Fondato a Racalmuto nel 1980

Euromissili: c’era un problema nel PCI?

Dal libro di Agostino Spataro “Delitto La Torre: fu solo mafia?”

Sulla contrarietà all’installazione dei missili nucleari intermedi della Nato da impiantare sul teatro europeo, si avvertiva nel gruppo dirigente del Pci un certo disagio, oggettivamente dovuto al fatto che l’Urss aveva già installato i suoi SS20 in Germania orientale e in altri Paesi del Patto di Varsavia.

In sostanza, era stata l’Urss a rompere l’equilibrio in questo settore e pertanto Usa e Nato, su richiesta del governo socialdemocratico tedesco, avevano varato un programma analogo per superare l’asimmetria e ripristinare la parità.

Per altro, cosa ancor più grave, l’introduzione degli SS20 sovietici e poi dei Pershing e Cruise Usa lasciava prefigurare il pericolo della possibilità di una guerra nucleare limitata al teatro europeo. Periodicamente affiora la tentazione di fare una guerra nucleare limitata al “teatro” europeo. Così, forse anche solo per vedere l’effetto che fa!

Con i missili intermedi, s’interrompeva – di fatto – la catena della dissuasione e/o della mutua distruzione sul piano globale fra le due superpotenze nucleari e si apriva la possibilità di un conflitto limitato appunto all’Europa.

Com’è noto, dopo l’incauta decisione sovietica, il Cancelliere socialdemocratico tedesco, Helmut Schmidt, chiese che venissero installati armamenti equivalenti nei Paesi Nato, aggiungendo che la Germania avrebbe accolto i missili Usa soltanto dopo che fossero stati accettati e installati in altri Paesi europei alleati.

Obiettivamente, era difficile disconoscere la nuova realtà anche da parte del Pci che, per altro, di fatto aveva accettato “l’ombrello della Nato” con la dichiarazione di Enrico Berlinguer a Giampaolo Pansa, sul “Corriere della Sera” del 15 giugno 1976. Fu quello uno “strappo” inatteso, annunciato dalla massima autorità del partito senza svolgere un adeguato dibattito interno per coinvolgere preventivamente nella decisione quantomeno i suoi vertici. La Nato come “ombrello protettivo” anche a salvaguardia dell’autonomia del Pci, il più grande partito comunista d’Occidente che lottava per il socialismo in Italia e in Europa. Massima fiducia, dunque, nella Nato che non poteva essere revocata di fronte al fatto che furono i sovietici, il Patto di Varsavia a modificare a loro vantaggio, con gli SS20, l’equilibrio nucleare sul teatro europeo.

Un problema serio che generò una situazione, a dir poco imbarazzante, che indusse le forze politiche di sinistra, compreso il Pci, a non opporsi apertamente alla decisione che stava maturando nel governo italiano di farsi carico di una quota di missili intermedi da installare sul territorio nazionale.

In questo clima di bassa tensione, si giunse nell’agosto del 1981 a individuare il vecchio aeroporto di Comiso come sede per ospitare 112 missili di crociera del tipo Cruise.

A tale proposito, ricordo che la prima interrogazione parlamentare a carattere conoscitivo, relativa all’ipotesi d’installare a Comiso i missili nucleari, la presentammo (il 3 /2/1981) due deputati comunisti siciliani: il sottoscritto e l’on. Rossino. (vedi testo allegato)

Il governo non rispose alla nostra interrogazione, salvo a decidere 6 mesi dopo, (agosto 1981, con gli italiani in vacanza) per Comiso.

I primi movimenti contestativi si mossero a “giochi fatti” ossia dopo che il governo italiano aveva accettato la proposta della Nato, per consentire al cancelliere Smith di accettare l’installazione dei Pershing Usa nel territorio della Germania Occidentale.

Movimenti importanti ma non travolgenti. Tuttavia utilissimi poiché posero il problema all’opinione pubblica, sulle prime distratta o addirittura attratta – come successe a Comiso e dintorni con i famosi “caciottari” – dagli investimenti per la costruzione della base e dall’indotto che avrebbe generato l’accoglienza di centinaia di militari Usa e delle loro famiglie che sarebbero arrivati con i missili.

