Fondato a Racalmuto nel 1980

Totò Cuffaro, i «mai più», le candidature e la sfida europea

Dopo la condanna e la decisione di non fare più politica, lo stop di Forza Italia in vista delle Europee. Ma l’ex presidente della Regione Sicilia è pronto a correre

Salvatore Cuffaro, foto di Pietro Tulumello (Archivio MT)

Da Rebibbia era volato in Burundi. Voltando le spalle alla politica. Mai più, diceva Salvatore Cuffaro, Totò per gli amici, un bacio per tutti, soprannominato “vasa vasa” da elettori e denigratori. Scottato dalla musa che lo aveva ammaliato fino condurlo nei siculi labirinti dove mafia e politica s’incrociano.

Quando ripeteva mai più, su quest’uomo finito in cella da presidente della Regione siciliana gravava pure il peso di una interdizione dai pubblici uffici. Passato qualche anno, lo scorso febbraio, il tribunale di sorveglianza lo ha riabilito del tutto. Anche se, frattanto, era rientrato dal Burundi, dopo avere costruito in Africa un ospedale per i senza niente. Rientrato per fondare un nuovo partito. Nuovo ma con un nome vecchio, Democrazia Cristiana. Sono passati nove mesi e tutto è cambiato. Perché, mentre in inverno ripeteva “mai più”, riferendosi non più alla politica ma ad una sua candidatura, adesso sembra caduto anche quest’altro muro, pronto alla battaglia per le Europee.

A dare la mazzata al muro, a far cedere Cuffaro alla tentazione, dicono i suoi fedelissimi, sarebbe stato però addirittura il successore di Berlusconi, il vice premier Antonio Tajani, che alla convention di Forza Italia tenuta a Taormina, gli ha chiuso la porta in faccia. Ha detto no a Totò che, con i suoi voti e con i suoi assessori, è rimproverato da ambienti e associazioni antimafia di reggere sia la giunta di Palermo e il sindaco centrista Roberto Lagalla, sia il governo regionale a trazione forzista di Renato Schifani.

Quest’ultimo schierato con Tajani nel niet espresso a una eventuale coalizione elettorale con la cuffariana Dc. Come da richiesta attribuita alla più eccellente delle new entry nel pianeta “azzurro”, l’eurodeputata Caterina Chinnici. Figlia del magistrato ucciso dalla mafia nel 1983, eletta a Bruxelles col PD, l’anno scorso paladina della Sinistra in corsa per la poltrona di governatore contro Schifani, ma da qualche mese transitata con manovra acrobatica nello stesso partito dell’ex presidente del Senato.

Un no a Cuffaro che ha avuto il plauso di Rita dalla Chiesa (“Brava Caterina”), pronta a sospettare che le fila di quella nuova Dc benedetta dall’ex governatore inquisito siano inquinate, ma cancellando d’un colpo i dubbi che gravavano nel passato su pezzi della componente siciliana di Forza Italia.

E’ lo psicodramma di fine anno che percorre il centro destra nell’isola dove intanto echeggiano comunicati trionfali su sindaci, consiglieri comunali, presidenti di quartieri, assessori, esponenti del sottobosco politico che lasciano tanti partiti per approdare in quello del vecchio nuovo Totò.

Il primo test risale all’ottobre 2021 quando il Cuffaro del “mai più” provò a misurare la sua forza a due passi da casa. In provincia di Agrigento. Lui ha affetti, radici e voti a Raffadali, città di pistacchi e pasticcini. La prima prova nella vicina Favara dove riesce a fare eleggere tre consiglieri comunali con l’11,5 per cento dei voti. Poi Giarre, Caltagirone e così via fino all’exploit delle Regionali 2022. Allora, torna a Palazzo dei Normanni con 5 deputati e un bottino del 6,5 per cento. Il resto è una corsa da pigliatutto. Con consiglieri dei 5 Stelle o di FdI che a Naro o Montallegro scelgono lui. Come succede a Palma di Montechiaro, a Realmonte con la sindaca della Scala dei Turchi, a Lucca sicula con 4 dei 10 consiglieri passati in blocco insieme con un assessore. E pure ad Agrigento dove una ex presidente dell’Arci passa con Totò, lieto di accogliere anche tre consiglieri comunali.

Tutti punti di forza e fonti cui attingere voti per la possibile volata europea, da giocare a questo punto contro un pezzo del Centrodestra. Anche contro il governo di cui fa parte il Cuffaro che potremmo rivedere a Bruxelles. In questo caso, forzatamente lontano dalla tenuta di San Michele di Ganzeria, in provincia di Catania, dove produce ottimi vini. Un eden da cento ettari che non sembra ancora il suo buen retiro.

Dal

CORRIERE DELLA SERA

2 dicembre 2023

 

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