Il nuovo numero monografico del trimestrale dedicato agli anni Trenta in Sicilia. La recensione di Gaetano Celauro
Presentato all’Archivio Centrale dello Stato nell’ambito dell’iniziativa “Conversazioni con gli autori”, il nuovo numero monografico del trimestrale “Studi Storici Siciliani” dedicato agli anni Trenta in Sicilia.
Si tratta di un’opera che è frutto di un impegno interdisciplinare che ha coinvolto ben trenta autorevoli studiosi che si sono dedicati con impegno ad approfondire il suddetto periodo definito di consenso al regime fascista. È una fase storica che richiede ancora oggi un’analisi approfondita e nuovi studi storiografici ed il presente volume si inserisce a pieno titolo in un questo ambito per il suo alto valore scientifico in ragione degli studiosi intervenuti che hanno operato su valide fonti archivistiche e bibliografiche. Ma si sono estratte preziose informazioni anche da ricerche compiute su fondi dell’Archivio Centrale dello Stato, in particolare dagli archivi ora depositati nella sede dell’EUR che costituiscono una fonte di studio e di ricerca per la migliore conoscenza di un periodo storico che è stato oggetto di studio e di ricerca da parte di egregi ed illustri studiosi.
Il fascicolo monografico sugli anni Trenta in Sicilia, come promosso dal prof. Saija, che è oggetto della presentazione nei numeri 1 e 2 costa di 350 pagine ed è stato strutturato come spiegato nel prologo: “A introdurre, a sintetizzare e, nello stesso tempo, a specificare l’intento complessivo di questo numero di «Studi Storici Siciliani» è il prologo nel quale Marcello Saija, analizza le caratteristiche che il totalitarismo fascista assume nell’ isola riproponendo antichi schemi gerarchici e nuove articolazioni del potere (cfr.: La ricetta fascista per la Sicilia: un nuovo Medioevo?)
La prima parte è dedicata a saggi che si occupano della Sicilia nel suo insieme mentre la seconda parte è dedicata alle singole nove province di cui due (Enna e Ragusa) nascono proprio negli anni Trenta.
Dalla disamina della articolata ricerca emerge una immagine della Sicilia, delle città in particolare capoluoghi di provincia, dove le specifiche vicende politico istituzionali si intrecciano inevitabilmente con i più generali problemi socio-economici. Una fase di consolidamento del potere dove è presente al contempo un clima talvolta di collaborazione come pure di rivalità tra istruzioni governative (prefetti) e strutture di partito (federali). Pur nelle diversità, sono però comuni le difficoltà economiche e le condizioni di disagio delle classi sociali più colpite dalla crisi economica, dalla disoccupazione e dalla povertà.
Nei vari saggi si affrontano tematiche che si intersecano tra politica ed economia come pure viene evidenziata ‘immagine del regime che si appalesa nell’architettura degli edifici pubblici. I saggi degli architetti, degli storici dell’architettura e di storia dell’arte, hanno messo in luce i progetti degli edifici pubblici con quali il regime fascista ha inteso trasmettere, al di là della loro propria funzione, anche l’immagine fattuale e imponente del suo potere.
A questo proposito si ricorda il progetto dell’architetto Angelo Mazzoni per la realizzazione del Palazzo delle Poste di Palermo, esaminato da Maria Antonietta Spadaro, mentre Paola Barbera ha tracciato una panoramica più generale sull’architettura fascista degli anni Trenta nella citta siciliane esaminando anche i disegni e i progetti conservati nei fondi archivistici riferiti in particolare alla costruzione delle “Case del fascio” e di altri edifici legati al PNF.
Viene documentata in alcuni saggi la politica di potenza e di repressione come pure i riflessi della politica estera del regime compaiono dalle ricerche di Maria Teresa Di Paola sul ruolo del consolato britannico di Messina nel periodo di tensione internazionale, mentre nel saggio di Santo Lombino l’espansione coloniale in Africa orientale è vista attraverso le fotografie di alcuni soldati siciliani in Etiopia.
Il volto repressivo della dittatura che emerge nel testo di Alfredo Sgroi sulle vicende di alcuni omosessuali catanesi puniti con il confino, mentre le ripercussioni della famigerata legislazione contro gli ebrei sono prese in esame da Giuseppe Speciale attraverso l’applicazione delle Leggi razziali in Sicilia tra il 1930 e il 1943 e da Tullia Giardina attraverso le vicende di alcune donne ebree in provincia di Ragusa, mentre Nunziatina Spatafora si sofferma su associazioni di alcune donne siciliane protagoniste di episodi di opposizione al. regime.
Di sopra enunciati solo alcuni dei tutti pregevoli saggi, precisando come la scelta di trattare nello specifico un decennio nel ventennio del regime fascista è stata dettato dalla circostanza che gli anni Trenta sono considerati come il decennio del consolidamento dopo l’iniziale assestamento degli anni Venti, anche e soprattutto in Sicilia si manifestano gli effetti, per lo più perversi, di scelte politiche che non portano a un necessario cambiamento delle strutture economiche e sociali, ma relegano l’isola in una dimensione sempre più legata alle sue risorse interne.
La Sicilia, secondo Sciascia “concentra e concretizza “spesso “ogni male italiano”, ed è di rilievo leggere o meglio rileggere gli anni Trenta, se non per trovare tutte le risposte, certamente a farci riflettere e a ricordarci che quel che ci è accaduto allora è, in gran parte, una delle ragioni della attuale mancata, o comunque parziale modernizzazione dell’Isola.