Inoltre, si cominciava a intuire l’interesse venale di taluni gruppi mafiosi e imprenditoriali del palermitano e del catanese per l’acquisto dei terreni circostanti la base e per la realizzazione delle opere infrastrutturali e di servizio, interni ed esterni, alla base.

Il 29 settembre del 1981 Pio La Torre, membro del Parlamento e della segreteria nazionale del Pci, viene eletto segretario regionale del partito.

I suoi due cavali di battaglia enunciati furono: la lotta alla mafia e contro l’installazione dei missili nucleari a Comiso.

Non sappiamo se Pio, nell’assumere l’iniziativa di lotta contro i missili della Nato a Comiso, tenne presente, e fino a che punto, la posizione piuttosto agnostica del Pci centrale sulla questione dei missili in Europa.

La sua azione sembrava voler mettere il Partito di fronte al fatto compiuto ossia a una grande mobilitazione popolare contro i missili dell’Est e dell’Ovest.

Con La Torre, neo segretario regionale proveniente dalla segreteria nazionale del Pci, questo obiettivo risulterà mobilitante e riuscirà a determinare una grande lotta unitaria del popolo pacifista che – partendo dalla Sicilia- assumerà i contorni di una questione nazionale ed europea.

Per prevenire critiche paralizzanti e al contempo ampliare la base della partecipazione politica e culturale alla lotta intrapresa, La Torre tenne fermo il timone nella gestione della piattaforma politica a base della mobilitazione che doveva intendersi contro “tutti i missili” dell’Est e dell’Ovest per la cui eliminazione si chiedeva una trattativa più convincente fra Usa e Urss. Era questo il quadro di riferimento in cui si collocava la lotta contro i missili che si volevano installare a Comiso.

Osservando l’andamento dei movimenti e delle proteste inscenate, possiamo dire che in Sicilia ci furono una prima e un dopo, cui fece da spartiacque il ritorno di Pio La Torre a fine settembre 1981.

“Prima” il movimento era una testimonianza simbolica di una volontà pacifista che rifiutava la prospettiva di ospitare i Cruise a Comiso. Per altro, non si capiva perché questa localizzazione così periferica, lontana dal “teatro centro-europeo”, dove si paventava un possibile confronto nucleare a bassa intensità.

Qual era, dunque, il vero scopo geo-strategico di tali ordigni, così pericolosi ma” lenti”? Perché installarli al sud della Sicilia ossia alla periferia estrema dell’Europa e nel cuore del Mediterraneo?

Agostino Spataro

Fatto sta che Pio, ridivenuto segretario regionale del Pci in Sicilia, si mise in testa, come due chiodi fissi, i problemi della lotta alla mafia e contro i missili di Comiso.

Ecco, dunque, il “Dopo” all’insegna di questi due obiettivi chiari, mo­bilitanti, unificanti che furono consacrati dal congresso regionale del Pci del gennaio 1982.

E dire che da membro della segreteria nazionale del Pci, La Torre avrebbe dovuto conoscere gli umori circolanti a Botteghe Oscure sulla questione missili.

Sicuramente, meglio di tanti di noi che sentivamo mormorare di arrivi alle Botteghe Oscure d’inviati di Schmidt, e non solo, che andavano a conferire, quasi sempre, con Paolo Bufalini, appartenente al gruppo migliorista come La Torre, ch’era il referente anche per la questione missili.

Talvolta, assalito dal dubbio, gli chiedevo “Pio, ma su questo terreno il Partito ti segue?” In questo caso, per partito deve intendersi la segreteria nazionale del Pci e segnatamente quei compagni che più si occupavano di tali problematiche: Enrico Berlinguer, Ugo Pecchioli, Paolo Bufalini, Giancarlo Pajetta e pochi altri.

Lui se ne usciva con una battuta larvata di ottimismo: “Non ti preoccupare, mettiamoli di fronte al fatto compiuto, a un grande movimento unitario politico e popolare, e vedrai che verranno a complimentarsi…”

Difatti, impostò e organizzò un’incessante campagna d’informazione e di mobilitazione sui due fronti, che per certi aspetti si toccavano, s’intersecavano. Riunioni, volantinaggi, articoli, mozioni dei consigli comunali, incontri e convegni con tutte le componenti del variegato movimento pacifista, ricerca di contatti, di collegamenti con associazioni nazionali ed europee.

