Fondato a Racalmuto nel 1980

Mimmo e i miei ricordi rimasti in ombra per tanto tempo

Ho sempre avuto in animo di palesarli e l’articolo di Giancarlo Macaluso li ha riaccesi

Salvatore Filippo Vitello

Dopo l’articolo di Giancarlo Macaluso su Mimmo Butera, pubblicato da Malgradotutto, ho ripercorso ricordi rimasti in ombra per tanto tempo. Ho avuto in animo da tempo di palesarli ma poi ho evitato per timore di apparire invadente e presuntuoso.

Dopo l’articolo di Macaluso non me la sono sentita di tacere. Conoscevo benissimo il Papà di Mimmo, lo Zio Antonio. Egli era molto amico di mio padre Sestino Vitello e i due passavano molto tempo insieme. Ricordo Mimmo veramente bambino. Lo Zio Antonio, tornato dal Belgio, dove aveva provato il lavoro duro della maniera, era affetto da una patologia bronchiale acuta acquisita nelle miniere di carbone. Era tornato a Grotte con la famiglia e si era sistemato adeguatamente con la pensione che gli avevano riconosciuto in Belgio come risarcimento per il grave danno alla salute e l’invalidità conseguita, che ovviamente non aveva prezzo.

La vicenda dello Zio Antonio mi ricorda la storia dei morti di amianto, presente nelle lastre di eternit prodotte a Casale Monferrato in provincia di Alessandria, in Piemonte.
La famiglia di Mimmo subisce il dramma della perdita della mamma in giovane età.
Lo zio Antonio non si dava pace anche perché poteva essersi trattato di un decesso che forse si poteva evitare con appropriati interventi medici.

Mimmo, man nano che cresceva, stava sempre con il suo Papà, erano continuamente insieme. È cresciuto nel bar di Ardicasi dove lo zio Antonio trascorreva parte della giornata.
Si potrebbe dire,utilizzando alcuni stereotipi letterari, che Mimmo covasse una forte voglia di riscatto per superare i torti della vita. Ma non credo affatto sia così.
Pur non avendolo praticato nel periodo della sua maturità intellettuale, mi pare sia da tutti riconosciuto che Mimmo avesse un desiderio di conoscere ed un amore per la vita che lo rendevano lontano mille miglia dal tipo arrabbiato che ha in odio il mondo.

Mimmo curava con un certo compiacimento letterario le sue letture. Quando di ritorno a Grotte si scambiava qualche chiacchiera negli incontri qusdi sempre nelle edicole, dove stazionava, mi raccontava le storie dei libri che aveva finito di leggere e quelli che avevo iniziato, cosa che egli vantava di poter fare grazie al pendolarismo da Palermo, che comunque gli costava una certa fatica.

Mimmo Butera in un incontro con gli studenti del Liceo Classico “Empedocle” di Agrigento

La cosa che più mi colpiva era che pur avendo fatto studi giuridici mai una volta nelle tante in cui ci siamo visti, che mi abbia parlato di diritto o di pandette varie, come spesso mi capita di sentire in occasione di incontri con persone che abbiano frequentato facoltà giuridiche. Mimmo era proiettato sugli studi umanistici e sul teatro (vizio, per così dire, di famiglia, avendo assistito, qualche anno da, alla straordinaria interpretazione della sorella Carmela, nella Lupa di Giovanni Volpe).

Ho rivisto e rivedo sempre con piacere lo straordinario spettacolo di piazza dove Mimmo da anfitrione dirige con sagacia e brillante ironia Savio e Nino Vassallo oppure imita con piacevolissime battute Padre Vincenzo Tortorici.

Mimmo Butera, sagacia e brillante ironia

L’ambiente di Mimmo era la letteratura ed il teatro. Era un allievo di Sciascia e quindi un geniale illuminista che sapeva esporre con logica impeccabile un ragionamento.
Un ragazzo cresciuto in fretta ma cresciuto bene.

Mimmo da piccolo ha conosciuto il dolore della sofferenza e della perdita. Ma questo non lo aveva reso triste e silenzioso o allontanato dalle relazioni sociali. Aveva trovato nei libri il mezzo per scoprire le realtà della vita, e in alcuni dei nostri incontri (non so perché non mi chiamasse con il mio nome, ma con il titolo di giudice, eppure vi era una amicizia risalente ed una certa confidenza)mi parlava di essi come una porta verso un mondo nuovo e sconosciuto. Mimmo manifestava per gli studi letterari una passione che non ho mai visto in nessuna altra persona. Ogni libro che riusciva a procurarsi diventava un tesoro prezioso, un amico fidato nei viaggi quotidiani tra Aragona Caldare e Palermo. La sua intelligenza acuta e la memoria prodigiosa gli permisero di assorbire una quantità impressionante di conoscenze.

Mimmo era un talento straordinario e sicuramente meritava un ambiente in cui la sua passione per la letteratura poteva fiorire appieno.
Questo però lo avrebbe portato fuori di Grotte e dai suoi affetti e ciò credo per Mimmo fosse inaccettabile.

Ebbene, io ho fatto altre scelte, non ho avuto remore a lasciare Grotte e la Sicilia per intraprendere altre vie, che offrivano maggiori occasioni di realizzazione. Nel mettermi a confronto con Mimmo nutro, credetemi, un senso di colpa che mi fa sentire piccolo di fronte al coraggio ed alla capacità di resistenza di Mimmo nel rimanere ancorato alla sua Grotte, pur avendo fatto gli studi universitari in Toscana e potendo aspirare, per le sue potenzialità, a ben altre mete professionali.

Egli è rimasto a Grotte e non si è allontanato dalla sua bella ed adorata famiglia, ed ha avuto ragione!! Nonostante le difficoltà e con il peso delle esperienze passate, Mimmo ha saputo distinguersi rapidamente per le sue analisi brillanti e la profondità delle sue interpretazioni letterarie, ma ha voluto mettere questo carisma a disposizione della sua comunità. Mimmo ha trasformato il dolore in una fonte inesauribile di empatia e comprensione, qualità che ha saputo esprimere con il suo bel carattere.

Mimmo Butera

Mimmo ha vissuto ed attraversato le proprie esperienze e, senza lasciarsi sopraffare, le ha utilizzate come forza motrice per emergere in modo brillante, sia come persona che come protagonista della nostra comunità. È stato un esempio vivente di come le avversità possano forgiare un’anima resiliente e di come la bellezza della letteratura possa offrire una via di emancipazione e un mezzo di riscatto dal dolore.

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Salvatore Filippo Vitello

Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Roma

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Sembrava uscito da una fiaba tramandata a voce

 

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