Tra qualche giorno si chiude l’anno scolastico. Questa bellissima lettera di Valeria Iannuzzo, giornalista pubblicista, docente di inglese, riteniamo che contenga le parole giuste per augurare a tutti i ragazzi che lasceranno la scuola primaria di affrontare con gioia e ottimismo le nuove esperienze della vita.
È consuetudine durante ogni addio farsi prendere dall’emozione, sciogliersi in un pianto, oppure avvertire il magone. Si è soliti, infatti, pensare al distacco come ad un evento negativo, che ci privi di qualcosa o qualcuno che ha accompagnato o condiviso un frammento della nostra esperienza. Mi sono interrogata a tal proposito sul perché non sia mai riuscita a provare tali emozioni, rischiando spesso di passare come la voce stonata di un coro mesto e affranto. Io non credo negli addii, ma negli arrivederci. Io non mi lego al passato, quantunque prezioso per la formazione di ciascuna persona, ma guardo sempre al futuro. Tutte le volte che lascio una classe, che congedo i miei alunni, non avverto una perdita, ma un arricchimento. Penso che per loro si stiano preparando nuove ed eccitanti opportunità, che la vita gli stia porgendo la mano, che la gioia e il successo li attendano dietro l’angolo.
Tutto questo può farmi piangere? No, mi dona gioia, mi regala il sorriso, la voglia di andare avanti. Così, alla fine di ogni ciclo, guardandomi dentro, scopro di essere migliorata o peggiorata, non sono comunque mai uguale a quella di prima. Questi inevitabili cambiamenti li devo alle relazioni che ho intessuto con i miei alunni, con le loro famiglie e con i colleghi. Ciascuno di loro mi ha reso una persona diversa, mi ha mostrato prospettive inedite del mondo, delle relazioni, del sapere e dei sentimenti. E tutto questo, ovviamente, vale anche per i mie ragazzi. Credo nel mio lavoro e sono consapevole dei benefici e dei danni che un buon o cattivo insegnate può fare. Sono pienamente consapevole del ruolo della scuola, Istituzione che insieme alla famiglia, concorre nell’orientare il destino di ogni uomo, capace di forgiare attitudini, di agevolare il successo o di stroncare, ahimè nel peggiore dei casi, il futuro.
È bene ricordare ancora che la scuola non è un parcheggio, ma il luogo dove i vostri figli trascorrono la maggior parte del loro tempo, coltivando relazioni reali, mediate da professionisti che credono nella loro missione. Ho sempre preteso rispetto nei confronti di questa insostituibile Istituzione, un rispetto che passi attraverso l’osservanza di regole condivise, l’assunzione di doveri, il rispetto di diritti, la consapevolezza dei ruoli. Le insegnanti non sono le mamme, non devono assolutamente esserlo, ma sono donne dotate di profonda empatia che le porta a cogliere il non detto, il non scritto, ciò che ogni alunno racconta tra le righe.
Gli insegnanti non sono i genitori, ed è bene sempre ricordarsi di questa netta distinzione di ruoli. Non competono tra loro, ma entrambi concorrono sinergicamente nei processi di formazione. Se l’uno scredita l’altro, la battaglia è perduta. Gli insegnanti sono e devono essere, soprattutto, un buon modello di comportamento da offrire attraverso il loro operato quotidiano. Ho cercato in questi lunghi anni, per mezzo della mia disciplina, di far capire tutto questo ai mie alunni e alle loro famiglie. Ho cercato di fargli comprendere come la scuola, lo studio, il successo scolastico siano il loro passaporto per un futuro di successo. Ho tentato di mostrargli che la differenza tra un persona e una bella persona passi soprattutto, non dall’aspetto, ma da un buon bagaglio culturale, che si mostra dapprima nel sapersi porgere, attraverso una buona educazione, e poi attraverso il buon uso della parola. Ci ho provato credetemi, con tutte le mie forze, ma al momento non so se ci sono riuscita. Sono consapevole, tuttavia, che un giorno, magari tra vent’anni, incontrando uno dei miei ex alunni potrò dare risposta al mio quesito, valutando il mio operato, perché ciò che si apprende a scuola non sempre è misurabile nell’immediato, anzi spesso si valuta pienamente e si apprezza nel futuro. Ciò che si semina nel presente dovrà essere raccolto in un tempo indeterminato, tempo in cui magari quelle competenze coltivate non saranno più richieste o magri sì.
E, quantunque, ciascun docente sia costretto ad ingabbiare gli alunni dentro squallidi voti, sappiate che quei voti non rappresentano una persona, ma un momento storico della loro vita scolastica. Dunque, anche quest’anno non farò bilanci, ma attenderò paziente di conoscere nel tempo quale destino avrà riservato per i miei alunni la vita, certa che nello scrivere le loro biografie la scuola, ma soprattutto le maestre e i maestri delle elementari, abbiano giocato un ruolo veramente importante.
Miei cari ragazzi vi auguro di affrontare con gioia e ottimismo le nuove esperienze della vita.