In Sicilia si giunse a interessare e, in una certa misura coinvolgere, gruppi cattolici delle Acli, delle Chiesa cattolica ed evangelica (persino un gruppo di tibetani), della stessa DC, mentre fu avviato un proficuo dialogo con il Psi di Salvatore Lauricella a quel tempo presidente dell’Assemblea regionale siciliana e proconsole di Craxi nell’Isola.

La mobilitazione sfociò in una grandiosa manifestazione di popolo a Comiso il 4 aprile 1982, che entusiasmò anche lo scrittore Vincenzo Consolo che così commenta nel suo “Pio La Torre onore di Sicilia”: “Pio, giunto in Sicilia, sa che il suo primo e urgente impegno è quello di scongiurare il pericolo che la Sicilia, con i missili di Comiso, diventi un avamposto di guerra. Pio, da segretario regionale del Partito, appoggia la proposta del presidente della Regione (dell’Ars, ndr), il socialista Lauricella, di fare del 1982 l’anno della pace del popolo siciliano. Riesce per questo a portare a Comiso centomila persone giunte da ogni parte d’Italia e d’Europa per manifestare contro la costruzione della base missilistica.”

Sull’onda di tali movimenti, la questione dei missili entrò a viva forza nell’agenda politica siciliana ed anche nazionale. Ci fu chi paventò la possibilità di ribaltare la formula di governo regionale e pertanto introdurre una forte contraddizione politica nel contesto della maggioranza nazionale che aveva voluto e imposto i missili.

Era questo un punto politico importante, un timore che scuoteva lo schieramento governativo nazionale.

Si creò, di conseguenza, uno spazio politico inedito, inatteso, ricco di fermenti e di speranze, dentro il quale Pio agì con una grande forza di volontà e con una sensibilità unitaria fuori del comune.

Furono gettate le premesse, le basi per dar vita a un movimento regionale, con forti addentellati con i movimenti (in crescita) sul piano nazionale (Roma, Milano) ed europeo (Germania, Belgio, ecc.)

Insomma, dalla Sicilia partivano brutte notizie per la Nato e per i governi più impegnati ad attuare la decisione sugli euromissili.

Nell’Isola stava nascendo, nel vivo della lotta giovanile e popolare, una sorta di nuova maggioranza anti Cruise (Pci, Psi, Acli, parti della Dc, ecc.) mentre in Europa cresceva una fortissima contestazione dei movimenti pacifisti che influenzavano quote importanti di opinione pubblica, soprattutto in Germania.

L’obiettivo comune era quello di ottenere una moratoria del processo d’installazione dei Pershing II e Cruise e favorire la trattativa fra la Nato e il Patto di Varsavia per l’eliminazione degli SS20 – già installati a Est- e quindi evitare l’installazione dei nuovi ordigni nucleari a Ovest.

Per la Nato si aprì un serio problema politico. Qua e là insorsero dubbi, ripensamenti, voglia di disarmo. E poi c’era la Germania, al contempo punto debole e di forza della strategia Nato, il cui governo aveva richiesto come condizione per installare i Pershing II sul suo territorio la “clausola di non esclusività” ossia la disponibilità di un altro membro della Nato ad accettare i nuovi missili. Notoriamente, era l’Italia il membro che doveva farsi carico di tale richiesta, il quale, a sua volta, d’intesa con gli Usa, mise a disposizione il vecchio aeroporto di Comiso.

L’installazione dei Cruise in quell’angolo della provincia di Ragusa era dunque importante nell’economia del programma Nato e decisiva per consentire alla Germania federale di accettare l’installazione dei Pershing II.

A parte qualche protesta minoritaria, tutto sembrava andare per il verso giusto, secondo i programmi della Nato. Ma ecco, inaspettatamente, crearsi in Sicilia un movimento di popolo, crescente e unitario, voluto da un dirigente del Pci, rientrato nell’Isola con questo obiettivo, che farà traballare la scelta di Comiso.

