Nei giorni in cui si rievocano i riti della Settimana Santa il Calvario diventa il luogo di riferimento non soltanto dei grottesi ma ache di tanti turisti. I mini murales che ripercorrono le 14 stazioni della Via Crucis.
Dal 24 marzo, Domenica delle Palme, Grotte torna a celebrare i riti della settimana santa, una antica tradizione alla quale i grottesi sono profondamente legati e portata avanti negli anni con grande cura e passione dall’Associazione “Giudei Andrea Infantino”.
Una tradizione che a Grotte assume un fascino particolare grazie anche alla presenza di un calvario, ritenuto tra i più belli e suggestivi della Sicilia, che nei giorni in cui si rievoca la passione di Cristo diventa il luogo di riferimento non soltanto dei grottesi ma ache di tanti turisti.
Il calvario di Grotte, la cui origine risale alla fine del 1600, nei giorni in cui si rinnovano i riti della settimana santa accentua la sua centralità grazie anche ai mini murales che raccontano la passione di Cristo e che portano la firma di grandi pittori siciliani.
Furono realizzati nel 1983 e costituiscono la prima tappa di un progetto, voluto dall’allora sindaco Stella Castiglione, che mirava a salvaguardare e valorizzare quello che si era salvato, fino ad allora, “dall’incuria e dalle incomprensioni del passato”, del patrimonio artistico locale.
Le opere ripercorrono le 14 stazioni della Via Crucis. Il percorso si apre con le due edicole di accesso realizzate da Renzo Collura e Gaetano Di Liberto. La prima “Getsemani”, di Collura, preludio alla Passione, mostra la collina del Golgota dove si compirà il dramma del grande morituro; la seconda “Benedizione e Fede”, di Di Liberto, emblemizza la conclusione della vicenda terrena di Cristo, indicando nel segno della Passione la via della redenzione e della fede.
Seguono, poi, secondo l’ordine delle 14 stazioni della Via Crucis, tutte le altre opere:“Il momento della condanna”, di Pina Mazzara, dove la figura di Cristo emerge serena e solenne; “Gesù che viene caricato della Croce, di Giambecchina, un Cristo umanizzato tra contadini e donne della terra siciliana; “La prima caduta”, di Athos Collura, proposta dall’artista nell’intimità di un interno borghese; “L’incontro con la madre”, di Alfredo Marsala Di Vita, dove si possono cogliere i segni simbolici di una realtà consumistica in cui emerge la figura di un Cristo invecchiato che si contrappone a quella della Madre addolorata; “Il Cireneo”, di Gaetano Lo Manto, dove la figura dell’uomo di Cirene viene mostrata a raccogliere la croce; “La Veronica”, di Andrea Carisi, dove l’artista fa rivivere il personaggio in una immagine sfumatamente cinematografica trattata con sapienza grafica.
Poi, ancora, “La seconda caduta”, di Tino Signorini, dove la scena rivive in una immagine estremamente drammatica e inquietante, che ci mostra il corpo di Cristo distrutto dal peso della croce; “Il pianto delle donne di Gerusalemme”, di Lamberto Cannistraro, in cui Cristo viene mostrato avvolto dalle braccia dei fedeli sofferenti per il suo dolore e dove i colori sembrano diventare essi stessi parole di dolore; “La terza caduta”, di Giusto Sicato, che il pittore fa rivivere in una dimensione poetica con elementi decorativi molto cari all’arte popolare; “Spogliato delle vesti”, di Dimitri Plescan, dove il Cristo ci viene mostrato decorticato dagli artigli dei suoi persecutori.
Continuando il percorso e avviandoci alla conclusione del dramma si arriva all’undicesima stazione: “Gesù inchiodato sulla croce”, di Vittorio Silvestri, assieme al corpo di Cristo qui sembrano essere inchiodate anche, in una atmosfera sconvolgente, le tensioni e le speranze di un’intera umanità.
Dodicesima stazione, “Consumatum est”, di Michele Spataro, qui Cristo rivive nell’immagine di ogni uomo sofferente condannato alla crocifissione eterna.
Tredicesima stazione, “La Deposizione”, di Gianni Provenzano, l’immagine è quasi un fotogramma di una sequenza filmica che mostra il corpo di Cristo tra le braccia della madre.
E’ arriviamo così alla quattordicesima stazione, “Nel Sepolcro”, di Totò Bonanno, ultimo atto della drammatica vicenda, dove aleggia una atmosfera di sgomento.
Un itinerario suggestivo, caratterizzato, nella narrazione pittorica, da un intreccio di sentimenti popolari, di passioni istintive, di trasporti fideistici e liturgici, da sensazioni di sgomento e di speranza, di certezze e di dubbi, di tutto ciò che, in definitiva, appartiene al grande tema della religiosità personale e collettiva.
“Un itinerario – ebbe a commentare Mons. Luigi Bommarito, in quegli anni vescovo della Diocesi di Agrigento – scaturito soprattutto da una notevole sensibilità religiosa e da una raffinata narrazione artistica. Nella varietà delle interpretazioni, infatti, la Passione di Cristo diventa passione dell’umanità che cammina soffrendo e sperando verso la meta della resurrezione”.