IL RICORDO Giuseppe Nalbone, medico e storico. I suoi occhi sfavillavano quando arrivava lassù al Serrone, e guardava il paese dalla collina.
Quando arrivava lassù al Serrone e guardava il paese dalla collina, i suoi occhi sfavillavano. E davano riflesso al sentimento interiore di amore e passione grande per la terra delle radici. Perché se è vero che era nato a Palermo, il suo cuore è sempre stato a Racalmuto. E a Racalmuto Giuseppe Nalbone ha dedicato anni e anni di ricerche e di studi lasciate ai giovani.
Almeno questo era il suo intendo quando, nel 2004, alcuni di noi lo convinsero a pubblicare quel libro, Delle Chiese di Racalmuto, che a pieno titolo ormai lo inserisce degnamente nella tradizione di cultori di storia locale.
Da lassù, dunque, dal “belvedere” dei Nalbone, il professore guardava Racalmuto ed era felice. Ne conosceva vizi e virtù attraverso le centinaia di carte d’archivio impolverate che ha recuperato negli archivi locali e regionali, lasciando un enorme lavoro di memoria.
Mite e discreto, un vero galantuomo d’altri tempi, lo ricordo nelle lunghe passeggiate in campagna a raccontare storie e vicende del paese e dei paesani, tra tutti lo zio amatissimo, il gesuita Francesco Di Paola Nalbone, precursore di tanti illustri gesuiti racalmutesi (e a loro dedicammo addirittura un librettino, I Gesuiti di Racalmuto, pubblicato nel 2009).
Sapeva leggere antichi documenti: operazione delicata che applicò con la stessa onestà professionale di quando leggeva le radiografie. E si, perché Giuseppe Nalbone è stato prima di tutto un grande medico.
Si era laureato in medicina nel 1949 e poi specializzato in Radiologia medica e radioterapica. Intrapresa subito la carriera ospedaliera, nel 1967 diventa primario all’ospedale oncologico “Ascoli” di Palermo fino al 1989. È stato componente della Commissione regionale di programmazione per il piano sanitario di Radiologia e in quegli anni ha scritto e pubblicato una cinquantina di relazioni scientifiche. Non c’era racalmutese o grottese che non si rivolgeva al dottor Nalbone. E a Palermo, dove viveva, le porte della sua casa erano sempre aperte per i suoi “concittadini”.
I baffetti a fiammifero, tipici in quegli anni di grandi speranze per l’Italia tutta, lo rendevano ancor più elegante e signorile. Glielo dissi una volta, scherzando: da giovane somigliava più a Billy Gilbert o Clarke Gable? Rise quel pomeriggio d’agosto all’ombra dei pini del vialetto che conduceva alla sua casina rossa costruita dal nonno di cui sempre parlava con affetto e stima. Si accompagnava ad un bastoncino di olivastro tipico siciliano appartenuto, diceva, alla zio gesuita, il “papa nero”.
Un giorno me lo regalò, assieme a quattro volumi del 1833 di Metastasio che conservo gelosamente. Era così, Peppino Nalbone. Affettuoso e generoso. Un gran signore. E lo è stato con tutta Racalmuto. Spinto dalla ricerca genealogica della propria famiglia, inizia – subito dopo la pensione – una ricerca archivistica dedicata alla storia di Racalmuto e in particolar modo ai Del Carretto e ai luoghi sacri del paese. Con Calogero Taverna, anche lui attento osservatore della storia del paese, ha studiato attentamente il corposo archivio della Matrice i cui scritti man mano venivano pubblicati da Malgrado tutto.
Stregato, come tanti e fra tutti il fraterno amico Francesco Burruano, dalla contrada dove si rifugiava ogni estate (tanti ricordi sono stati fissati due anni fa nelle commoventi pagine di Capperi e ginestre, memorie familiari di Zina Morgante, nipote del professor Nalbone), alla fine degli anni ‘90 non fece mancare il suo appoggio agli amici Salvatore e Alberto Alessi che ripresero la festa nella piccola chiesetta dedicata alla Madonna del Serrone.
Dopo la pubblicazione del libro sulle Chiese, nel 2005 trascinò l’amico arciprete Alfonso Puma a riprendere in paese la festa e il culto della patrona Santa Rosalia. E tentò delicatamente e con tanto entusiasmo di mettere le mani al disordine dell’archivio storico del Comune. Fu bloccato e mortificato, purtroppo, dai vertici comunali che, tra il 2008 e il 2010, gli chiusero le porte in faccia. Da allora tornò a Racalmuto – di cui era cittadino onorario – solo poche volte.
Fece in tempo a donare a Don Diego Martorana un fazzoletto di terra per la costruzione della nuova chiesa, oggi luogo frequentato da tanti bambini, da famiglie e gruppi giovanili. E regalò agli alunni della scuola media il suo libro: “Spero – disse ai ragazzi – di sollecitare con le mie ricerche la vostra curiosità di conoscere tre secoli del passato racalmutese”.
Se ne è andato il 24 giugno del 2013. Riposa a Racalmuto accanto al nonno e al papà, nella cappella di famiglia. In autunno, nel centenario della nascita, lo ricorderemo a Racalmuto. E auspichiamo possa essere riordinato, una volta per tutte, l’archivio storico da intitolare certamente a lui. Un tributo d’affetto dal paese che fu per Giuseppe Nalbone rifugio sicuro dove, manzonianamente, il suo animo tornò sempre sereno.