Padre Alfonso Puma, figura di grande rilievo della storia di Racalmuto e vero protagonista del tempo che ha vissuto.
Quando ci ha lasciati, era il 2 gennaio del 2008, con lui se ne è andato un pezzo della memoria di Racalmuto. “Ho cercato di fare il mio dovere. Sono l’ultimo dei preti e l’ultimo dei peccatori, ma non ho mai voluto abbandonare la mia gente”.
Parlava così Alfonso Puma, l’anziano arciprete di quelle parrocchie di Regalpetra sempre più vuote, sempre più in silenzio. Era nato il 21 novembre del 1926 e a soli tredici anni era entrato in seminario. Una vita interamente dedicata alla sua comunità, prima come vice parroco dell’arciprete Casuccio, poi parroco nella chiesa del Carmelo e poi, dal 1966, arciprete alla Matrice. Era stato ordinato sacerdote ad Agrigento il 29 giugno del 1950 dal vescovo Peruzzo.
Tante cose si sono dette di padre Puma, a volte anche ironiche. Lui lo sapeva, perché era consapevole di essere un protagonista del suo tempo, un tempo lungo, complesso e difficile, e alle chiacchiere replicava con un sorriso, con una battuta, lasciando intuire che conosceva molte più cose della terra, del suo paese e dei suoi paesani di quanto si potesse immaginare.
Aveva lo sguardo furbo padre Puma, e il desiderio di leggere nel fondo dell’anima degli uomini. “Sono parrino”, ripeteva spesso. E lo declinava in modi diversi: con autoironia, come giustificazione o premessa. Vi aggiungeva un’occhiata complice, una stretta sul braccio. “Nipù“, diceva a tutti, giovani e anziani. Tutti nipoti. Perché un po’ si sentiva “lo zio” di un intero paese, perché tanti ne aveva battezzato, cresimato, sposato e moltissimi altri aveva accompagnato laggiù, all’ultimo indirizzo. Un personaggio che è stato centrale nella vita delle nostre parrocchie di Regalpetra.
Un uomo di chiesa, un artista e un uomo di piazza, in prima fila negli avvenimenti politici o agli appuntamenti culturali. Pronto a discutere con tutti, di tutto. Pronto a scrivere due versi in rima o tracciare il profilo del suo amato Pietro D’Asaro, quel pittore del Seicento riscoperto grazie anche a lui.
Organizzò assieme all’amico fraterno Leonardo Sciascia quella memorabile mostra delle opere del Monocolo Pietro D’Asaro e dedicò grande attenzione ai beni della chiesa racalmutese, conservando con cura anche l’ultimo dei documenti.
In questi ultimi anni tante cose sono cambiate a Racalmuto, in Sicilia e nel mondo. Ci resta, come di tutti coloro che hanno dato tanto, la lezione dei suoi gesti, delle tante cose fatte. Tra questi, l’amore incondizionato per il proprio paese.
“Nel 1962 – raccontava – monsignor Peruzzo mi chiamò perché mi voleva nominare arciprete a Santa Margherita Belice, prima del terremoto. Dissi che mi sarei trovato male. Sono rimasto tutta la vita a fare il missionario a Racalmuto”.
Ricordare la figura di Padre Puma è importante, per lasciare traccia, soprattutto ai più giovani, del sacerdote, dell’artista e del Racalmutese che è stato decisamente vero protagonista del tempo che ha vissuto. .