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Santa Rosalia, culto e devozione nell’agrigentino

Il percorso-mostra ideato dall’Arcidiocesi di Agrigento in occasione della ricorrenza del IV centenario del ritrovamento delle reliquie della santa

Foto di Carmelo Petrone

Nell’ambito dell’iniziativa MAB_2024, dedicata alla valorizzazione del patrimonio culturale di musei, biblioteche e archivi ecclesiastici, promossa dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana, l’Arcidiocesi di Agrigento ha ideato un percorso-mostra “Rosalia. Culto e devozione nell’agrigentino. 400 anni dal ritrovamento della grotta alla Quisquina” in occasione della ricorrenza del IV centenario del ritrovamento (inventio) delle reliquie di Santa Rosalia, sul Monte Pellegrino, avvenuto il 15 luglio 1624, e del successivo ritrovamento della grotta alla Quisquina il 24 agosto del 1624.

La mostra-percorso è stata inaugurata il 12 giugno 2024 alle ore 19,00, nella Chiesa San Lorenzo, Polo espositivo del Mudia, dopo un momento di presentazione nella vicina chiesa di Santa Rosalia. Alla presentazione, dopo i saluti della Superiore delle Suore Collegine a cui è affidata la Chiesa e l’annesso istituto, del direttore dell’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi, don Giuseppe Pontillo che ha definito il percorso-mostra come “dinamico” poiché, ha spiegato, le opere che sono in mostra sono beni per il culto e faranno ritorno nelle comunità di provenienza, anche durante la mostra, in occasione della festività liturgica del 4 settembre, lasciando spazio ad altre opere provenienti dalle altre  comunità della diocesi, sono seguiti gli interventi di Domenica Brancato, direttrice del Museo Diocesano, Rita Ferlisi della Soprintendenza Beni Culturali Agrigento, Alfonso Cacciatore, direttore della Biblioteca del Seminario e di don Giuseppe Lentini, direttore dell’archivio Storico Diocesano, che in un’ampia e documentata relazione, ha illustrato ai presenti le notizie più antiche di cui si conserva traccia nell’archivio diocesano circa la venerazione e il culto di Santa Rosalia.

“Nella nostra Diocesi – ha detto don Giuseppe Lentini – le notizie più antiche che abbiamo circa la venerazione e il culto di Santa Rosalia le troviamo nei registri delle Visite Pastorali e degli Atti dei Vescovi e risalgono al 1540. Il documento che troviamo a questa data indica la presenza già di una chiesa e una confraternita dedicate a Santa Rosalia a Bivona, quindi probabilmente preesistenti da molto tempo. Il documento più antico tra gli Atti dei Vescovi, invece, che riguarda Santa Rosalia fu redatto perché il cappellano della Chiesa di Santa Rosalia di Bivona, don Giovanni de Xerras, fu chiamato a questo ministero dai rettori e confrati della chiesa, ma non fu pagato, allora si rivolse al vescovo di Agrigento che ingiunse al Vicario foraneo di far luce sulla vicenda. Pertanto – ha detto don Giuseppe – possiamo affermare che la prima presenza di un luogo di culto attestata nella nostra Diocesi fu quella della chiesa e confraternita di Bivona, preesistente al 1540. Una presenza viva, tanto che poi nel 1577 veniva chiesto al vescovo di erigere una cappella in onore di Sant’Onofrio nella chiesa di Santa Rosalia, mentre nel 1604 veniva consegnata la statua della Santa per portarla in processione ed il vescovo dava incarico al Vicario di Bivona di controllare e benedire l’immagine, perché ogni immagine sacra doveva ispirare quei sentimenti di devozione, guidati dai canoni di bellezza, e spingere i fedeli alla preghiera. Al vescovo era richiesto di vigilare sull’esposizione di nuove immagini e reliquie alla venerazione dei fedeli, secondo i dettami del Concilio di Trento. A Giuliana, invece, una volta comune della nostra Diocesi, già nel 1540 troviamo nella Visita Pastorale la presenza di un altare con beneficio intitolato a Santa Rosalia nella chiesa madre, preesistente a questa data, che ritroviamo pure in un altro documento del 1577. Ciò ci attesta – ha fatto notare don Giuseppe Lentini – come la devozione a Santa Rosalia preceda il ritrovamento delle reliquie del 1624 e tale devozione particolare è attestata con documenti coevi, non con giuramenti di secoli dopo, che ne attestano una costante presenza, devozione e vitalità in due paesi della nostra Diocesi: Bivona e Giuliana. Tutte le altre attestazioni le ritroveremo dopo il rinvenimento delle reliquie a Palermo sul Monte Pellegrino. Da quel momento inizierà a diffondersi il culto in maniera capillare”.

Ad inaugurare la mostra-percorso, al termine della presentazione, è stato l’Arcivescovo mons. Alessandro Damiano. L’iniziativa vede coinvolti l’Ufficio Beni Culturali, l’Archivio diocesano, la Biblioteca e il Museo della Diocesi, la Soprintendenza per i beni culturali di Agrigento, l’Associazione Sursum Review, l’associazione Ecclesia Viva, la società Anthos e le comunità ecclesiali di Alessandria della Rocca, Aragona, Bivona, Cammarata, Cianciana, Lucca Sicula, Racalmuto, Palma di Montechiaro, Santo Stefano Quisquina, Sant’Angelo Muxaro, Santa Margherita di Belice e Sciacca, che hanno messo a disposizione i beni cultuali e artistici legati alla figura di Santa Rosalia. La memoria della Santuzza è documentata in diversi centri del territorio della diocesi di Agrigento a partire da Bivona, Santo Stefano Quisquina e Racalmuto, luoghi storici, del suo dominio temporale e della sua esperienza spirituale, seguendo il gesuita Giordano Cascini, autore del celebre “Di Santa Rosalia, vergine palermitana, libri tre” (1651), che si imporrà come il testo canonico per la ricostruzione agiografica dell’eremita.

