Fondato a Racalmuto nel 1980

Se il peccato dell’Occidente è non odiare l’odio

Una riflessione di Alessandro Tedesco sul conflitto israelo-palestinese

Alessandro Tedesco

Risulta a tutti difficile seguire il fiume in piena di parole sul conflitto israelo-palestinese che scorre nelle tv, radio, giornali, sui social, tra la gente comune, e da persona che ha conosciuto quelle realtà e ne ha apprezzato e condiviso comportamenti e conosciuto la storia mi assale uno stato di angoscia che mi impone in qualche modo di reagire.

Così, da assiduo frequentatore di Twitter – recentemente ribattezzato “X” – ho scritto un lungo post, o meglio “thread”, che ripropongo qui di seguito e che per esigenze richieste dalle piattaforme diverse ho qui ritoccato lievemente.

La vittima deve essere colpevoleQuando pezzi della tua vita sono incollati alle esperienze, belle o brutte che siano, diventi intollerante alle superficialità, agli stereotipi. Non sopporti i banali luoghi comuni usati da chi cerca una spiegazione facile alle tragedie.

Il comodo approccio ai problemi è ricorrere ai pregiudizi che suggeriscono frasi del tenore:

Andava in minigonna, se l’è cercata”; Vengono qui e hanno cellulari da 1000!”; Rispetto i gay, però si baciano per strada…”;

Israele massacra i palestinesi, gli ebrei sono degli assassini!.

E in questa sufficienza si alimenta l’odio, si creano schieramenti, ci si accusa da una parte e dall’altra. Un odio amplificato dai social in cui le parole vengono usate per ferire chi la pensa diversamente ma anche solo chi è diverso per etnia, per religione, idee politiche… “L’odio – scrive Walter Veltroni nel suo libro Odiare l’odio – sembra una valvola di sfogo, ma in verità ci rende schiavi, ci impedisce di comprendere la realtà […]”.

Io sono stato su quei territori, a Ramallah, a Jerico, in Giudea nel Negev, dove hanno massacrato quei ragazzi la cui unica colpa era la loro voglia di vivere. Ho visto decine di ONG israeliane di ebrei e arabi-israeliani aiutare i palestinesi scappati da Gaza, portare negli ospedali israeliani i bambini oncologici, bambini mutilati dalle esplosioni dalle armi autoprodotte da Hamas che le mamme sono riuscite a sottrarre dalla furia dei fondamentalisti. Ho visto arabi vivere in pace con gli ebrei.

Ho parlato con ragazzi e ragazze dellIDF, felici di poter servire il loro paese, alcuni terrorizzati. Altri riservisti stanchi, professionisti dissociati dal sistema, vivere nel deserto, come hippies, lontano da tutto, dalla politica, da una realtà che non gli appartiene più.

Ho visto bambini israeliani vivere e giocare circondati da filo spinato, guardati a vista da cecchini dellIDF per paura che un martire sbucasse dal sottosuolo, come già successo tante volte. Ho visto anche ultraortodossi farmi paura, dalle loro parole così crudeli. E loro sì loro sono lo specchio di Hamas, reciproci.

Ho visto un soldato IDF maltrattare una donna araba per paura fosse una shahīd.

A Gerusalemme ho visto i contorni delle mutandine sotto il vestito della storia. Sono stato ospite nello shabat di una famiglia, ho osservato le Mitzvot  – i precetti che l’ebreo deve osservare.

Al muro del pianto ho assistito alla cerimonia della Bar Mitzvah, ho sentito battere il cuore dell’ebraismo nei tunnel sotterranei assieme agli ortodossi. Ho frequentato tanto gli arabi, i musulmani, palestinesi, nei loro territori e qui in Italia, fianco a fianco; ho mangiato con loro, dormito con loro, nelle loro case. Ho incontrato palestinesi fidanzati con israeliane, sposati con italiane, ora radicalizzati. Ho conosciuto arabi laici, stufi dellIslam, del sistema di vita arabo, ne ho conosciuto uno convertito allebraismo.

Non ho conosciuto un paese più tollerante di Israele – forse la Spagna del dopo franchismo – ma così tanto militarizzato. Non ho conosciuto posti più ospitali dei paesi arabi, ma così tanto intolleranti come tutto il mondo arabo.

E allora? Allora non si confonda Israele con lultradestra estremista, così come non farlo con i palestinesi e Hamas.

Oggi Israele è ostaggio di un governo squallido, come i palestinesi e gran parte del mondo musulmano e arabo è ostaggio di una cultura dellodio diffusa dal terrore e dalla propaganda di Hamas e dellIslam fondamentalista.

Lerrore sta nel cadere nella trappola, troppo facile per un Occidente così fragile alla compassione e ingordo di sensi di colpa che solo noi riusciamo a farci, figli di una religione secolarizzata, dellilluminismo, del positivismo, e che il mondo arabo sconosce, benché la sua storia sia piena come la nostra di sopraffazione massacri, disumanità, anche ai giorni nostri (i lager in Libia non sono uninvenzione dellEuropa né dei fascisti, la Tratta Araba, lo schiavismo è ancora vivo in Africa e lItalia lo ha anche subito per secoli).

 Abbiamo pagato e stiamo pagando a caro prezzo la nostra storia di prevaricazione, convinti che noi siamo sempre e comunque i carnefici, gli infedeli, il male, ed essere la causa di questo orrore che stiamo vivendo.

E così giustificare lingiustificabile.

Dopo aver scritto questo post su Twitter ho letto il bellissimo articolo di Yuval Harari, il filosofo scrittore israeliano, che fa una lettura simile alla mia ma ovviamente, in poche parole, molto più acuta e precisa:

“Per un verso noi israeliani stiamo pagando il prezzo di anni e anni di arroganza, durante i quali i nostri governi, e molti cittadini comuni, si sono sentiti talmente superiori ai palestinesi da permettersi il lusso di ignorarli. […] Questo, però, non giustifica le atrocità commesse da Hamas, che in nessun caso ha mai ammesso la minima disponibilità a siglare un accordo di pace con Israele e, anzi, ha sempre fatto il possibile per sabotare il processo di pace di Oslo. […]”.

Termino citando dal libro di V. Weltroni: “Se noi che odiamo l’odio troveremo le parole giuste, allora la libertà avrà un futuro. E nel futuro ci sarà libertà”.

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Alessandro Tedesco, giornalista pubblicista. Tra le sue pubblicazioni: il volume Alla ricerca del pubblico giovane dei teatri (ed.  Emilia Romagna 1997), Mountain bike in Sicilia (2017 ed. Verticali) e Il Viaggio di Mouktar (2021 ed. Meltemi).

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