La cittadina del ragusano divenne il punto più emblematico della lotta dei movimenti pacifisti italiani ed europei (arrivarono in Sicilia anche delegazioni di buddisti tibetani!) e, al contempo, il punto più debole del programma di ammodernamento della Nato.

Anche un congruo ritardo nell’installazione a Comiso degli euromissili Nato avrebbe creato serie difficoltà operative al governo tedesco e quindi alla Nato.

Perciò era inaccettabile e, in quanto tale, esponeva chi o coloro che l’avevano determinato con il loro movimentismo sostanzialmente an­tiamericano. In particolare bisognava osservare, bloccare quel La Torre, catapultato in Sicilia da Roma, e che forse celava qualche, inconfessabile rapporto con l’Urss. Da qui, probabilmente, anche la stretta sorveglianza dei servizi cui fu sottoposto, fino a una settimana prima del suo assassinio!

L’impulso proveniente dalla Sicilia avrebbe potuto creare problemi alla stessa trattativa Usa-Urss avviatasi a Ginevra, anche se con modalità che lasciavano presagire tempi lunghi, inaccettabili anche per l’agenda della Nato che puntava a chiudere al più presto, indipendentemente dagli andamenti della trattativa in corso, la partita dell’installazione dei missili in Germania e a Comiso.

Una situazione complessa, imprevista almeno nelle dimensioni acquisite che, forse, contribuì a creare un clima d’insofferenza che, unitamente ad altre concause, avrà potuto configurare la possibilità di rimuovere in qualche modo l’ostacolo principale che, in quel momento, poteva essere individuato in Pio La Torre, il protagonista primario che era riuscito a creare quel movimento esaltante di lotta del popolo siciliano che si batteva contro i missili, per la pace e il disarmo, per la cooperazione economica e culturale fra tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo.

In questa memorabile battaglia c’era il no ai Cruise, ma c’erano tanti sì alla pace in Europa e nel mondo, ad una prospettiva, politica ed economica, di apertura verso i popoli del Mediterraneo, del mondo arabo e dell’Africa. Si delineava, così, per la prima volto, dopo la politica coloniale fascista, una nuova, grande opportunità per i popoli rivieraschi, intesa come contributo concreto e fattivo per la distensione nell’area segnata dal conflitto israelo-palestinese e da una serie di altre insorgenze conflittuali. E la Sicilia era al centro di questo nuovo mondo in formazione.

A questo punto si riaffacciava la questione “del prima e del dopo” il ritorno in Sicilia di Pio La Torre. Poiché era questo ritorno che faceva la differenza e comunque stava creando serie difficoltà al programma d’installazione dei missili nucleari nell’Europa occidentale.

Logica vorrebbe che se questo era il problema, bisognava fare qualcosa per eliminarlo. In un modo o nell’altro. Dalle inchieste giudiziarie (alcune rimaste incomplete) non si evince con nettezza una tale possibilità. L’unica verità giudiziaria acquisita con i processi è quella che attribuisce al vertice della mafia la responsabilità dell’eliminazione fisica di Pio La Torre e di Rosario Di Salvo. Ma i mafiosi agirono da soli, per conto proprio o per conto di altre entità?

Una domanda cruciale che è ritornata ossessiva in tutti questi anni, senza avere avuto una risposta esauriente, definitiva.

Come detto, qualche spiraglio si potrebbe aprire alla luce della de-secretazione di diversi dossier, fra cui quelli relativi a “Gladio” ossia della famigerata organizzazione paramilitare, fiancheggiatrice degli Usa, della quale – per altro – si stava occupando il giudice Giovanni Falcone, prima della strage di Capaci,

A livello popolare, così per deduzione logica, l’opinione più diffusa è che il delitto La Torre fu eseguito dalla mafia, ma che ad ordinarlo potrebbero essere state (diciamo in concorso) altre entità che certo non avevano nulla da temere dall’approvazione della proposta di legge Rognoni- La Torre.

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Dal libro di Agostino Spataro “Delitto La Torre: fu solo mafia?”, scritto dall’autore per il 42° anniversario (30/4/2024) del delitto La Torre/ Di Salvo. Il libro è in vendita nelle librerie Feltrinelli e in altre on line rintracciabili su Google.

 

 

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