Fondato a Racalmuto nel 1980

“Giuseppe Antonio Borgese. Romanzi e racconti”

Conversazione sullo scrittore “eversivo e irriducibile” con Salvatore Ferlita e Gandolfo Librizzi 

La restituzione di un pezzo di storia legata agli scrittori siciliani. Al centro della nostra conversazione il libro “Romanzi e racconti di Giuseppe Antonio Borgese”, edito da La Nave di Teseo, curato da Gandolfo Librizzi e con la prefazione di Salvatore Ferlita.

Giuseppe Antonio Borgese nasce a Polizzi Generosa (Palermo) il 12 novembre 1882. Autore eclettico, versatile, moderno, fu una delle personalità più autorevoli e ascoltate del primo Novecento italiano.

Gandolfo Librizzi. Foto Salvatore Indelicato

Chiediamo a Gandolfo Librizzi

Polizzi e Borgese. Quale rapporto ha avuto lo scrittore con la sua città natale?

Borgese andò via da Polizzi a sei anni per studiare a Palermo. Al riguardo c’è una significativa letterina mandata allo zio che Sciascia considerò nel suo Per il ritratto dello scrittore da giovane edito da Sellerio. Poi, per le vacanze estive puntualmente ritornava in paese e così fino all’età adulta, anche sposato. Vi sono delle lettere che da Polizzi egli scriveva durante i suoi infiniti soggiorni, ultimo dei quali nel 1917. Poi, mantenne vivo questo suo rapporto nei diari (intese alcune pagine) e nei ricordi trasposti nelle sue opere e nei suoi articoli giornalistici (lungo l’elenco e struggenti alcuni passaggi da Tempesta nel nulla a La città sconosciuta e così via in diversi articoli del Corriere della Sera). Lo stesso Rubé, con il suo paese immaginario del protagonista Filippo, Calinni, altro non è che Polizzi dove vi è citato ben 73 volte, insieme a una infinita descrizione paesaggistica che, per chi conosce i luoghi, a partire dalla maretta, ovvero la nebbia che copre la valle, altro non sono che proprio i paesaggi di Polizzi che Borgese conservò intatti e, trasfigurandoli e universalizzandoli trasfuse nelle sue pagine quale atto d’amore per il suo paese d’origine.

Hai scritto: “Borgese sarebbe felice di vedere quest’opera che abbraccia tutta la sua opera narrativa”…

Assolutamente sì, perché questo era uno dei progetti coltivati fin dall’esilio americano e poi, al suo rientro dettagliato fino alla firma di un contratto editoriale vero e proprio. Si arrivò vicino alla pubblicazione a metà degli anni ’60, ma poi non se ne fece più niente. Quel progetto prevedeva l’ammontare delle pagine, non più di mille e, fatale coincidenza postuma, l’edizione de La nave di Teseo arriva a 1008!

Possiamo considerare questo libro un dono per gli appassionati di letteratura, che colma un vuoto che volevano coprire Massimo Onofri e Vincenzo Consolo?

Certamente, queste due personalità avrebbero voluto un meridiano borgesiano, ne abbiamo parlato più volte di persona. E quindi quest’opera oggi colma un vuoto per chi vuole conoscere in maniera sistematica l’opera di questo grande autore.

Borgese e il fascismo: un rifiuto assoluto con quali conseguenze?

Il suo non aderire al fascismo, nella Milano degli anni ’20 era un potente dissenso anche se manifestato in forme non plateali. Tutti sapevano, gli ambienti intellettuali e la stessa polizia segreta del regime, l’OVRA che Borgese non indulgeva verso il regime. Scelse la strada del silenzio pubblico ma privatamente, a casa sua, i cenacoli erano frequentati da allievi antifascisti quale, fra tutti, Eugenio Colorni, uno degli estensori del manifesto di Ventotene e morto alla vigilia della liberazione di Roma nel ’44. Il suo rifiutò gli causò, non solo la perdita della cattedra (fu reiterato solo al suo rientro in Italia nel ’48) ma, contrariamente a quanto stabiliva la stessa legge sul giuramento, la perdita della pensione pur avendo diritto. Di suo pugno, Mussolini, rigettando la richiesta di pensione avanzata dalla moglie, scrisse: “Gli si poteva perdonare il passato. Non l’oggi. Resta un nemico”. La sua opera Gloa, marcia del fascismo, pubblicata in America e tradotta in diversi paesi segnò la caduta dell’immagine di Mussolini negli Stati Uniti.

A chi si rivolge questo libro, quali gli obiettivi che intende raggiungere?

Si rivolge a tutti, essendo un autore che ha segnato la vita cultura della nazione nella prima metà del ‘900. E, considerato che tranne il Rubé le altre opere non sono state più ristampate se non sporadicamente, allora, oggi è possibile disporre di una raccolta, appunto, che fa rivivere Borgese.