Punto di partenza del percorso espositivo sono le tre comunità che, in diversi modi, sono legati alla presenza di Rosalia: Bivona, Racalmuto e Santo Stefano Quisquina. Sono state selezionate anche opere provenienti dalle altre comunità della diocesi che hanno una eredità spirituale legata alla devozione a Santa Rosalia con presenze di altari, statue e reliquie.

“Possiamo affermare, grazie alle carte dell’Archivio Diocesano – spiega Domenica Brancato – che la prima presenza di un luogo di culto attestato nella nostra Diocesi fu quello della chiesa e confraternita di Bivona, preesistente al 1540. Questo dato testimonia come la devozione a Santa Rosalia preceda il ritrovamento delle reliquie del 1624. Tutte le altre attestazioni le ritroveremo dopo il rinvenimento delle reliquie a Palermo sul Monte Pellegrino». 

“Dal 1540 in poi, come si evince dalle carte dell’Archivio Diocesano – dice la Museo diocesano – inizierà a diffondersi il culto in maniera capillare, sul territorio diocesano, con il sorgere di nuove chiese e confraternite, l’istituzione ufficiale della festa e della processione, con la conseguente realizzazione di splendidi simulacri e fercoli processionali. A Bivona si può ammirare nella chiesa eponima una delle opere d’arte più antiche e più importanti della Sicilia a lei dedicate, il fercolo ligneo policromo con dorature del 1601, attribuito agli scultori Ruggero Valenti e Salvatore Passalacqua.

Con la licenza di custodire le reliquie, concesse dall’arcivescovo di Palermo card. Giannettino Doria, sono stati realizzati splendidi reliquiari. Il più antico è quello custodito nella Chiesa Madre di Santo Stefano Quisquina, creato da un argentiere palermitano nel 1625, che raffigura la santa Rosalia con il volto ovale leggermente rivolto verso l’alto coronato da una preziosa corona di rose, attributo iconografico legato al suo nome, finemente cesellate “a frescame” e una veste impreziosita da raffinate infiorescenze.

«L’eredità spirituale legata alla devozione a Santa Rosalia – spiega ancora la direttrice del MuDiA Brancato – è attestata con opere dal 1464 al secolo XIX, che permettono di ricostruire attraverso la bellezza polimaterica dell’arte siciliana la ricchezza spirituale di Rosalia, amatissima santa, giovane e bellissima nobile di stirpe normanna, che ha dato vita attraverso abili artisti, a opere d’arte che ne celebrano la straordinaria devozione. Illustri nobili locali, furono i committenti delle opere più rappresentative: i Ventimiglia a Santo Stefano, per il dipinto del 1464 dei Tre Santi Protettori, nella chiesa Madre; i Filangieri a Santa Margherita Belice, per il reliquiario a busto nella chiesa Madre, i Branciforte a Cammarata per la piccola arca-reliquiario della Chiesa Madre, Rosalia Trahina del ducato dei Tomasi di Lampedusa a Palma di Montechiaro, per l’edificazione della chiesa omonima». 

Un importante parentesi nel panorama della storia del culto rosaliano è riservata alla chiesa San Paolo di Bivona e l’annesso monastero delle Benedettine Cassinesi, dove è attestata la più antica orazione a santa Rosalia che le monache erano solite recitare ogni sera al termine della Compieta. Sarà proprio una monaca terziaria benedettina legata a quel monastero, suor Maria Roccaforte, che grazie alle sue visioni restituirà i contorni storici di santa Rosalia, la cui esistenza, quasi del tutto sbiadita, risultava allora “avvolta tra le nubi dell’incertezza”, un lavoro di ricerca in corso d’opera grazie all’associazione Sursum Review e al presidente Carmelo Di Lio. Per l’occasione sarà esposto un dipinto inedito di suor Maria della Roccaforte. L’Archivio storico Diocesano, oltre ad una ricostruzione capillare del culto di Santa Rosalia nell’agrigentino, ha selezionato per la mostra le carte con cui si dà incarico al Vicario di Bivona di controllare e benedire l’immagine di Santa Rosalia, da condurre in processione nella Chiesa a lei dedicata, il 10 agosto 1604 e la licenza ai Giurati di fabbricare la Chiesa Santa Rosalia vicino la sua grotta, a Santo Stefano Quisquina nel 1625.

La Biblioteca Diocesana ha documentato l’interesse per la diffusione del culto e della devozione a Santa Rosalia attraverso i testi a stampa, selezionando per la mostra due beni librari, uno del 1656 e l’altro del 1690. Il primo di Alfonso Salvo, reca per titolo “Tributo di gratitudine dell’anno MDCLVI che Palermo offerì alla sua cittadina e tutelare La Vergine Santa Rosalia. Nel solenne anniversario per l’invenzione del sagro corpo di Lei”; la seconda opera, di Tomaso Romolo, “Gli Horti Hesperidi. Trinutarii nella solennità dell’anno MDCLXXXX alla Vergine S. Rosalia liberatrice di Palermo sua Patria dal mortifero dragone della pestilenza”, corredata da splendide incisioni. Una mappa della provincia aiuterà a identificare la presenza di chiese, cappelle e reliquie sul territorio diocesano, creando un percorso ideale di visita all’interno del Parco culturale ecclesiale.

Le foto dell’inaugurazione di Carmelo Patrone

Da L’Amico del Popolo 

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