Ricordi. E ci chiedevamo spesso come sarebbe stato il nostro paese, Racalmuto, se solo ci fosse stato il mare
Noi siciliani di scoglio, ragazzi degli anni ottanta, sognavamo già “Makari”, desiderosi come eravamo del mare aperto.
Il massimo che potevamo fare era quello di allontanarci dall’entroterra fino al più vicino degli scogli.
La nostra meta preferita era una spiaggetta situata sotto un costone roccioso, in cui si erge a picco sul mare il Castello chiaramontano di Marina di Palma.
Casualità, provenivamo anche noi da un luogo dominato nel tempo dalla dinastia dei Chiaramonte, ossia Racalmuto.
Forse anche per questo la nostra comitiva preferiva il mare del litorale di Palma di Montechiaro, chissà!
L’acqua in quel posto era particolarmente limpida, e dunque eravamo soliti appellarla “Laguna blu”.
Era uscito da poco il film tratto dal noto romanzo “La laguna azzurra”, una storia di incantesimi nei mari del sud.
Una vicenda di naufraghi, come in qualche modo ci sentivamo noi in quel periodo, e non solo quando ci ritrovavamo sperduti in quel luogo paradisiaco, che era anche pieno di ricci buoni da mangiare.
E noi fin li, solo abili a cacciare fuori un gheriglio da un guscio di noce, più che gonadi da un riccio di mare, ci improvvisavamo pescatori.
Avevamo sognato tanto di avere a Racalmuto una spiaggia così bella.
Ci chiedevamo spesso come sarebbe stato il nostro paese se solo ci fosse stato il mare.
Dovevamo invece accontentarci della fontana settecentesca dei “nove cannoli”, ubicata sotto al castello dei Chiaramonte, seppur di Racalmuto
Ricordo che una volta riuscimmo anche a fare galleggiare un canottino, dentro la rotonda gebbia, dove un tempo le lavandaie vi “stricavano” i panni.
E pensare che, per millenni, intorno a noi era stato tutto mare.
La prova erano le miniere a pochi metri, e il sottosuolo ancora ricco di sale.
Questa cosa ci faceva incavolare di più.
Racalmuto non ci appariva bella come, ad esempio, il golfo di Màkari, e neppure come il mare del “Gattopardo”.
Era solo “Regalpetra”, terra senza neppure uno scoglio.
Nelle prime domeniche d’estate ci avviavamo verso la costa, in sella a dei motorini , di solito delle Vespa Piaggio.
Andava meglio quando il neo patentato della comitiva riusciva a farsi prestare la Fiat 850 dal proprio genitore.
In quel caso, grazie al cofano, riuscivamo a caricare in macchina anche l’attrezzatura fotografica e l’angurione di 12 kg.
Durante la discesa verso il mare, portavamo sulla spalla a turno la pesante e calda anguria, che avremmo poi fatto refrigerare, immergendola in acqua.
E così via, pantaloncini ed infradito, lungo la scoscesa scarpata, fra spinose sterpaglie.
Mentre il profumo del finocchietto di mare diventava sempre più intenso, facendoci intuire che da li a poco avremmo raggiunto il nostro sudato scoglio.
Con noi portavamo anche un avventato telo di mare, una semplice asciugamani da bagno sottratta dal set coordinato della biancheria di casa nostra.
Ricordo il mio era a fiori, mentre quello del mio amico Ignazio damascato.
Giancarlo ne possedeva uno arancione con degli angioletti ricamati, tipo dei putti.
Uscito dall’acqua usava asciugarsi avvolgendolo alla vita.
Sembrava una via di mezzo fra un monaco buddista e uno di quei personaggi descritti, nella serie televisiva “Makari”, dallo scrittore Savatteri.
Fra tutti Gaetano aveva invece un telo, come dire, più attinente.
La fantasia era un grande timone; certo lui era avanti.
Veniva da Milano, ed era da qualche anno sceso definitivamente a Racalmuto.
I suoi genitori, entrambi insegnanti, avevano deciso di tornare nel proprio paese, dopo un lungo periodo di lavoro trascorso al nord.
Erano bei tempi, anni in cui gli “emigrati” riuscivano a ritornare nella propria terra natia.
Gaetano era dunque avanti perchè era stato sulla Darsena, ai Navigli milanesi.
Aveva sicuramente visto i canali e l’acqua più di noi ragazzi isolani.
Ricordo, da bambino mio padre mi portava in spiaggia solo in due occasioni, a Luglio e ad Agosto, nella ricorrenza del mio compleanno ed in quella di mio fratello.
Gaetano e Giancarlo, quel giorno non era proprio sicuri di riuscire a venire con noi nella spiaggia di Cala Vincenzina di Palma di Montechiaro, poiché avevano da rivedere le bozze di un giornalino, oggi il piu’ noto Malgrado tutto.
Erano nel frattempo diventati a Racalmuto dei piccoli Saverio Lamanna, simili al protagonista della serie televisiva “Makari”, di cui oggi Gaetano ne è l’autore
Poi, in qualche modo, riuscirono a fare in tempo per stare con noi, sul nostro scoglio, davanti un mare aperto tutto da sognare e fotografare.