Chiediamo a Salvatore Ferlita

Salvatore Ferlita. Foto di Angelo Pitrone

Qual è la tua idea su Rubè? Perché la critica non ha compreso fino in fondo questo romanzo?

La critica non era preparata a Rubè, capita spesso in letteratura: nessuno, ad esempio, si aspettava uno scrittore come Pirandello. I grandi autori, gli innovatori pagano lo scotto di essere in anticipo, di fare da apripista. L’Italia di quel periodo annegava in un mare di melassa calligrafica, fatta qualche rara eccezione. Contava il pezzo di bravura, il gesto atletico della scrittura; Borgese, invece, segue un’altra strada e lo seguirà un drappello di narratori armati fino ai denti.

Si può affermare che Borgese sia uno scrittore ribelle in un periodo difficilissimo della nostra letteratura?

Certo, è un eversivo e un irriducibile: non si piega al conformismo, sceglie di stare da un’altra parte (dal punto di vista ideologico e geografico) in un periodo complicato e pericoloso. La sua sarà pure un’emigrazione linguistica, visto che in America scriverà le sue opere in inglese.

Nel romanzo di Borgese il personaggio Filippo Rubè si presenta con le tasche piene di lettere di raccomandazione. Roma viene descritta come luogo di perdizione, deputati, uomini d’affare senza pudore…

Sì, lo spaccato che ne viene fuori è desolante, siamo nella circoscrizione del pessimismo antropologico: Borgese sa bene come vanno le cose, lo skyline della Roma di quel periodo disegnato dallo scrittore di Polizzi Generosa fa pensare ai Vecchi e giovani di Pirandello. Borgese ritrae un’Italia irredimibile.

La provincia siciliana ha dato i natali a scrittori che hanno conquistato un posto di rilievo nel panorama letterario internazionale. Oltre a Borgese, nato a Polizzi Generosa, Diodoro Siculo ad Agira, Luigi Capuana a Mineo, Pirandello a Girgenti, Quasimodo a Modica, Vittorini a Siracusa, Bufalino a Comiso, Sciascia a Racalmuto, Camilleri a Porto Empedocle, Consolo a S. Agata di Militello, Antonio Russello a Favara...

La provincia può risultare una sacca di resistenza, un luogo al riparo dalle mode e dalle tendenze del momento. È impressionante il numero di scrittori isolani che tra Otto e Novecento hanno dato un contributo fondamentale alle carte letterarie nazionali e internazionali. Ma è pur vero che i siciliani, che son nati in provincia, poi hanno avvertito l’urgenza di andar fuori, di confrontarsi con gli altri. Da questo cortocircuito son venuti fuori grandi capolavori.

Borgese e De Sanctis: un legame profondo con riflessioni acute sul rapporto tra arte e società, tra arte e impegno civile…

Borgese, che incrocia sulla via di Damasco Benedetto Croce (non potendo evitare poi la rotta di collisione), ha qualche tratto che lo avvicina a De Sanctis: il suo sguardo si incunea negli anfratti civili e sociali, guarda allo sviluppo delle questioni e dei generi senza perdere di vista le questioni ideologiche.

Quanti scrittori siciliani si intravedono nell’opera di Giuseppe Antonio Borgese?

In esergo si intravede ovviamente Pirandello, come è già stato detto. Ma pure, guardando in proiezione, ossia tenendo conto della forza germinale delle pagine di Borgese, nella sua opera scorgiamo la sagoma di Leonardo Sciascia, che fu suo lettore appassionato e geniale.

Qual è l’attualità di Giuseppe Antonio Borgese e quali sono gli obiettivi di questo importante lavoro?

Borgese, come tutti i grandi autori, risulta sempre in anticipo, mentre noi affrontiamo questioni e proviamo a trovare vie d’uscita interpretative, ci accorgiamo che uno come Borgese già in tempi non sospetti si era posto gli stessi problemi analizzandoli con un acume impressionante, con un coraggio ermeneutico che ci sorprende. Come dimostra, ad esempio, la sua posizione nei confronti dell’eterno fascismo italiano. Borgese è il contemporaneo del futuro per usare un’espressione di Giuseppe Pontiggia, riferita ai classici. Il volume che raccoglie i romanzi e i racconti risulta una sorta di tardivo risarcimento, ovviamente, ma pure è la conferma di un’esistenza dedicata alla scrittura, ci restituisce i suoi rovelli, le sue passioni, le sue intemperanze, la sua idea di stile e di ricerca letteraria. Spero che possa intercettare tanti lettori di buona volontà, disposti a mettere in discussione schemi storiografici e canoni spesso iniqui.

 

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