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“L’uomo Gesù è simbolo di tutti i popoli oppressi in ogni angolo del mondo”

Venerdì Santo, la riflessione dell’Arcivescovo di Agrigento sul sagrato della Chiesa San Domenico 

Il Venerdì Santo ad Agrigento. Il Cristo incontra la Madre addolorata. (Foto di Carmelo Petrone)

La riflessione che l’arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, ha pronunciato sul sagrato della Chiesa San Domenico durante la processione notturna del Venerdì Santo, quasi al termine del lungo giorno penitenziale, “segnato – ha detto l’Arcivescovo – da dolori lontani e turbamenti attuali, con la processione di Gesù “appassionato” per le vie e tra le case di un quartiere cuore della “cittadella” di Agrigento. Sulla via abbiamo vissuto “l’incontro” della Madre addolorata con il Figlio caricato dalla croce.  Con loro abbiamo sostato sotto la croce e ancora percorse le vie della città”.

Tappe dell’intensa giornata che mons. Damiano ha voluto percorrere accanto e con il popolo fedele e le confraternite del SS. Crocifisso e dell’Addolorata perché come ebbe a dire in occasione della inaugurazione della mostra fotografica “I Misteri di Pasqua”, nella Chiesa San Lorenzo, “la processione del Venerdì Santo, va vissuta per immersione, bisogna immergersi nella processione; raccontarla è sempre un impoverimento”.

Sul sagrato della Chiesa San Domenico davanti all’urna del Cristo morto, secondo il metodo di preghiera ignaziano della “composizione del luogo”, Mons. Damiano ha invitato i presenti  a immaginare la scena del processo a Gesù davanti a Pilato; a sostare dinanzi a Pilato che ci mostra Gesù: “Ecce homo», ecco l’uomo! Un uomo sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo … Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Pilato, fattolo flagellare intende lasciarlo libero. Sappiamo – ha detto l’Arcivescovo – che non è andata così. Lavarsene le mani come Pilato è rimasto un modo di dire fino ad oggi, un motivo ci sarà. Quell’uomo di cui il salmista dice: «che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato”. L’uomo Gesù, esposto al pubblico scherno, sbeffeggiato da chi lo aveva osannato è simbolo di tutti i popoli, di tutti gli uomini e le donne oppressi in ogni angolo del mondo e in ogni epoca della storia fino ai nostri giorni, Gesù “appassionato” ha attraversato le nostre vie richiamandoceli, al suo passaggio ci siamo chiesti, io da che parte sto? Sono anch’io un oppresso? O sono un oppressore? O uno che se ne lava le mani?”

Rivolgendosi al popolo fedele agrigentino presente in piazza san Domenico, l’Arcivescovo ha chiesto: «Chi sono gli oppressi antichi e nuovi di Agrigento? Chi sono gli oppressori di questo popolo?”  Non ha dato una risposta ha indicato il Cristo: “Ecco l’uomo! L’uomo della croce – ha proseguito – che da la vita in pienezza, e chi segue l’uomo Gesù si fa anch’egli più uomo tanto da poter dar voce a chi non ha voce: ai poveri di casa nostra e a quelli lontani, ai minori abusati, ai fratelli e alle sorelle sfigurati dalla guerra orribile carneficina, a giovani – e non solo – sfigurati dal consumo crescente di droghe infestanti, alle tante, troppe vittime di ogni violenza. Ecco l’uomo Gesù, in lui un umanesimo compiuto. Un umanesimo concreto. Nella Evangelii Gaudium, papa Francesco insegna che la realtà è sempre superiore all’idea, concretizzare significa parlare con la vita, trovando la sintesi dinamica tra verità e vissuto, seguendo il cammino tracciato da Cristo e da quegli uomini e quelle donne che hanno saputo parlare con la vita”.

L’Arcivescovo di Agrigento Alessandro Damiano. Foto di Carmelo Petrone

Infine un invito: “Bisogna educarsi a saper pensare insieme, progettare insieme, costruire insieme un mondo che sia la casa di tutti i popoli, convivere  è il nostro destino, la città terrena non è una società di genti installate in dimore definitive, ma di genti in cammino… Ricevere amore e dare amore è il senso più profondo della vita di ogni essere umano. Nella coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire. Questa voce, che lo chiama sempre ad amare, a fare il bene e a fuggire il male, al momento opportuno risuona nell’intimità del cuore: fa questo, evita quest’altro. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo”.

“Senza Dio – affermava Benedetto XVI – l’uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere se stesso». Maria, madre dolorosa – ha concluso  Mons. Damiano –  ci assista nel cammino. È la Pasqua del Signore!”.

Da

L’Amico del Popolo

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