Erano i giorni del ‘43 quando a Villa del Nevoso (in Istria) i partigiani titini uscivano allo scoperto e i soldati italiani non sapevano cosa fare. Tra quei soldati vi era anche il sottotenente Antonio Lauricella. Ecco cosa accadde
Erano i giorni del ‘43 quando Villa del Nevoso (in Istria) tornava a chiamarsi Ilirska Bistrica e i partigiani titini (comunisti) uscivano allo scoperto. Sì, erano quei giorni là e i soldati italiani non sapevano cosa fare.
Ci sono tornata a Villa del Nevoso, ovvero ci sono andata qualche anno fa, perché fino allora c’ero stata solo col pensiero e con quelle foto che poi mi portai in quel viaggio senza senso. Ma era troppo tardi. Trovai un paese triste e freddo e non ebbi il coraggio di mettermi a mostrare ai pochi passanti slavi quelle mie vecchie foto.
Erano immagini in bianco e nero, quelle classiche con commilitoni e con amici (e amiche!) del posto, con mio padre, il sottotenente Antonio Lauricella, che lì aveva vissuto la sua guerra, conquistandosi la stima di soldati e superiori e intessendo rapporti di amicizia con la popolazione locale, senza sapere quanti di loro fossero in realtà partigiani titini.
Fu lì che mio padre rischiò le foibe o una qualche forma di esecuzione sommaria.
Era l’otto settembre del ‘43 e così, senza un preavviso, venne comunicato (ad un’Italia e ad un esercito sbigottiti) che era stato firmato l’armistizio, ma che…la guerra continuava!
Che fare? Mio padre, dopo aver consegnato la paga ai soldati e distribuito le scorte alimentari della caserma alla popolazione locale affamata, si mise in viaggio, direzione Grotte, un puntino di terra e di zolfo nel cuore più profondo della lontana Sicilia.
Per un motivo che non ricordo, fu di lì a poco costretto a tornare a Villa del Nevoso, divenuta frattanto Ilirska Bistrica, dove venne ospitato per la notte da amici sloveni.
La mattina seguente, uno strano buongiorno, perché, gli dissero, se lui aveva potuto dormire, per loro non era stato così: durante la notte si erano infatti presentati alcuni partigiani titini per portarselo via, probabilmente verso le foibe…
Era stato celebrato una sorta di processo, gli amici lo avevano difeso ed alla fine mio padre era stato assolto! E così poté riprendere quel viaggio, lunghissimo quanto era lunghissima quell’Italia assediata, tagliata in due dalla linea del fuoco, da uno Stretto attraversato in barca, tra incontri sorprendenti con amici sbandati e incontri insidiosi con tedeschi occupanti.
Vicende che avrebbero dovuto essere raccontate quando il ricordo era ancora vivo e le emozioni ancora palpitanti, ma di cui cercherò di raccogliere i pezzi per tramandarli ai miei figli. Questa potrebbe essere la prima puntata, finché la memoria, per quanto possibile, continuerà a sorreggermi.
Lo devo al mio grande Eroe, il mio straordinario papà, che in ogni luogo da lui frequentato ha lasciato traccia della sua straordinaria umanità.