Per molti, in Sicilia, Totò Liotta era il cinema. A dirla tutta, egli stesso sembrava essere uscito dal ritaglio di una pellicola.
“Questo è un film che tutte le famiglie devono vedere!”. Chi ha almeno cinquant’anni, fra Racalmuto e Grotte, la sente ancora nelle orecchie quella voce indurita dalle sigarette che gracchiava dall’altoparlante di un’auto in corsa. La macchina, col tempo, cambiò e si affollò di giovinetti-aiutanti: erano i figli. Col tempo quella voce sparì. Per sempre. Si congedò dal mondo il 16 settembre di 19 anni fa.
Per come si erano messe le cose lui avrebbe dovuto passare la sua vita tra pagnottelle, filoni, farina e sudore. Ma il destino per lui aveva in serbo un futuro da Mangiafuoco buono e senza barba. Fu un “uomo delle stelle” che per molte sere della sua esistenza trafficò con “pizze” di celluloide che magicamente regalavano sogni e passione su un muro bianco di una piazza o sul telo stirato di una arena.
Per racalmutesi e grottesi Totò Liotta era il cinema. A dirla tutta, egli stesso sembrava essere uscito dal ritaglio di una pellicola. Talmente era un personaggio, con quei due occhi profondi e guizzanti, forse azzurri o verdi, che restava appiccicato nella mente di chi lo conosceva molto di più delle migliaia di volti che scorrevano veloci nelle sue proiezioni.
Classe 1935, comincia a lavorare nel mulino del suo paese ad appena 7 anni. Sono periodi difficili, nel pieno della Seconda Guerra. Anni di carestia e sofferenza. E’ l’unico figlio maschio della famiglia che conta anche quattro sorelle. All’età di 9 anni lascia la farina e comincia a lavorare come aiuto operatore al cinema Marconi di Grotte. Sì, proprio come il bambino di “Nuovo cinema Paradiso” di Tornatore.
Agli inizi il suo compito è quello di girare il grammofono che era sincronizzato con la pellicola e che dava quindi l’audio al film. A 18 anni viene assunto come bidello alla scuola media di Racalmuto, vi lavorerà ininterrottamente per 40 anni. Ma non abbandonerà mai il cinema che, dopo la famiglia, resterà sempre la sua grande passione.
Negli anni ’60 gestisce contemporaneamente il cinema di Grotte e quello di Racalmuto. Sugli schermi delle due sale cinematografiche passeranno i film più significativi della storia nei vari filoni: neorealismo, western, commedia all’Italiana, kolossal americani, i film mitologici, quelli di impegno civile. Poi il mercato ebbe altre esigenze, e anche Liotta dovette adeguarsi, seppur a malincuore.
Se il film era particolarmente importante nel pomeriggio lo pubblicizzava girando per le strade dei due paesi con la sua mitica seicento sul cui tetto aveva montato un altoparlante che annunciava, appunto, “un film che tutte le famiglie devono vedere”.
La programmazione dei film quasi sempre imponeva la staffetta tra Grotte e Racalmuto. Disponendo di una sola copia, Liotta avviava la proiezione un’ora prima a Racalmuto, finito il primo tempo la copia partiva per Grotte mentre a Racalmuto veniva avviato il secondo tempo. “Ma in questa staffetta – ricordano i figli – spesso bisognava fare i conti con un nemico pericoloso: il passaggio a livello azionato dalla stazione ferroviaria di Grotte che spesso restava chiuso anche per più di 15 minuti. Tanti. La proiezione aveva i suoi tempi rigorosi da rispettare, altrimenti si scatenava in sala la bagarre”. Liotta ci mise poco a risolvere il problema, al di là del passaggio a livello c’era, infatti, un suo collaboratore in vespa che lo attendeva prendendo in consegna la pellicola.
Un duro lavoro, insomma, che esigeva ritmi serrati e un’assenza da casa praticamente per quasi tutto il giorno. Per fortuna che aveva l’appoggio della moglie, Lina Lo Brutto. E poi dei figli – Riccardo, Pippo, Liliana, Salvatore – che davano esempio di forte unità familiare negli impegni più gravosi e difficili del padre: staccare biglietti, fare le maschere, affiggere manifesti…non si tiravano mai indietro.
Totò Liotta è stato un pioniere del cinema itinerante. Armato della sua macchina dei sogni, un proiettore e i rulli di celluloide, portò le immagini in mezza Sicilia. Da conoscitore della vita e del mondo era anche un grande improvvisatore. Un giorno si trovava a Salina per un ciclo di proiezioni all’aperto. Conobbe e fece amicizia con i fratelli Taviani che lì avevano una villa. Quel giorno doveva proiettare il film “Kaos”, ma l’amplificatore a valvole in dotazione al proiettore film ebbe un guasto. Liotta non si perse d’animo e riuscì a riparare alcuni elementi dell’amplificatore senza attrezzi e senza saldatore a stagno, utilizzando un cannello a gas ed un cacciavite recuperati in emergenza da un gommista del luogo.
Non ha diretto attori e non ha recitato, ma Liotta sta al cinema con eguale dignità; così come tanti altri come lui che cominciarono a diffondere nella Sicilia arretrata degli anni Cinquanta e di quelli a seguire la magia dei film in bianco e nero. Per questo è stata una cosa sensata da parte dell’amministrazione avergli intitolato, due anni dopo la sua morte, quello che era stato il cinema Marconi.