Nelle amichevoli conversazioni, il prof Napoli, confidava che le lunghe passeggiate serali o notturne, che sovente intraprendeva, gli consentivano di apprezzare nel silenzio delle strade i reconditi significati e la insita bellezza evocativa di alcuni luoghi del paese
Tutto in lui assumeva i contorni quasi diafani di qualcosa di aristocraticamente antico, che, nonostante l’incomprensione di alcuni, rivendicava rispetto e riscuoteva ammirazione: l’incomparabile conoscenza degli autori classici, il raffinato gusto musicale, la sincera devozione religiosa operosa ed attenta ed il tifo, ostentato con orgoglio e devozione, per il mitico Torino, quasi a riproporre il gusto particolare per le scelte originali ambite ed esclusive. Un’essenza nobile, dove con sapiente equilibrio venivano a convivere, quasi in un magico dosaggio, cultura e fede, intramontabile amore per la musica e struggente poesia, erudita conoscenza della letteratura classica ed indomita passione calcistica.
Visitare a Grotte la sua dimora avita, densa del magnetico fascino della vetustà, ti conduceva a condividere quel pervasivo e persistente ardore di libri antichi, che, in un’atmosfera di disincantata signorilità, ti invogliava alla consultazione dei testi, riposti con ingannevole disinvoltura sulla scrivania e sulle sedie, che sembravano irretire il visitatore, occhieggiando invitanti.
Era sempre suggestivo instaurare una conversazione con il Prof. Giuseppe Bendetto Napoli: ci si addentrava in un itinerario intricato e seducente, in cui con simultanea frequenza era possibile imbattersi nella malizia dei deliziosi versi dell’ “Ars Amatoria ” di Ovidio, accanto ai reconditi e vibranti significati rivoluzionari, contenuti nella leopardiana “Ginestra”. Poi, si poteva incredibilmente assistere al serrato confronto tra l’ineguagliabile eleganza poetica dei tragici greci e le coinvolgenti implicazioni filosofiche nelle opere teatrali di Seneca.
Ma questo viaggio delle meraviglie non aveva termine, se non dopo, lambiti i magistrali virtuosismi di Segovia, enumerate le insidie della metrica antica e dall’aoristo nei verbi greci irregolari, essere stata rievocata, con indissimulato compiacimento, l’esatta formazione del Torino o della nazionale di calcio in un memorabile incontro. L’interlocutore incantato si accorgeva che, tramontato il sole, la sera era divenuta la suggestiva cornice del racconto e della memoria.
Fu presidente dell’Azione Cattolica. La sua granitica coerenza morale concorse a formare tanti giovani, come il Dott. Antonio Carlisi ed il procuratore Filippo Vitello, che , successivamente, hanno nel loro impegno politico e sociale e nelle loro professioni, difeso e propugnato i valori di lealtà e giustizia, indicati dal loro maestro. L’intransigenza dottrinale, che nelle dispute e nell’impegno ecclesiale lo caratterizzava, spesso era mitigata dalla visione umanistica e dalla intensa sensiblità, suggerita da un’intima indole poetica. Il tratto distintivo del suo carattere era la gentilezza, ma, dinanzi alla grossolana protervia, al sarcasmo volgare ed alla arrogante presunzione, mostrava disappunto e fermezza; confermando di sentirsi a suo agio quando le sue erudite lezioni di letteratura arrivavano in soccorso davanti alla misteriose incongruenze della vita, lenendo le sue amarezze, come il protagonista de “La Badante” di Matteo Collura.
Nelle amichevoli conversazioni, il prof Napoli, confidava che le lunghe passeggiate serali o notturne, che sovente intraprendeva, anche nel tentativo di contrastare l’insonnia, gli consentivano di apprezzare nel silenzio delle strade i reconditi significati e la insita bellezza evocativa di alcuni luoghi del paese, che misteriosamente venivano celati dalla scontatezza della luce diurna.
Nella immobile quiete della notte, Giuseppe Napoli, come il personaggio di Collura di fronte al crepuscolo dell’esistenza, forse scopriva di essere grato alla luna che illumina non solo la notte ma anche noi…dentro, donando la speranza e rendendo il cielo meno tenebroso. E spesso in quelle notti nasceva la sua poesia, che appariva un sortilegio, scaturito dalla malinconia e dalla solitudine, ma sollecitato pure dalla speranza e dall’immarcescibile sentimento dell’amicizia, che poteva generare complicità, intensa e…amore. Questi componimenti costituiscono il suo inestimabile patrimonio culturale ed umano, la sua cospicua eredità morale, la sua sensibile genialità, la profondità umana, a feconda ricchezza intellettuale, l’innata capacità di comprendere e rispettare.
Forse adesso, come il guardiano delle rovine di Gesualdo Bufalino, starà chiamando con il suo mandolino, o accordando le corde della preziosa chitarra, gli spettri.
Ma ci piace fantasticare e pensare che anche lui possa essere immaginato, a diversi anni dalla sua morte, come uno degli spiriti di Cesare Zavattini, i quali senza invadenza, ma con discrezione e cortesia sono soliti fare visita ai viventi, prodighi di consigli e desiderosi di affetto.
Uno spirito d’altri tempi, dunque, che si avvicina con quel familiare passo leggero e felpato, con un sorriso dolce, quasi di scuse, con il quale sia possibile parlare e scoprire insieme come la vera sapienza coincida con la profonda e sincera umiltà.
Da malgradotuttoweb aprile 2017