malpensante, Gesualdo Bufalino, candido e grande affabulatore. Parlava come scriveva, dissero di lui che considerava la pubblicazione di un libro «la lapide su un corpo in crescita». Misterioso nella luce e nel lutto dell’isola da cui mai si distaccò e che anzi si augurava venissero fuori i gesti rapidi e lieti dei più giovani utili a risollevare la Sicilia immobile e sommersa.
«Guardava la sua isola in modo fantastico – sottolinea Traina – territorio fertile di immaginazione letteraria, di costruzione di mondi. Del resto tutta la sua letteratura è pervasa di altra letteratura. Sono storie che raccontano altre storie, quasi come se fosse un’unica partitura in cui l’invenzione poetica o letteraria e l’inverosimile convivono sullo stesso piano, sempre sulle soglie della notte». Ecco, appunto: una vita vissuta sempre fissando il buio. In attesa della morte che lo assedia e per sfuggire alla quale, tra le altre cose, scrive.
Lo dirà lui stesso che la scrittura è un antidoto alla morte, mezzo per corrompere il carnefice, per ritardare l’esecuzione. Restando sempre nella sua Comiso a collezionare ricordi, mantenendo un’esistenza ritirata e discreta anche quando il successo letterario bussa alla porta della sua casa. Su quello che è accaduto prima che la sorte prendesse la strada della notorietà ce lo racconta questo docufilm che, attraverso la sceneggiatura firmata dallo stesso Traina, ci consegna un uomo di lettere rimasto incastrato fra il narrante e il narrato, tra memorie e favole, sempre incantato dallo stesso sogno. Come in quell’indimenticabile incipit di Diceria dell’untore.