Rinunciavi magari a svuotare la vescica per dare più tempo a pescare senza occhi vigilanti i temi che pensavi potessero servire. Ed in quel momento la magia si faceva concretezza
Non avevamo porto d’armi. Non avevamo carabine e non amavamo la caccia. Ma per mesi interi preparavamo munizioni di carta ed inchiostro, pronti per spararli nel momento opportuno. Un lavoro artigianale, frutto di letture (tante), ricerche, enciclopedie sfogliate ad affiancare libri di testo, libri di narrative, brutte copie. Tante notti insonni… Tante cancellature, asterischi e chiamate. Tanti collegamenti tra autori e periodi storici, tra letteratura italiana ed attualità. Senza mister Google ad aiutarti, senza Miss Wikipedia a suggerire, senza il tasto destro del mouse del copia ed incolla.
Avevamo le scrivanie ed i letti invasi di strisce di carta… Pronti ad essere scritti a mano in bella scrittura senza usare il corpo 8 del Times Roman ed interlinea 0,5… Organetti incollati e scritti retro fronte… Numerati ad inizio rigo… Classificati secondo argomenti… Stirati con l’amore della mamma dal ferro da stiro (con un asciugamano da ammortizzatore) per ridurre il volume. Nelle nostre vigilie degli esami di Stato non c’erano le cantate in spiaggia intonando Venditti… Non avevamo il tempo… Nella preparazione delle munizioni di carta avevamo le ore contate… Frasi da migliorare…a furia di leggerle e di scriverle (quando il lavoro è genuino) rischiavi di saperli a memoria. Un dato era certo: se ti beccavano rischiavi l’esame… Ma nessun commissario d’esame, se riuscivi a sparare bene le tue pallottole di carta, poteva annullarti un tema per plagio… Perché erano tuoi… Autentici…unici… Sudati.
E le prove davanti ad uno specchio, provando e riprovando camicie fuori moda, larghe e sgargianti. Sembravi andare in una festa di carnevale… Ed invece dovevi stare comodo…perché ti aspettava una sedia scomoda, un lungo corridoio, un banco singolo, un commissario esterno che controllava noi candidati come un soldato tedesco controllava i deportati in un campo di concentramento. Arrivava il prof di commissione e dettava la traccia. Non c’era una parola chiave da digitare in un motore di ricerca… C’era il tuo cervello che doveva essere lucido, controllare ansia e panico, fare mente locale in quale lato della cartuccera era sistemato Manzoni ed in quale Verga…Iniziavi a scrivere. Scrivevi e buttavi idee e concetti su quel benedetto foglio di brutta copia. Dove le chiamate e gli asterischi sembravano scie chimiche in cielo…
Poi arrivava l’ora X. Potevi andare in bagno… Rinunciavi magari a svuotare la vescica per dare più tempo a pescare senza occhi vigilanti, chiuso in un Wc dalle porte con dediche non gentili ai prof più antipatici, i temi che pensavi potessero servire. Ed in quel momento la magia si faceva concretezza. Tornavi in aula con gli organetti sistemati nei calzini e, alla prima disattenzione del prof-militare sistemavi il tutto dentro il dizionario. E la brutta copia iniziava a conoscere meno asterischi e chiamate… Il tema, quello “tuo”, frutto di mesi di lavoro, prendeva forma. Ed in bella copia si faceva pure la sua figura…E quando consegnavi alla scadenza il foglio, guardavi negli occhi il commissario dicendo, senza parole:”Ci vediamo agli orali. Inizia a correggere…”.
Agli studenti che in questi giorni faranno gli esami i miei migliori auguri. Fatevi valere con lavori vostri..